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Hiroo Onoda, la storia del combattente nascosto nella giungla

Uno dei casi più emblematici della seconda guerra mondiale, un ragazzo che ha speso 29 anni di vita nel combattere una guerra già finita

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Hiroo Onoda

Ci sono molte storie controverse ed emblematiche delle guerre passate. Una fetta importante riguarda la seconda guerra mondiale, quando le inchieste e le nuove comunicazioni hanno permesso a certe storie di emergere e fare il giro del mondo. Oggi parliamo di Hiroo Onoda.

Nato il 19 marzo del 1922 Hiroo Onoda venne addestrato per entrare a far parte dell’esercito giapponese. Aveva 20 anni quando, nel 1942, andò al fronte.

Il Giappone era una delle potenze dell’Asse e l’esercito imperiale venne impegnato a resistere alla campagna aeronavale lanciata dagli Alleati, che volevano riconquistare la Nuova Guinea, le Filippine e gli arcipelaghi della Micronesia

1944: Hiroo Onoda combatte nascosto nella giungla mentre la guerra finisce

Arriviamo al 1944, quando Hiroo Onoda ha 22 anni. Viene mandato sull‘isola di Lubang, dove insieme ai militari giapponesi già li di stanza doveva proteggere l’isola dall’avanzata dei nemici. Aveva ricevuto l’ordine di difendere l’isola a costo della vita.

Nel febbraio del 1945 l’isola di Lubang subì un attacco nemico, durante il quale quasi tutti i militari giapponesi vennero annientati. Onoda e altri tre commilitoni decisero di nascondersi e continuare la propria difesa dell’isola.

Dei quattro però uno si arrese nel 1949. Rimpatriato, raccontò di questi tre combattenti dell’esercito che erano ancora nascosti nella giungla e ancora convinti che la guerra non fosse finita. La diplomazia giapponese cercò di contattarli e fece lanciare da un aereo diverse lettere dei parenti, oltre all’annuncio che la guerra era davvero finita. I tre però pensarono che si trattasse di un sotterfugio del nemico per farli arrendere, quindi non ci credettero e continuarono la loro guerra.

Nel 1954 uno dei tre morì durante uno scontro a fuoco. Nel frattempo nel 1956 Onoda veniva dichiarato legalmente morto. Infine nel 1972 anche l’ultimo dei compagni di Onoda morì in uno scontro armato. Hiroo Onoda rimase quindi da solo, l’ultimo difensore di quello che credeva forre ancora un avamposto giapponese.

Le ricerche di Hiroo Onoda e il ritorno a casa

Il rimpatrio nel 1972 di un militare giapponese ferito a morte nelle filippine fa ricredere le autorità sull’effettiva morte di Onoda e degli altri commilitoni. Riprendono quindi le ricerche. Amici e parenti cercarono di contattarlo, in particolare il padre che però mancò nel 1973. Partì alla ricerca anche una missione del governo giapponese, che nel febbraio del 1974 trovò Onoda. Per convincerlo ad arrendersi si unì anche il suo diretto superiore, il maggiore Taniguchi, lo stesso uomo che nel 1944 lo aveva mandato su quell’isola facendogli promettere di resistere.

Un mese dopo, nel marzo del 1974, Hiroo Onoda uscì dalla giungla filippina. Erano passati 29 anni da quando si era immerso in quella foresta per resistere all’avanzata americana. Aveva ancora il cappello di allora, e indossava una giubba ormai logora.

Andò fino a Manila, dove consegnò la sua spada al presidente delle Filippine e si arrese. Il governo filippino gli garantì il perdono, nonostante Onoda in quei 29 anni di guerriglia avesse compiuto 30 omicidi.

Hiroo Onoda

Gli anni dopo la guerra

Hiroo Onoda non riuscì ad ambientarsi in un Giappone che aveva subito così tanti cambiamenti rispetto a come lo ricordava. Emigrò quindi in Brasile, dove aprì una fattoria e si sposò. Scrisse anche un libro sulla sua esperienza in mezzo alla giungla. Nel 1984 tornò in Giappone, dove fondò una scuola privata per bambini, la Shizen Juku Onoda. Alla fine morì a Tokyo, il 16 gennaio 2014.

I combattenti fantasma giapponesi

Negli anni ’70 emersero tante storie di giapponesi isolati e irriducibili, che non sapevano che la seconda guerra mondiale fosse finita, o che si rifiutavano di crederci. La storia dei cosiddetti combattenti fantasma giapponesi diventò leggenda. Ce n’erano infatti alcune decine in diverse zone del Pacifico, fino all’isola di Guam.

In tutte queste zone nella giungla si lanciarono dagli aerei volantini che spiegavano che la guerra era finita e che il Giappone aveva perso, invitando i combattenti rimasti ad arrendersi. Alcuni caddero anche nella zona presidiata da Onoda, che ne trovò diversi. Una volta rimpatriato però disse che c’erano degli errori, e che pensò fosse un trucco degli americani per farli uscire allo scoperto.

Onoda non fu l’ultimo combattente giapponese della seconda guerra mondiale ad arrendersi. Dopo di lui, uscì dalla giungla il soldato semplice Teruo Nakamura, trovato in un’isola dell’Indonesia nel dicembre 1974.

Una storia di cecità, di indomita fedeltà alla causa, di pazzia, non sta a noi deciderlo. In ogni caso è una storia che è costata 29 anni di vita a un uomo, lontano da casa e dalla sua famiglia. E un’incapacità di riadattarsi alla propria nazione, che in quei trent’anni era notevolmente cambiata, costringendolo ad andare a vivere dall’altra parte del mondo.

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Alessio Riccardi

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