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Silent Night: tra il Punitore e WALL•E | Recensione

John Woo torna in America con un film che colpisce più come esercizio di stile che per un effettivo valore

Silent Night – Il silenzio della vendetta segna il ritorno alle produzioni americane di uno dei più grandi registi di cinema d’azione di sempre: John Woo. Un film che si carica quindi di una buona dose di aspettative, unite a quelle che derivano dal suo particolare concept. L’abbiamo visto in anteprima per voi qualche giorno fa per scoprire se si è dimostrato all’altezza. Vediamo com’è andata nella nostra recensione di Silent Night – Il silenzio della vendetta

Silent Night, il film di John Woo racchiuso in un gioco di parole

Nel corso della storia del cinema il Natale lo abbiamo vissuto in tante salse differenti. I film incentrati su questa festività si sprecano, con classici intramontabili che ci fanno ancora oggi commuovere, ricordando il nostro passato (e spesso presente e futuro, tramite dei noti fantasmi…).

Un’onnipresenza tale che ha spinto i filmmaker a fare il giro e spingersi ancora più in là, ribaltando l’idea dei buoni sentimenti, arrivando a giocare sul contrasto. Sono nati infatti innumerevoli film horror o action che ci mostravano un Natale diverso, a volte scanzonato, a volte solo cupo. Ecco, Silent Night si inserisce in quest’ultimo filone. O meglio, vorrebbe farlo. Ma andiamo con ordine.

Il film prende il via buttandoci direttamente in mezzo all’azione. Seguiamo il nostro protagonista (interpretato da Joel Kinnaman) mentre rincorre a piedi alcune auto impegnate in una sparatoria. Non è chiarissimo il rapporto tra queste parti, né il perché il nostro indossi un buffo maglione che ritrae la renna Rudolph, anche se almeno questo possiamo intuirlo.

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Possiamo anche intuire come finisca il suo scontro con i criminali: non benissimo. Riesce però miracolosamente a sopravvivere alla sua esecuzione, al costo della sua voce per una ferita alla gola. Un ultimo tassello che doveva cadere per dare il via a un domino di oscurità, allenamento e soprattutto tantissima pianificazione. Il nostro protagonista (che è complicato definire eroe) diventa un uomo completamente votato a una causa e quella causa è la vendetta.

Quel silenzio che non si fa sentire

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Joel Kinnaman as Godlock in Silent Night. Photo Credit: Carlos Latapi

John Woo non usa la perdita della voce del protagonista solo per dare un doppio (o forse triplo?) senso alla Silent night del titolo. Il regista infatti costruisce l’intero film intorno all’idea del silenzio, del non parlare. Ne nasce un action atipico, che riporta tutto ai suoi elementi essenziali. Qualcosa di simile a quanto fatto da WALL•E nella sua prima mezz’ora per l’animazione.

Anche qui abbiamo una narrazione che va avanti unicamente tramite immagini o al massimo qualche dialogo in secondo piano. Il focus è solo sull’azione, sullo scontro fisico, sulle coreografie. Che non diventano qualcosa di necessariamente complesso o articolato, ma anzi sono dure e impattanti più che mai.

E tutto quel silenzio, che poco ha a che fare con la condizione del protagonista (tanto che è già presente prima ancora dell’incidente) diventa senza dubbio la parte più interessante del film. Ma lo fa con il giusto equilibrio, senza risultare mai invadente. Te ne rendi conto piano piano, che sono diversi minuti che nessuno pronuncia una parola. E dopo un po’ ti ritrovi a restare stupito quando senti qualcuno che parla, in una situazione che ormai si è completamente ribaltata.

Purtroppo Silent Night si ferma un po’ qui, a questo esercizio retorico. Kinnaman fa un buon lavoro in quella che non ci fosse già Jon Bernthal sarebbe potuta essere un’ottima audizione per il ruolo del Punitore del MCU, ma l’azione e gli eventi non raggiungono mai livelli davvero sorprendenti. Avrebbe probabilmente giovato un tocco di esagerazione in più.

In Silent Night John Woo ha dimenticato di mettere il Natale

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Joel Kinnaman as Godlock in Silent Night. Photo Credit: Courtesy of Lionsgate

C’è poi una questione che fa e farà molto discutere sull’ambientazione natalizia dell’opera. Che è un aspetto che sulla carta dovrebbe essere fondamentale (tanto da esplicitarlo nel titolo) ma che a conti fatti è davvero minima. Complice l’ambientazione californiana, il clima rappresentato sembra piuttosto lontano da quello dei grandi classici delle feste, ma anche al di là di questo sembra che si tratti davvero di un elemento molto secondario.

Tutto il gioco di contrasto di cui si parlava in precedenza, tra i valori positivi e i buoni sentimenti del Natale e una vendetta cruda, sporca e brutale, si perde completamente nei meandri di un’ambientazione che è natalizia solo sul calendario. Ci sono dei richiami qua e là, ma sono talmente diradati e unici che sembrano aggiunte successive o comunque un pensiero secondario.

Silent Night di John Woo è quindi un film piacevole che però centra solo in parte le aspettative, sia per tematiche che per qualità. Dal punto di vista dell’esercizio di stile è decisamente interessante. Vedere come il regista sia riuscito a gestire 100 e passa minuti di (quasi) non dialogo è una lezione utilissima che sarebbe bene vedere applicata in altri progetti.

Come film in sé (e come pezzo della filmografia di John Woo) risulta invece meno sorprendente e rilevante. Un’opera che si regge bene, ma che fra qualche giorno difficilmente ricorderemo ancora. Insomma, Silent Night – Il silenzio della vendetta è un “non male, ma puoi trovare di meglio” e senza neanche allontanarsi dalla filmografia di John Woo.

Bullet In The Head
  • Cheung,Lee (Attore)

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Mattia Chiappani

Ama il cinema in ogni sua forma e cova in segreto il sogno di vincere un Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura. Nel frattempo assaggia ogni pietanza disponibile sulla grande tavolata dell'intrattenimento dalle serie TV ai fumetti, passando per musica e libri. Un riflesso condizionato lo porta a scattare un selfie ogni volta che ha una fotocamera per le mani. Gli scienziati stanno ancora cercando una spiegazione a questo fenomeno.

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