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Immanuel Casto ritorna con un nuovo Non si può più dire niente

Un'intervista con il poliedrico artista in concomitanza con il lancio del nuovo capitolo del gioco

Non si può più dire niente” è un’affermazione ricorrente nel dibattito sui social network, invocata a più riprese insieme allo spettro del “politicamente corretto“. Dallo scorso anno però è anche il titolo di un gioco da tavolo, creato dal prolifico Immanuel Casto. A quest’ultima Lucca Comics & Games c’è stata un’aggiunta, un secondo capitolo intitolato Non si può più dire niente – Indignazioni perenni e noi ne abbiamo parlato proprio con il suo autore…

Come si gioca a Non si può più dire niente?

Questo gioco punta a ironizzare sulle meccaniche del dibattito sui social network. Sembra infatti che ogni giorno infatti le piattaforme siano invase da un argomento di discussione che fa infervorare la gente. Una volta è una dichiarazione assurda di un personaggio famoso, una volta quello che è successo sul palco di Sanremo, una volta un meme particolarmente significativo, una volta un caso di cronaca… Tutti puntualmente commentati, anche solo con una rapida frase.

In Non si può più dire niente si riproduce questo mondo, partendo dal punto di vista di chi è ancora ignaro di tutto. Un giocatore infatti interpreterà una persona che, aprendo i social network, si ritrova travolto dalla polemica del giorno, senza però avere idea di cosa si tratti.

immanuel casto non si puo piu dire niente indignazioni perenni intervista

L’unico modo per capirlo sarà ricostruire a posteriori il tutto, basandosi sui commenti lasciati dagli altri presenti. Non sarà però una sfida semplice, perché tra gli utenti dei social network si nascondono anche malefici troll, pronti a rendere la vita complicata ai cittadini…

Insomma, nel pieno stile di Immanuel Casto (che già ci ha ben abituato con il lunghissimo progetto Squillo) in Non si può più dire niente si gioca prendendo in giro la nostra società. E questo con un approccio decisamente graffiante e crudo. Tante delle carte della prima versione erano piuttosto grafiche e in questo nuovo capitolo non si è certo risparmiato.

In Non si può più dire niente – Indignazioni perenni troviamo infatti una gran serie di immagini a rappresentare le polemiche del giorno, con tantissimi riferimenti diretti agli eventi dell’anno passato. A queste si aggiungono nuove carte commenti (particolarmente ispirate dobbiamo dire) e diversi nuovi ruoli per i giocatori, come il Troll Incapace o il Tuttologo, che vivacizzeranno il gameplay.

Un dialogo tra regole dei social, giochi da tavolo e caracal

Come anticipato in apertura, durante l’ultima Lucca Comics & Games abbiamo avuto l’occasione di parlare con Immanuel Casto, per scoprire di più su questo nuovo capitolo. Un’intervista in cui abbiamo spaziato dai giochi da tavolo ai problemi intrinseci della società dei social network, svelando curiosità e con qualche piccola anticipazione del futuro. Serve dire altro? Ah sì: buona lettura!

Ci siamo sentiti l’anno scorso e al terzo giorno di Lucca Non si può più dire niente era già completamente esaurito. Quest’anno torni con un secondo capitolo: come sta andando?

Mi sembra stia venendo accolto molto bene. È, come dici tu, un nuovo capitolo del precedente quindi si inserisce in questa linea. Vale a dire che è un gioco che può essere utilizzato singolarmente e anzi, per chi non lo conosce ha più senso partire da questo perché magari ha tematiche più attuali. Però di fatto sono tutte componenti che possono essere unite fra loro per avere una maggiore varietà. Ci sono poi alcune piccole innovazioni di game design che renderanno il gioco ancora più divertente.

Sta venendo accolto molto bene perché ha una serie di potenzialità. Innanzitutto è un gioco molto accessibile anche a non gamer: è quello che si definisce un party game. È molto divertente, ma divertente applicato all’ambito del gioco può avere più accezioni. In Italia non abbiamo questa distinzione vera e propria, ma in inglese si distingue tra “fun” e “funny”. Questo è entrambi.

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C’è il concetto di “hard fun” che è quello che piace a me ad esempio, con i giochi da tavola seri, robusti, così come nei videogiochi. Qui il divertimento arriva proprio dalla tensione, non è che ti fa ridere. Questo è sia divertente, che fa anche ridere. Una commistione di fattori che al pubblico piace e ne sono contento. Poi c’è un aspetto di satira sociale che è molto importante.

È anche un gioco che si scrive da solo: devo semplicemente appuntarmi le polemiche che infiammano i social, quelle che sembrano essere la cosa più importante del mondo e due giorni dopo se ne sono dimenticati tutti. Una volta fatto questo devo trovare un modo artistico per reinterpretare i vari concetti ed è fatta. 

Quali sono le novità principali di questo nuovo capitolo Non si può più dire niente – Indignazioni Perenni?

Principalmente si tratta di un aggiornamento dei contenuti. Sia le immagini, sia gli indizi che sono commenti presi dal dibattito social sono aggiornati rispetto all’anno passato. A livello di innovazioni di game design c’è la possibilità in alcuni indizi di taggare gli altri giocatori al tavolo. Tipo ci sono carte che dicono “Mi ricorda @[tag]” oppure “A @[tag] non piace questo elemento”. Quando gioco questa carta devo citare un’altra persona al tavolo. Chiaramente questo funziona meglio tra persone che si conoscono bene, ma è sempre divertente.

Inoltre c’è la possibilità anche di scrivere i propri indizi. Questa è una cosa che magari può far sorridere perché si trovano questi indizi bianchi, da compilare, che sembra quasi una cosa pigra e invece non è così. Io ho avuto davvero l’imbarazzo della scelta, anzi avrei voluto anche più carte. È che è una cosa che piace ai giocatori, poter customizzare delle componenti.

In più ci sono dei nuovi ruoli da interpretare, fra cui il Blastatore, il Tuttologo o il Troll Incapace. Questa la capirà chi conosce bene il gioco: nel primo capitolo il Troll era chi faceva sbagliare il giocatore di turno dando degli indizi sbagliati. E lui sa qual è il vero oggetto della polemica. Il Troll incapace invece non lo sa, tiene gli occhi chiusi anche lui nella prima fase. Ma comunque deve cercare di far sbagliare. Questo crea ancora più entropia.

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Quali sono stati i feedback del pubblico sul primo?

I riscontri sono stati molto positivi. L’unico negativo – ma lo dico perché è una gag – riguarda una carta che ho messo nel primo capitolo, che è un caracal, detto anche la lince del deserto, perché è il mio animale preferito. E la gente continua a scrivermi dicendo: “Ma che polemica è? Che cos’è quell’animale lì?”. E io rispondo: “No, non c’entra niente, ma è il mio animale preferito”.

Questo è stato l’unico riscontro negativo, ma comunque anche in questo capitolo c’è un caracal, però è almeno seduto al tavolo mentre gioca con altre persone. Non si capirà ancora qual è la polemica, però.

Questo gioco, come altri da creati, tratta in chiave ironica e sarcastica un tema molto importante cioè quello del dibattito sui social network. Volevo prendere un attimo l’occasione per riflettere su questo e chiederti: quanto secondo te dei problemi del dibattito social oggi sono una questione nostra come essere umani e quanto è da imputare a problemi strutturali delle piattaforme?

È un problema di mancata educazione all’utilizzo di quelle piattaforme. I problemi delle piattaforme per me sono riassumibili nel fatto che non ci sono policy condivise. Non c’è una legislatura condivisa. È sostanzialmente un monopolio in cui non c’è un reale ufficio al pubblico.

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È stranissima questa cosa: nessun’altra azienda non ha un contatto, un numero di telefono… E non mi vengono in mente aziende che abbiano un simile impatto nella nostra vita. Cioè se penso alle macroaziende legate ai servizi di cui fruiamo, c’è modo di contattarle. Per il Gruppo Meta no e questa cosa è davvero impressionante. Ed è così a livello globale.

Poi però è un problema di mancata consapevolezza dell’utilizzo, da cui stanno emergendo altri problemi di educazione che sono l’educazione alla comunicazione, l’educazione emotiva e l’educazione al dibattito. Basta veramente guardare un confronto sui social per scrivere un manuale di fallacie argomentative. Quindi è un insieme proprio di mancata preparazione a questo strumento di comunicazione che di per sé è potentissimo in cui poi emergono tutti questi problemi.

Del primo capitolo mi aveva colpito molto quanto fosse “attuale”: tante delle carte rappresentavano scene davvero vicine al momento della pubblicazione. 

È così.

Quando “chiudi” il gioco? Quand’è che grossomodo definisci l’elenco delle polemiche che includerai nel capitolo?

È chiaro che devo tirare fino all’ultimo, calcolando i tempi di stampa e di illustrazione e mi spiace dover tagliare alcune cose. Grossomodo cinque mesi prima, quindi. Anche perché quelle già scritte le posso già fare illustrare e me le tengo da parte. Conta che per i tempi Sanremo era già abbastanza avanti. Però mentre stavo scrivendo le carte dicevo: “Lasciane almeno quattro, perché vedrai che a Sanremo sicuramente qualcosa succede per cui la gente si indigna”. E infatti credo ce ne siano almeno tre prese dall’ultimo Sanremo. 

Sì, ho intravisto qualcosa: c’è sicuramente il bacio tra Rosa Chemical e Fedez…

C’è Blanco che distrugge il palco e il discorso ispirazionale di Chiara Ferragni. Sono ovviamente tutti alterati rispetto a com’è successo realmente, sono rappresentazioni se vuoi allegoriche.

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Ultima domanda: Squillo era diventato una, anzi due, trilogie.

Corretto.

Anche qui stai già progettando il capitolo tre a questo punto?

È corretto. Pensa che addirittura non escludevo di uscire già qua con un doppio capitolo. Non ho una data di uscita ma ci sto già lavorando e quello per la prima volta avrà un macro tema. In questo caso si trattava di satira di costume, di società, mentre quello avrà un tema un po’ più specifico, che però ancora non spoilero.

E con questo annuncio a sorpresa, che ci sta già facendo fremere, noi non possiamo far altro che ringraziare Immanuel Casto per la sua disponibilità e il suo tempo. E voi, avete già messo le mani su Non si può più dire niente – Indignazioni Perenni? Ci state già giocando?

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Mattia Chiappani

Ama il cinema in ogni sua forma e cova in segreto il sogno di vincere un Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura. Nel frattempo assaggia ogni pietanza disponibile sulla grande tavolata dell'intrattenimento dalle serie TV ai fumetti, passando per musica e libri. Un riflesso condizionato lo porta a scattare un selfie ogni volta che ha una fotocamera per le mani. Gli scienziati stanno ancora cercando una spiegazione a questo fenomeno.

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