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Piccoli Brividi è un mostro di Frankenstein fatto di pezzi della nostra infanzia (e ne vogliamo ancora) | Recensione

Quando abbiamo iniziato a guardare in anteprima gli episodi di Piccoli Brividi, in uscita venerdì 13 ottobre su Disney+, ci aspettavamo un tuffo nel passato. Una serie antologica con alcune delle migliori storie di R.L. Stine, come Disney+ ci aveva già proposto con la serie Just Beyond.

Ma Piccoli Brividi ci ha sorpreso: non è una serie di storie dell’orrore per ragazzi tenute insieme dalla nostra nostalgia, quanto piuttosto un mostro di Frankenstein composto di vari pezzi della nostra infanzia. Una storia unica, composta con alcune delle migliori idee di Stine: da Foto dal Futuro fino a Vendetta Strisciante. Ma aspettate prima di prendere forconi e torce per attaccare questa creatura della notte: potrebbe piacervi davvero molto. Anche se non siete fan della serie di romanzi.

La nostra recensione di Piccoli Brividi

Negli anni ’90, R.L. Stine ha scritto una sessantina di libri sotto il nome Goosebumps, tradotto in Italia come Piccoli Brividi. Storie per dell’orrore per ragazzi, che forse oggi ci sembrerebbero seguire una ricetta fin troppo didascalica. Ma che quando eravamo giovani lettori sapevano sempre stupirci. Perché erano avventure terribili in cui gli eroi erano bambini e ragazzi, che dovevano affrontare un male che avrebbe sconvolto anche gli adulti. E poi perché, sebbene quasi sempre avessero un finale positivo, nell’ultima pagina Stine sapeva sempre farci capire che l’orrore sarebbe continuato anche una volta chiuso il libro.

Anche se oggi siamo nell’era d’oro degli horror, con titoli sofisticati come Nope e storie che sovvertono le aspettative come Barbarian (che ha nel cast Justin Long, uno degli attori di questa serie), una parte di noi continua ad adorare quelle storie da Piccoli Brividi lette negli anni ’90. Proprio perché sono semplici ed esagerate al tempo tempo. E sanno bene di esserlo.

piccoli brividi recensione serie horror su disney-min

Abbiamo sentito un senso di familiarità nell’immergerci nel buio di questa serie. Non vedevamo l’ora di spaventarci. Ma la sorpresa più grande arriva dal mix di storie horror che i creatori Rob Letterman (che ha diretto anche il film del 2015 con Jack Black) e Nicholas Stoller. Perché è sfrontato: sanno che questa serie si basa su premesse assurde e, invece di provare a razionalizzarle, abbracciano appieno l’assurdità e ci propongono un horror vecchio stile in una veste nuova e divertente.

Un piccolo brivido per ogni personaggio

Piccoli Brividi ci porta dapprima nel 1993, mostrandoci la fine di una storia dell’orrore di cui non sappiamo ancora nulla. Un ragazzo (Ben Cockell) entra in una casa, ma una serie di eventi paranormali lo terrorizzano: sembra che la casa stessa o qualche entità malevola lo stia attaccando. Il tutto finisce in un incendio e una scritta sullo schermo che ci fa saltare in avanti tempi nostri, nel 2023.

Qui conosciamo i ragazzi del liceo locale, con un mix di stereotipi che la serie si divertirà a sovvertire puntata per puntata. Il quarterback che punta tutto sullo sport (Zack Morris), la sua migliore amica chiaramente innamorata di lui (Isa Briones), il suo amico ricco (Miles McKenna). Ma anche la ragazza solitaria del club audiovideo (Ana Yi Puig) e il tipo strano con la passione per gli stunt pericolosi (Will Price).

Adolescenti che, pur frequentando la stessa scuola, sembrano distanti anni luce. Ma che si troveranno uniti dagli orrori scatenati dopo una festa di Halloween organizzata proprio nella casa che abbiamo visto a inizio puntata.

piccoli brividi-min

Mr. Bratt (Justin Long) ha infatti acquistato la casa dove è avvenuto quell’incidente nel 1993. Che piano piano sembra qualcosa di molto più che una semplice disgrazia. Tanto che Nora (Rachel Harris), uno dei genitori dei ragazzi, pensa che gli orrori di oggi siano legati agli errori di ieri.

Deliziosamente esagerata

Già dalla prima puntata (abbiamo guardato le prime cinque per questa recensione), Piccoli Brividi dimostra di sapere esattamente che tipo di serie è. Con un mix di effetti pratici e CGI, vediamo persone infuocate, ferite e ossa rotte, blob disgustosi e mostri. Tutto sopra le righe, tanto che più di una volta i personaggi commentano l’assurdità di quello che sta succedendo, con battute che servono a stemperare la loro paura, ma che strizzano anche l’occhiolino a noi che guardiamo.

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Gli attori sono consapevoli del fatto che la serie sia tanto “campy” quanto horror e lo stesso vale per gli sceneggiatori. Per cui passano dal recitare con intensità una scena, all’esagerare le battute e ad avere reazioni quasi da cartone animato. Un rischio, perché qualcuno potrebbe non apprezzare questo abbraccio all’assurdità del materiale originale. Ma noi lo troviamo perfetto: Piccoli Brividi cerca di essere più La Casa che L’Esorcista e la recitazione sopra le righe ci ha fatto divertire in tutte le puntate.

In questo, Justin Long si merita una menzione particolare. Dopo averlo visto in Barbarian, dove ha saputo far ridere anche in un horror dai toni decisamente più cupi, sembra trovarsi perfettamente a suo agio in Piccoli Brividi. Ogni scena in cui appare nella serie diventa ancora più esagerata e piacevole.

Recensione: un mistero che lega tutti i Piccoli Brividi

Ma se il mix di vecchie storie di R.L. Stine e la recitazione sopra le righe ci hanno fatto divertire mentre guardavamo la serie per questa recensione, Piccoli Brividi non si dimentica di tenerci incollati alla TV nella maniera più efficace per un horror: un mistero.

In anteprima abbiamo potuto vedere i primi cinque episodi, quattro dei quali avevano il titolo di uno dei romanzi per ragazzi della serie. Say Cheese and Die! (Foto dal futuro), The Haunted Mask (La maschera maledetta), The Cuckoo Clock of Doom (La pendola del destino), Go Eat Worms! (Vendetta Strisciante). Tutti riprendevano il concetto dietro al libro, adattando le storie ai personaggi della serie. Spesso, la serie si limita a utilizzare lo stesso strumento maledetto (come la pendola a cucù del terzo episodio), pur cambiando molto il funzionamento e l’effetto sui personaggi.

piccoli brividi recensione serie-min

Ma il discostamento maggiore c’è nella quinto episodio, che non ha il titolo di un libro. Reader Beware” è il finto avviso che Stine metteva in tutti i librigame della saga di Piccoli Brividi, dove i lettori potevano scegliere come spaventarsi. In questa puntata, scopriamo di più sui personaggi e sulla disgrazia del passato che sembra alla base di questa storia.

Questo filo rosso tiene cucite tutte le storie che compongono questo mostro di Frankenstein. Che non solo si muove meglio di quanto ci saremmo aspettati, ma ci ha fatto davvero divertire. Forse è la nostalgia che parla, forse la passione per quel tipo di horror che vuole far ridere tanto quanto far paura. Ma Piccoli Brividi ci è piaciuta davvero e non vediamo l’ora di continuare a vedere la serie. L’unica nota negativa per noi, vecchi fan dei romanzi per ragazzi, è che non c’è traccia di alcun Mostro delle Nevi a Pasadena (ma si parla di pupazzi).

Non ci aspettiamo sia così per tutti, quindi vi diamo questo consiglio: guardate la prima puntata. Se lo stile non fa per voi, chiudete la porta di quel buio scantinato e non voltatevi indietro. Ma se vi piacciono i brividi che vi dà, potrebbe essere la serie perfetta per questo mese di Halloween (esce anche di venerdì 13!).

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La casa della morte. Piccoli brividi
  • Stine, Robert L. (Autore)

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Stefano Regazzi

Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, Nerd da prima che andasse di moda.

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