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Immanuel Casto, tra i dieci anni di Squillo e Non si può più dire niente

Una chiacchierata con l'artista che ha creato alcuni dei giochi più irriverenti del recente periodo

Immanuel Casto è un artista poliedrico. La sua musica ha conquistato tantissimi fan negli anni, con un approccio particolarmente provocatorio e sottile, capace di mettere a nudo con grande ironia l’ipocrisia e il malcostume (non a caso il titolo del suo ultimo album) del nostro Paese. Uno spirito che ha trasporto anche in un’altra sua attività creativa, quella dei giochi da tavolo. Ne abbiamo parlato proprio con Immanuel Casto durante la scorsa Lucca Comics and Games, in occasione del lancio della sua ultima fatica intitolata Non si può più dire niente.

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Non si può più dire niente, com’è il nuovo gioco di Immanuel Casto?

L’ispirazione per questo party game è chiara fin dal titolo stesso. Spesso vagando sui social è facile trovare questa frase invocata come anatema per chiudere una discussione. Ed è proprio in questi territori che si muove il nuovo gioco di Immanuel Casto, Non si può più dire niente. Ci dovremo infatti addentrare nel terrificante mondo dei dibattiti sui social, affrontandoli da una prospettiva originale.

A ogni mano il protagonista sarà il giocatore chiamato a interpretare il ruolo del cittadino ignaro, cioè chi si affaccia sui social network trovandoli in subbuglio per il “caso” del giorno che scatena polemiche. Proprio a partire da queste discussioni, o meglio dai commenti forniti dagli altri partecipanti al gioco, dovrà cercare di risalire al punto di partenza, facendosi largo nella “nebbia di guerra” del web.

In Non si può più dire niente di Immanuel Casto possiamo trovare tantissimi riferimenti all’attualità, con citazioni dirette ad argomenti di discussione degli ultimi mesi, così come anche a classici – purtroppo – intramontabili. Lo stesso vale per i commenti che ogni giocatore dovrà sfruttare come indizi per fare indovinare (o sbagliare, nel caso stia interpretando un troll), tutti basati su tormentoni che purtroppo conosciamo molto bene.

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Naturalmente tutto questo lo rende un gioco particolarmente divertente da affrontare con gli amici. Un modo per esorcizzare i lati peggiori del mondo del web 2.0, creando peraltro associazioni decisamente assurde tra mondi diversi. Non si tratta certo di un titolo adatto a un pubblico giovane, affrontando molti argomenti espliciti, ma è anche questo che lo rende così esilarante.

Uno sguardo tra passato e futuro

Come accennavamo in apertura, in occasione del lancio di Non si può più dire niente alla scorsa Lucca Comics & Games abbiamo avuto la possibilità di chiacchierare proprio con il suo autore, Immanuel Casto. Non siamo però partiti da questa ultima release, bensì da quella che lo ha lanciato in questo mondo di carte, dadi e ironia…

Siamo arrivati a dieci anni di Squillo, celebrati con un volume dedicato. Sembra quasi strano pensare che siano già dieci anni e che ci sia effettivamente arrivato, considerato quello che era successo al lancio…

È così. Effettivamente ha vissuto per dieci anni. Certo, non parliamo solo del primo gioco uscito ma di qualcosa che è effettivamente diventato un franchise. Squillo è proprio un marchio registrato, con tanti capitoli e spin-off, uno “Squillo-verse” che ha continuato a vivere trasformandosi in un affresco, in un’operazione di satira degli aspetti più brutti della nostra società.

Lo ribadisco a beneficio di chi ancora pensa che quel gioco voglia elogiare le cose che critica. Ricordiamo appunto che è stato oggetto di quattro interrogazioni parlamentari.

Il libro ne racconta la storia, lo fa in termini soprattutto visivi, perché uno degli aspetti più curati di quel gioco è quello artistico. Tanti illustratori ci hanno lavorato, tante tematiche sono state trattate, quindi ne è uscito un bel volume, che in più di duecento pagine fa un bell’excursus artistico. È andato esaurito al momento, ma verrà messo sullo store digitale. Fra l’altro in allegato c’erano anche delle carte speciali da aggiungere ad alcuni pack.

immanuel casto non si puo piu dire niente intervista

Dieci anni di Squillo sono anche dieci anni di Lucca. Com’è cambiato il tuo rapporto con questa fiera? Immagino che tu fossi già un visitatore prima di diventare espositore…

Immagini male: il mio primo Lucca Comics l’ho fatto facendo un firmacopie, però devo dire che mi si è aperto un mondo. Sono affezionatissimo a Lucca Comics & Games, è un evento del resto unico a livello nazionale ma credo anche internazionale. Ha questa peculiarità, che non è relegato in un quartiere fieristico, ma è tutta la città che si trasforma. Fra l’altro sono poi dovuto tornare a Lucca, quando non c’era Lucca Comics per capire come fosse a livello urbanistico Lucca ed è un’altra città!

Completamente diversa!

Non la riconosci perché ci sono monumenti, piazze inglobati di solito nei padiglioni. Devo dire che lavorarci è un’esperienza provante. Parliamo di cinque giorni costantemente a contatto con il pubblico, che non è una cosa che si concili troppo con il mio modo di essere. Però è anche molto gratificante. Sono contento di vedere tante persone felici.

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Sempre a proposito di Lucca, com’è ritornare dopo questi anni di “pausa”, effettiva o parziale?

È proprio bello. È forse il vero segnale della ripresa per me, vedere Lucca Comics come me lo ricordavo. Io sono stato presente a entrambi i Lucca “monchi”. Quello in versione digitale, dove sono semplicemente arrivato in questa Lucca deserta e in un teatro vuoto ho fatto un intervento sul game design, andato in streaming. E poi l’edizione successiva, che era comunque un’edizione estremamente ridotta, imperfetta sia per chi ci lavorava che chi veniva come pubblico… E ora, finalmente posso dire che è tornato il Lucca Comics che ricordavo.

C’è una cosa che mi è sempre piaciuta di Squillo e poi in realtà di altri giochi che hai sviluppato, cioè che spesso partono dal tuo privato. Squillo nasce da te, tra amici, e solo poi hai deciso di svilupparlo in un prodotto. Quanto si è poi replicato questo processo nel tempo?

Praticamente tutto ciò che ho fatto e faccio, sia a livello musicale, di intrattenimento e ludico nasce per gioco, per piacere mio. Io più volte ho creato dei giochi perché non c’erano sul mercato e volevo giocarci io. È successo per il primo Squillo, è successo per Witch & Bitch, è successo per Dogma, è successo per l’ultimo appena uscito, Non si può più dire niente.

Parliamo di demo, dopo chiaramente la realizzazione professionale arriva quando si concretizza l’idea di business. Però è assolutamente questo il processo, almeno per il primo titolo. Poi le espansioni a questo punto nascono per rispondere a logiche commerciali, che poi a loro volta innescano stimoli creativi ed è comunque bello lavorarci. Le intuizioni originali primarie da cui poi nasce un franchise sono comunque sempre nate veramente così. Erano cose che volevo io, che ho creato perché le volevo e non esistevano.

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Squillo City mi dà l’idea di essere proprio uno di quei prodotti che nasce in un meccanismo simile. Hai sviluppato le due trilogie, anche seguendo una logica commerciale, ma poi questo ti ha fatto scattare il desiderio di creare un titolo come questo.

Proprio così. Avevo tanta voglia di trasformarlo in un boardgame, con una piccola board e la partnership con Supernova ci ha consentito di farlo. In realtà devo dire che il pubblico ha continuato ad apprezzare di più il gioco di carte, per quanto a livello artistico e di game design sia nettamente preferibile questo. 

Infine, chiudiamo appunto con Non si può più dire niente. Innanzitutto ti faccio i complimenti per l’enorme successo, dato che è già andato completamente sold-out e poi ti chiedo di raccontarcelo un po’. Com’è questo nuovo gioco?

Allora, Non si può più dire niente è un party game che vuole offrire una satira e parodia di quello che è il dibattito sui social. Che già, chiamarlo dibattito è un complimento ingiustificato. È un party game con un regolamento molto leggero. Il giocatore di turno deve indovinare una carta immagine che rappresenta l’oggetto dell’indignazione e le immagini rappresentano motivi di scandalo nella nostra società.

Sono tutte molto forti e peraltro a volte scandalizzano una certa fazione politica, a volte ne scandalizzano un’altra. Infatti ho cercato di fare una satira molto trasversale. Gli altri giocatori per farlo indovinare (o per farlo sbagliare se sono dei troll) danno delle carte indizio, che sono dei commenti tipici che si possono leggere su Facebook o su Instagram, anche questi ascrivibili a varie fazioni politiche e ideologiche. Per me è davvero molto divertente, non vedo l’ora di sentire la risposta, quando le persone inizieranno a giocarci.

La nostra risposta è assolutamente positiva e ve lo consigliamo vivamente, dopo tutte le ore di risate che ci ha regalato. Grazie ancora a Immanuel Casto per la disponibilità e ci vediamo alla prossima Lucca Comics & Games!

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  • Hai appena aperto i social e capisci che tutti sono indignati per qualcosa. Ma non sai cosa!
  • Non Si Può Più Dire Niente! è il nuovo gioco di Immanuel Casto: un party game dai contenuti espliciti per adulti indignati.
  • In questo gioco dovrai interpretare gli indizi (cioè i commenti) forniti dagli altri giocatori, ossia i cittadini indignati. Ma attenzione! Tra di loro si nascondono uno o più troll, interessati solo ad aumentare l’entropia dell’universo.
  • Età consigliata: a partire da 18 anni
  • Numero di giocatori: da 4 a 12

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Mattia Chiappani

Ama il cinema in ogni sua forma e cova in segreto il sogno di vincere un Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura. Nel frattempo assaggia ogni pietanza disponibile sulla grande tavolata dell'intrattenimento dalle serie TV ai fumetti, passando per musica e libri. Un riflesso condizionato lo porta a scattare un selfie ogni volta che ha una fotocamera per le mani. Gli scienziati stanno ancora cercando una spiegazione a questo fenomeno.

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