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Sulle spalle dei giganti: la fantasia ha un limite?

– Ci vorrebbe davvero qualcosa di nuovo. Un autore che riesca a lasciare il proprio segno –
– Eh, magari. Il problema è che ormai tutto è già stato scritto. Noi viviamo sulle spalle dei giganti. Possiamo solo vivere nella loro ombra –
Questo l'inquietante botta e risposta che si è svolto al Salone Internazionale del Libro a Torino, il Maggio scorso.
Inquietante per due motivi: il primo, ovviamente, l'implicazione di ciò che questo tipo di pensiero comporta; il secondo è che questa frase è stata pronunciata da un autore dotato di grande inventiva e stile.
Noi vogliamo ragionarci sopra, perché rispondere – Non è vero, l'immaginazione umana è illimitata – sarebbe semplicistico e riduttivo.
Abbiamo provato a indagare un po' in giro per la rete, su forum di lettura e scrittura creativa, e abbiamo scoperto che in effetti questo pensiero non è espresso solo da qualche sporadico autore o lettore (non importa se di Manga o Romanzi, non importa se italiano o straniero) ma è un concetto piuttosto diffuso, soprattutto per quel che riguarda la narrativa cosiddetta “di genere”. L'idea che i grandi autori del passato, come ad esempio Tolkien e Lewis per quanto riguarda la sfera Fantasy, o Asimov e Clarke (solo per citare i più famosi, ovviamente) abbiano già ideato ogni trama, ogni personaggio e ogni colpo di scena è più radicata di quanto potessimo immaginare.
La nostra domanda ora è: come è possibile che aspiranti autori pensino questo del loro lavoro? Non è forse nella natura dell'essere umano spingersi sempre oltre il confine, oltre il conosciuto, per esplorare quelle zone della mappa lasciate in bianco, se non per la scritta “Hic sunt dracones”?
Forse il guaio si nasconde proprio all'interno della nomenclatura propria del “genere”: l'editoria, dividendo il panorama narrativo in zone con nomi ben precisi, come Noire, Giallo, Fantasy, SF, Romance, eccetera, ha involontariamente tracciato dei confini netti e marcati. Gli autori che hanno tentato di oltrepassare queste linee di demarcazione spesso si sono sentiti dire, al momento di presentare la propria opera, che non rientrava all'interno di un genere preciso e per tanto l'opera, buona o meno che fosse, era difficilmente commercializzabile.
Ma è solo colpa dell'editoria?
Immaginiamo che anche voi a questo punto abbiate pensato un bel “no” come risposta alla domanda. Il panorama degli aspiranti scrittori professionisti è, come abbiamo detto anche in altri articoli, pieno fino all'inverosimile, ma quanti di loro sono in grado di pensare al di fuori dello stesso concetto di “genere”? 
Ogni autore è, prima di ogni altra cosa, un lettore, un lettore che non si accontenta delle storie che legge fra le pagine scritte da altri, ma che vuole dare vita a un mondo tutto suo, a personaggi creati da sé stesso, che incontrino le sue esigenze più profonde: l'autore è un lettore che vuole vedere davanti a sé la storia dei suoi sogni.
E allora perché ci troviamo davanti alla terribile frase “Tutto è già stato scritto”?
Il Fantasy è davvero solo magia, dragoni e spade? La Science-Fiction è solo viaggi spazio-temporali e tecnologia?
La risposta non è “Sì” o “No”, in questo caso ma “Perché farsi imbrigliare dagli stereotipi di genere, tracciati nel secolo scorso?”
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Gli editori stanno inevitabilmente venendo a patti con l'evoluzione della narrativa, aprendo le porte alla commistione di genere sempre più spesso. Ma non è tutto: il panorama internazionale e italiano si sta riempiendo sempre più di splendide opere che si lasciano alle spalle i confini e le demarcazioni di un genere preciso: citare autori come Michael Swanwick o China Miéville, per il panorama internazionale è un dovere, in quanto  sono gli ambasciatori del movimento New Weird, che spinge la narrativa in direzioni mai prese, in cui la commistione di genere è solo l'inizio.
Ma anche a casa nostra ci sono scrittori degni di stare a fianco di questi nomi, Dario Tonani e il suo ormai intercontinentale “Mondo9”, che coniuga Steampunk e Weird, è solo uno dei nomi che si possono scoprire una volta gettate via le pastoie che ci vincolano ai grandi del passato e al loro stile.
Concedeteci di fare un eccezione per H.P. Lovecraft, vero e proprio precursore dei tempi, capace di creare storie che mantenevano il lettore in perenne stato di choc, con espedienti narrativi che hanno fatto scuola, oltre che avere creato ex nihilo i propri orrori invece che andare ad attingere alla mitologia o al folklore.
La narrativa fantastica attinge dalle nostre menti, dalla nostra immaginazione che è per sua stessa natura sconfinata. Abbiamo l'infinito materiale per creare storie che nessuno ha mai visto o letto prima, perché allora voltiamo le spalle allo spazio infinito o al grande multiverso a cui potremmo dare vita, per guardare solo i Giganti che sono dietro di noi?
Ogni generazione ha dovuto vedersela con quella precedente, nella narrativa come nella realtà di tutti i giorni. Andare in un'altra direzione non significa voltare loro le spalle, ma prenderli come punto di partenza per poi andare oltre il confine del cliché commerciale, alla scoperta di quel qualcosa di nuovo che in molti pensano che nemmeno esista. Perché è questo che contraddistingue i due generi più amati da noi Nerd, no? Sia nei panni di lettori che in quelli degli autori.

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Commenti

  1. Dilemmi che esistono da sempre. Da quel che so anche nell’antica Grecia si aveva la sensazione di “aver esaurito tutto lo scrivibile”, e se lo dicevano quelli da cui abbiamo preso molti dei nostri archetipi…
    Il fatto è che l’invenzione non consiste solamente nel creare qualcosa di completamente nuovo e mai visto, ma anche nel rielaborare ciò che c’è stato prima di noi. Pensate che Dante Alighieri non avesse dei predecessori? La “Divina Commedia” non è nata dal nulla! Niente, se ci pensiamo bene, nasce dal nulla. Mi è stato fatto notare come Hercule Poirot fosse nato per “parodizzare” Sherlock Holmes, che a sua volta era nato come “risposta” a Dupin, il quale si ispirava (e si contrapponeva) a Vidocq. Questo penso sia un buon esempio di come le idee, nel corso del tempo, maturano e si evolvono, trasformandosi in suggestioni per chi viene dopo. I successori fanno sempre riferimento ai precedessori, si pongono in dialogo con loro, per ammirazione o per sfida. Non la vedo assolutamente come una brutta cosa e credo sia questo che rende ogni forma d’arte bella a suo modo.

  2. Altri autori, dopo aver letto l’articolo, sostengono che, indipendentemente da come si vesta una storia, se con astronavi o cavalli, con spade o fucili, gli archetipi restino sempre gli stessi, ciclicamente. Che ne pensate?

  3. Penso che l’articolo abbia toccato solo uno delle ragioni del perchè incominciamo a percepire una “assenza di fantasia” in certi ambiti.
    Io penso che un ruolo importante sia il desiderio del “successo immediato” che spinge molti artisti. Magari questo discorso può essere applicato in modo minore sulla scrittura, ma è comunque molto forte.
    Chi scrive, disegna, idea, spesso vuole un successo rapido, una vendita assicurata, e cerca di intuire i “gusti della massa” per poter produrre un prodotto di sicuro effetto.
    Ovviamente non puoi chiedere alla massa cosa le piace, quindi prendi spunto da i prodotti che hanno avuto successo in passato, e cosi ti trovi una insensata catena di copie ispirate le une alle altre con archetipi sempre uguali, personaggi eccessivamente stereotipati e elementi narrativi identici.
    Basta andare nell'”underground”, nel mondo “indie”, nel settore del “ho avuto poco successo” per trovare in mezzo a tanti prodotti mediocri perle di fantasia e unicità di enorme valore.
    Perle che non hanno raggiunto il successo mondiale perchè spesso non piacciono a tutti, ma che sono indubbiamente testimonianza che la fantasia non ha limiti.

  4. Ci sono moltissime motivazioni per cui si può avere l’illusione che tutto sia già stato scritto, elencare ogni singolo motivo avrebbe richiesto un articolo lungo il triplo di questo, e non è quello di cui volevo parlare, ma volevo puntare il faro sul fatto che là fuori vi sono autori (o che si definiscono così) che ragionano in questo modo, o che non si sforzano nemmeno di produrre qualcosa che non sia il riflesso di ciò che si è già visto.

  5. L’assenza di fantasia è denunciata perlopiù da chi non ha fantasia. o si sente oppresso dal confronto con il passato. Il passato deve essere il nostro bagaglio culturale da selezionare e superare, non una zavorra per la creatività, semmai uno slancio. Kraus diceva che “più tendi l’arco verso il passato, più la freccia scocca in avanti”. Ma questo è l’abc. Uno scrittore o un creativo nemmeno se lo pone questo problema, va per la sua strada, fa, crea. Punto. Il fantasy in particolare gode di svariatissimi sotto generi, e lo sword and sorcery non è l’unico. Tuttavia, se anche così fosse, questo non vorrebbe dire “carenza di fantasia”. Se vedi una gabbia, è perché ti senti in gabbia, ma non è detto che la gabbia ci sia. La creatività è una Matrice, una volta liberati dall’illusione del passato, puoi fare ciò che desideri.

  6. @ Carlo Vicenzi: grazie a te semmai 🙂 e continua a fare questi articoli che rappresentano opportunità di confronto e di dibattito

  7. Spero di averne l’occasione. Tra poco dovrei iniziare a curare una rubrica, con la benedizione della redazione di ON. Cercherò di parlare di narrativa, non solo Fantasy, ma a livello universale. E di editoria, perché è un mondo che in molti credono di conoscere, ma vi posso assicurare che non è così.

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