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The Silent Edge, alla scoperta di un mondo (da cui non vorremmo uscire) | Recensione

Una storia di ampio respiro, un mondo vivo e un cast di personaggi che continuano a sorprendere

Un mondo fantasy avvolto nel mistero, nel terrore di una Nemesi da cui l’intera civiltà è fuggita. Ma il Ranger del Deserto vuole capire cosa è successo (e noi con lui). Forma una compagnia di caratteri forti e abilità pericolose (o almeno ci prova), per affrontare un mondo complesso e ricco di storie che avvolgono il lettore. The Silent Edge è un progetto ambizioso, edito da Antonio Mandese Editore e scritto da Matteo Malvisi, Matteo Ivaldi, Giorgia Giacchi e Davide Bello. Trovate in libreria le prime tre uscite della Saga della Cenere: Il ranger del Deserto, Liberi in ogni terra e Il gioco del re bianco (mentre L’orchidea Cinerea sta per arrivare). Ci siamo addentrati in questo mondo fantastico per raccontarvi cosa pensiamo di The Silent Edge in questa recensione.

La nostra recensione di The Silent Edge, ingresso in un modo spietato

La cartina del primo volume mostra un mondo vasto, pieno di nomi di città, regioni, segreti da esplorare. Ma noi iniziamo schiacciati in un angolino della mappa, fra poche città di frontiera. Che ricordano il West americano. Ma nascondo pericoli ben più terribili di una pistola.

Vent’anni prima degli eventi della trama (di cui parleremo il meno possibile per evitarvi degli spoiler, vogliamo che la leggiate!), la Nemesi ha sconfitto l’umanità. Da Dawnwater, capitale del Regno di Rosenia, un esercito di creature spaventose ha invaso tutti i Regni, mettendoli in fuga. Impossibile vincere quella che sarebbe diventata nota come la Guerra del Massacro: gli uomini e le donne dei tre regni sono scappati nella landa di Stagshade, contenendo ai nativi ogni centimetro di terra. Aspettando l’arrivo della Nemesi oltre il mare.

Ma non è successo. Dopo aver conquistato quasi tutto il mondo conosciuto, comprese le Isole dell’Impero del Sole di Ferro e la Marca, si sono fermate. Perché? Qualcuno (oltre a noi) è intenzionato a scoprirlo.

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Un cast di personaggi da scoprire

Elias Havilah Manahem sta cercando una donna. Non ha paura di sporcarsi le mani (e la sua katana) per trovarla. Gin Strivedust invece sembra badare solo alla sua Carovana Storta. Ma non ha alcuno scrupolo a usare la forza del suo braccio meccanico, né l’arma segreta che nasconde dentro di sé. Maud Mallory ha in sé più potere di un esercito e la calma di chi ne è consapevole, maga del vecchio sistema delle Accademie. Brian McNaughton ha dalla sua l’arte alchemica, in diversi campi. E Suennel Renard ha una capacità ingegneristica che sarebbe impressionante in ogni mondo.

Ma quello che tutti hanno in comune è un passato. Pieno di segreti, contraddizioni. Anche la giovane Suennel, “Figlia dell’Apocalisse”, ha qualcosa da nascondere. Nello stesso modo in cui conosciamo nuovi dettagli sui Tre Regni che formano questo mondo, impariamo nuovi dettagli sui protagonisti di questa storia di ampio respiro.

E non ci sono dubbi: i personaggi e le relazioni fra di loro non sono solo la parte migliore di questa Saga della Cenere. Sono il motore che propelle in avanti l’intera storia.

Recensione di The Silent Edge, una storia di ampio respiro (e grandi discussioni)

Il mondo di frontiera che trovate in questi primi tre libri è violento. Non è un fantasy da C.S. Lewis, non leggetelo ai bambini. Nelle primissime scene vediamo prima Elias e poi Gin dimostrare che nel mondo post-apocalittico di The Silent Edge non c’è spazio per l’esitazione: spesso bisogna uccidere o essere uccisi.

Ma sebbene l’azione in questi romanzi si infiammi fulminea, le trame che avvolgono i personaggi e anche noi lettori sono lente e di ampio respiro. Nonostante gli scontri e l’azione, l’intero primo volume (Il ranger del deserto) serve sostanzialmente a introdurre il mondo e i personaggi principali, facendoci capire obiettivi e metodi di ognuno.

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E gli obiettivi restano spesso a lungo vaghi, perché riusciamo a comprenderli appieno solo dopo una rivelazione sul passato di uno dei personaggi dopo qualche centinaio di pagine. Non è un caso che nelle quarte di copertina si parli di George R. R. Martin e della Torre Nera di Stephen King: spesso scopriamo che il personaggio con cui abbiamo camminato per capitoli interi è ben diverso da quello che pensavamo. E altrettanto spesso, un personaggio che abbiamo imparato ad apprezzare durante questa recensione fa una brutta fine: la posta in gioco è sempre la vita, in The Silent Edge.

La cosa che però abbiamo davvero apprezzato è che spesso la nuova direzione della trama la decidono le discussioni fra i personaggi. Malvisi, Ivaldi, Giacchi e Bello devono essere dei giocatori di ruolo eccezionali, perché più volte ci siamo sentiti parte di una discussione attiva prima dell’azione. Come se il finale non fosse già scritto ma dipendesse dalle parole dei protagonisti.

Giocare con i generi

La cornice di The Silent Edge resta quella del fantasy, seppur ci siano elementi da steampunk post-apocalittico. A volte anche “fin troppo”: il mondo che hanno creato i quattro autori è tanto affascinante che ogni tanto ce lo raccontano in maniera estesa, con i personaggi che si lanciano in un lunghe descrizioni che noi vogliamo scoprire, ma che i protagonisti dovrebbero sapere già. Ma altre volte la ‘exposition‘ la gestiscono con stile, come quando Suennel racconta dei pericoli del deserto come fossero una minaccia (concedeteci questo minimo spoiler, ma la scena è splendida).

The Silent Edge però non è solo fantasy. Il primo libro ricorda molto il western. Non solo per l’ambientazione desertica ma anche per struttura e ritmi. Duelli, personaggi pieni di cicatrici del passato. Ma a volte anche il peggio del genere, come la descrizione grottesca dei nativi ai margini della società.

Liberi in ogni terra invece ci avvolge in un mistero quasi da thriller, fin dal primo capitolo in cui ci mostra un nuovo e tremendo cattivo. Con un’ambientazione cittadina che mostra il cinismo insopportabile di parte di questa nuova civiltà emersa dopo l’arrivo della Nemesi. Mentre il terzo gioca su toni ancora più cupi, facendoci temere di girare ogni pagina.

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Recensione di The Silent Edge, un mondo da scoprire

Quando abbiamo letto il prologo del primo libro, abbiamo storto il naso. Il romanzo inizia con un momento più in là nel tempo, con un tono epico e apocalittico che non ci ha convinto. Linguaggio troppo altisonante, misteri solo per il gusto del mistero. Insomma, un impatto troppo forte per chi vuole semplicemente perdersi in un libro prima di andare a dormire.

Ma quando la storia inizia, lo stile si ammorbidisce. I personaggi parlano in maniera più forbita di una conversazione da bar, ma non in quel modo aulico che rovina molte saghe fantasy. Ci sembrava di sentire in ogni pagina l’onesto divertimento dei quattro autori nello sviluppare questo mondo. E questi personaggi. Che nonostante all’inizio sembrino avere obiettivi un po’ troppo vaghi nel voltarsi delle pagine diventano sempre più vivi.

Troppo spesso nel fantasy gli autori provano a fare Tolkien, pensando che le lingue inventate e le leggende intessute nel racconto possano sostituire la storia. Ma nessuna storia, fantasy o no, può funzionare se oltre al mondo non si creano personaggi interessanti con cui esplorarlo.

Matteo Malvisi, Matteo Ivaldi, Giorgia Giacchi e Davide Bello invece ci sembra siano partiti dalla gioia che provavano nel parlare e agire nei panni dei protagonisti di questa vicenda. E in ogni pagina (forse tolto il prologo del primo libro) si sente che si stanno divertendo, facendo sentire anche noi parte del gioco. Ci accompagnano per mano in questo mondo.

Per questo motivo, anche se a volte gli eventi che generano la trama ci sembrano un po’ macchinosi e qualche scena si allunga un po’ troppo, finiamo per voler scoprire ancora un altro pezzo del mondo e dei protagonisti di The Silent Edge.

Consigliare un libro è un impegno pieno di amore, consigliarne quattro (e forse di più se ci saranno nuove saghe) rischia di essere troppo. Ma ci sentiamo di dirvi di sfogliare il primo volume. Una volta dentro questo mondo, confidiamo che vorrete restarci.

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Stefano Regazzi

Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, Nerd da prima che andasse di moda.

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