Erano passati diversi anni dall'ultimo romanzo per adulti di Neil Gaiman e la cosa, da fan (lievemente) invasati del suddetto, ci faceva piangere il cuore.
Neil, però, da bravo Improbabile Fenicottero di Mezzanotte, ha continuato a sfornare pluripremiati libri per ragazzi, s'è sposato, ha fatto discorsi edificanti sull'Arte e ha chiuso pluriennali contese sui diritti di alcuni personaggi del fumetti.
Poi, un giorno, quando le nostre speranze erano ormai nulla più che un mucchietto di polvere, ecco il tweet dall'account dell'autore: in uscita un nuovo romanzo.
Per adulti. Tripudio.
L'avevamo già anticipato qui, il libro di cui si parla è The Ocean at the End of the Lane, uscito lo scorso 18 luglio nel Regno Unito e negli USA (ma non ancora da noi) e che abbiamo avuto la possibilità di leggere in inglese grazie alla subitanea opera d'importazione d'una qui anonima benefattrice.
Mettiamo le mani avanti, potremmo sbrodolare qualche spoiler. Leggete con cautela.
La storia è narrata in prima persona dal protagonista senza nome (di qui in poi Anonimo), che a distanza d'una quarantina d'anni torna per la prima volta nel paese della sua infanzia, per via di un non meglio identificato funerale.
Come guidato da una forza invisibile, l'Anonimo attraversa, senza degnarla d'uno sguardo, la vecchia terra dove sorgeva la sua casa, per poi raggiungere, in fondo alla strada, una grande fattoria al limitare del bosco, dove incontra l'anziana proprietaria.
E' la fattoria degli Hempstock, una presenza confusa nella memoria del protagonista, fatta di giochi d'infanzia con la figlia della famiglia che l'abitava, di un piccolo stagno che la bambina si ostinava a chiamare l'Oceano, della partenza di quest'ultima per l'Australia.
Il protagonista allora, sempre guidato dalla suddetta mano invisibile, raggiunge la pozza/Oceano, dove si perde nei ricordi dei momenti passati da piccolo nella fattoria.
Ma più l'Anonimo scava, più i ricordi cambiano, le vicende si arrichiscono di nuovi particolari e il romanzo inizia con la rievocazione degli strani eventi che avevano preso luogo nella fattoria decenni prima.
La rimembranza inizia con il trasloco della famiglia del protagonista nel paesino dell'ambientazione, in una casa di campagna piena di passaggi e travi traballanti, boschi e avventure che agli occhi dell'Anonimo (all'epoca di appena 8 anni) paiono un paradiso.
Sullo sfondo, come echi di avvenimenti non del tutto compresi, la sua famiglia sta passando un brutto periodo a livello finanziario, che la costringe ad affittare la stanza precedentemente occupata dal protagonista a una serie di sconosciuti.
Tra questi, presagio di sventura già dall'entrata in scena (uccide con l'auto il gattino dell'Anonimo), c'è un minatore d'opali sudafricano. Dopo poco tempo dall'inizio del proprio soggiorno, per un problema di gioco d'azzardo, l'uomo ruba l'auto della famiglia del protagonista e si suicida in un tratto deserto della campagna col gas del tubo di scappamento.
E' proprio mentre la polizia svolge il proprio dovere col padre dell'Anonimo riguardo al furto, che questi conosce Lettie Hempstock, una strana bambina che vive in fondo alla strada con la madre e la nonna (donne eccentriche e misteriose) e che lo ospita mentre il padre del protagonista è impegnato.
Sarà proprio la morte del minatore e l'incontro con le Hempstock a innescare la catena d'eventi che risveglierà una strana entità molto simile all'Altra Madre in Coraline: Ursula Monkton.
Questa penetrerà nel mondo reale per colpa d'un errore del protagonista e si infiltrerà nella sua vita prendendo possesso della sua famiglia come fossero tutti solo animali da compagnia. Per non parlare della presenza stessa di Ursula (nei fittizi panni di una donna giovane e attraente) bastevole da sé a scatenare danni ben peggiori…
E di più non vi diciamo, perchè sarebbe solo sadico spoiler gratuito.
Parliamo del libro.
Benchè non sia uno del lavori più lunghi e complessi a livello di trama che Gaiman abbia partorito (per quello c'è American Gods e non ci sono santi), questo romanzo è la summa di ciò che troviamo sia l'immaginario stesso dell'autore.
The Ocean at the End of the Lane è una sintesi di numerosi elementi ricorrenti degli universi creati da Gaiman: possiamo trovare le creature materne e pericolose in un modo nevrotico e sinistro (qui Ursula Monkton/L'Altra Madre di Coraline); il pantheon mai chiaramente descritto, ma solo definito in poche pennellate per lasciar discernere il resto al lettore (le Hempstock/gli Eterni in Sandman); il mondo magico e pericoloso, nascosto appena sotto il fragile velo della realtà, in attesa che una mano inesperta lo sveli inavvertitamente, rischiando di venir divorata nel processo (i Cieli Arancioni/ Londra Sotto di Nessundove); per non parlare del protagonista senza nome che è piuttosto chiaramente un avatar dell'autore, dettaglio comprensibile dai vari eventi del libro realmente accaduti nella vita di Gaiman (il furto dell'auto dei genitori per esempio) o che nel presente del libro, l'Anonimo affermi di "creare Arte" (make Art) per vivere, come riferimento più o meno cosciente al recente libro/discorso pubblico "Make good Art".
Ma non è tanto il lavoro di sintesi di un'intera, più che prolifica carriera, che ci ha fatto amare questo romanzo al pari dei suoi predecessori, bensì il fatto che, con la sua prosa, Gaiman riesce a ricreare in modo più che accurato la visione dell'Anonimo bambino del racconto, la situazione di svantaggio assoluto rispetto al mondo degli adulti in qualche modo tenuti lontani proprio perché incapaci di capire.
La narrazione trasforma i tronchi degli alberi, le travi bucate di un vecchio pavimento, le porte cigolanti in un vero mondo di magia, ancora prima che la magia stessa entri sul serio nel racconto, apprezzando sinceramente tutte quelle imperfezioni che, crescendo, diventano solo un fastidio.
Non a caso i momenti di maggior terrore e tensione, per il protagonista come per il lettore, non arrivano realmente dalle scene dove fanno capolino mostri e inspiegabili prodigi, ma nei momenti reali, dove gli adulti sono adulti e impenetrabili, si affannano dietro un dolore incomprensibile o si rifiutano di comprendere l'evidenza e la meraviglia che potrebbe nascondere ogni parola di una filastrocca dell'asilo (altro elemento ricorrente in Gaiman, il potere di parole e formule, spesso confuso con giochi infantili).
Ne è un esempio il personaggio di Ursula Monkton, molto più temibile nelle sue spoglie umane che in quelle di spettrale creatura di lisi stracci scoloriti.
The Ocean at the End of the Lane è un libro che ci ricorda delle sottili meraviglie nascoste appena fuori del nostro campo visivo, per noi fumose e irreali, solamente perché ci dimentichiamo sempre di poterle afferrare.
Ci riporta alla mente i piccoli dolori di un'età che crediamo stupidamente priva di pensieri e forse ci suggerisce sottovoce di utilizzare quei vecchi dolori per ridare una misura più adatta a quelli nuovi.
Quindi, col tutto il cuore, leggete questo libro, fatene tesoro, lasciatevi deliziare dalle sue pagine e poi veniteci a dire cosa ne avete pensato.
Purtroppo, vi avvisiamo, qualcun altro leggerà le vostre recensioni.
Per un po' saremo irreperibili a gongolare.
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