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Social Villain: il video motivazionale di Intesa Sanpaolo

Se ve ne intendete di fumetti, anche poco, potete immaginare perchè il Dottor Destino non viene propriamente considerato un villain.
Certo, ha fatto e farà cose raccapriccianti per molti, ma non è questo che ti rende un villain. Magari ti rende un antagonista, forse un freddo calcolatore, un tiranno, ma Destino non è un villain.
Non è un nemico dell'umanità, è la nemesi dei Fantastici Quattro certo, ma essere la controparte di un eroe non basta a renderti un villain.
Cosa ti rende un vero “malvagio” allora? Alcuni di voi stanno sicuramente pensando a qualcosa tipo “l'entrata in scena” del semplicistico film Megamind, ma vorrei scendere un po' di più nella questione.
La risposta è una e una sola: la finalità.
Destino non vuole schiacciare la libertà degli uomini sotto il suo tacco metallico e crogiolarsi della loro disperazione, no. Vuole dominare il mondo per portarlo verso nuove vette tecnologiche, morali e culturali.
Ucciderebbe migliaia di persone senza esitazione per salvarne miliardi. Qualcosa che nessun eroe farebbe, qualcosa che nessun eroe riuscirebbe a sopportare.

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Tutto qui, quando fai qualcosa è la motivazione per la quali compi quell'atto a determinare la tua indole.
Come scrivere un messaggio sotto un video di una ragazza, magari farci un meme o una parodia, un video andato on-line a sua insaputa, un video che la umilia forse.
Perché hai scritto quel messaggio? Perché hai condiviso quel video? Per ridere di una persona, o per ridere insieme a lei?
Perché hai detto cose tipo “eh, cosa pretendi che succeda nei tempi di facebook?” giustificando un atto bieco senza il consenso della protagonista che suona molto simile a “Eh, se ti vesti in quel modo che pretendi?”
Sono certo che vostro malgrado siate inciampati nel video motivazionale della filiale di Intesa SanPaolo di Castiglione delle Stiviere (Mantova).
Vostro Malgrado perché il video vi farà diventare gli occhi a coltello stile giudice Morton (Judge Doom in originale) di “Chi ha incastrato Roger Rabbit?” per l'imbarazzo e vostro malgrado anche perché sarà ovunque.
Sono assolutamente certo che abbiate presente la signora vestita in rosso sua protagonista.
Si tratta di un video ad uso interno della Banca Intesa SanPaolo, un video motivazionale in stile “corso di recitazione parrocchiale” che mai avrebbe dovuto finire sui Social ma che ora è dappertutto, che ha dato vita perfino a bislacchi scherni da altre realtà commerciali, scherzi telefonici alla filiale e a insulti diretti ai suoi protagonisti.
Se non sapete di cosa sto parlando vi basterà attendere, prima o poi vi comparirà sotto gli occhi.
Perfino chi addita ciò che sta accadendo, stranamente, si mette a condividerlo nei propri articoli indignati.
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In questo editoriale (cliccate qui) parlavo dell'importanza di fare una battuta, anzi del dovere di farla se si è amanti di quest'arte, l'arte della comicità.
L'unica cosa che conta, proprio come per Destino, è la finalità, perché chi ama fare una battuta per ridere, smette di farne quando sa di star facendo danno.
La vita della signorina in rosso probabilmente non è finita, trovo esagerato paragonarla con troppa facilità al dramma di Tiziana Cantone, come trovo che anche la parola “bullismo” sia fuoriluogo.
Forse prepotenza e malignità andrebbero bene.

Ciò che ho apprezzato è la mobilitazione istantanea di diversi siti e personalità per calmare gli animi, cosa che è un buon segno di rispetto ai precedenti “errori” da social.
Questo episodio non determinerà la fine delle gogne pubbliche, proprio come una vittoria di un eroe su un villain non terminerà la serializzazione degli albi.
Ricapiterà semplicemente perché la massa che riempie i social non avrà mai l'eleganza di comprendere la differenza tra villain e nemesi.
Ma proprio come nella lotta infinita tra personaggi di un fumetto, si continua a combattere.
Cercate solo di stare dalla parte più elegante.

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Un commento

  1. In linea di principio sono d’accordo nello stigmatizzare la prepotenza della reazione social al video in questione. Vorrei però porre l’accento, prendendo spunto dalla vicenda pur non avendo la certezza che sia questo il caso (anche se ci vedo diversi indizi), sulla prepotenza applicata molto spesso nelle grandi aziende nei confronti dei loro dipendenti, in alcuni casi costretti a partecipare ad iniziative degradanti come il video di cui parliamo, al solo scopo (e qui torniamo sulla finalità del villain) non di motivare ma al contrario di destrutturare e testare l’individualità del lavoratore prospettando subdolamente a chi è fuori dal coro un “occhio di riguardo”.

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