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Citadel: doppiogiochismi di sceneggiatura | Recensione

Abbiamo visto i primi due episodi del nuovo show Prime Video, ecco cosa ne pensiamo...

Citadel è un nuovo progetto di Prime Video, estremamente ambizioso. L’idea è quella di creare quello che viene definito un “franchise globale”. Si parte il 28 aprile con i primi due episodi dello show principale, che darà vita ad altre due serie spin-off ambientate in India e nella nostra Italia. Ma ci sarà tempo di parlare anche di quelle. Per il momento concentriamoci sulla serie madre Citadel, di cui abbiamo visto proprio i primi due episodi in anteprima a Roma e finalmente possiamo raccontarvi cosa ne pensiamo…

Citadel, la nostra recensione dello spy thriller di Prime Video

Il titolo di questo show si riferisce a un’agenzia di spionaggio di altissimo livello. Un’organizzazione che agisce nell’ombra, che gioca su un piano superiore a quello nazionale di CIA, MI6 e simili. Il sipario si apre su un treno italiano, dove si trovano due dei più importanti agenti di Citadel, Mason Kane e Nadia Sinh, impegnati in una missione – come sempre – importantissima.

Quello che però scopriranno i due è ancora più sconvolgente di quanto si aspettassero e questo cambierà profondamente i piani. Ed è a questo punto che lo show inizia davvero, offrendoci una prospettiva al contempo originale e ben piantata nei canoni e nella tradizione del genere dei film di spionaggio. Un modo per mescolare la formula e dichiarare implicitamente l’amore per quel mondo.

È evidente da subito che Citadel ha un valore produttivo superiore alla media televisiva, presentandosi come un prodotto “premium” per Prime Video. A occuparsene è la AGBO dei Fratelli Russo (registi di Avengers: Infinity War e diversi altri dei più amati film Marvel) e si percepisce da subito il loro stile. Senza cercare di creare quella che potremmo definire televisione d’autore, Citadel regala fin da subito sequenze action di buon livello, che sanno conquistare il nostro interesse.

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Merito anche di un duo di protagonisti che sa decisamente il fatto suo. Richard Madden, al di là di un po’ di tentennamenti nei dialoghi in italiano, sembra assolutamente a suo agio nella parte dell’agente segreto migliore al mondo (quasi una conferma dei rumor che lo propongono come nuovo James Bond). Ancora meglio è Priyanka Chopra Jonas, che regala una performance di qualità, rubando la scena. Vero MVP del cast è però Stanley Tucci, come è facile immaginare, in un ruolo complesso che abbiamo la sensazione ci regalerà grandi soddisfazioni nel prosieguo della stagione.

David Weil e i Fratelli Russo come l’anti-Rian Johnson

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Noi torniamo sempre al cinema di genere e il pubblico torna sempre al cinema di genere perché permette di giocare con le aspettative. Hai una base di conoscenze condivisa tra autori e spettatori e quindi puoi tradirla e creare la sorpresa“. Così spiegava Joe Russo durante la conferenza stampa post-proiezione, dando una parte della chiave di lettura con cui vedere Citadel.

Perché questo show è quello che si definisce facilmente – e retoricamente – come “una lettera d’amore al genere spy“. Fin dall’inizio si può notare l’evidente ispirazione ad alcuni dei titoli più iconici di questo filone, da Jason Bourne alla saga di Mission: Impossible, senza dimenticare chiaramente James Bond, punto di riferimento evidentissimo per il personaggio di Madden e non solo. Ma c’è qualcosa di più rispetto all’omaggio al passato, proprio per quel gioco di aspettative di cui sopra.

Negli ultimi anni, uno degli autori che più si è interrogato sul rapporto tra il genere e le sue regole è Rian Johnson. Dopo aver iniziato questo percorso con Star Wars: Episodio VIII, ha rilanciato spostandosi sui whodunit con la saga di Knives Out, con risultati sempre migliori. Ma David Weil, showrunner di Citadel, e i Russo ribaltano anche questo approccio nello show.

Perché non c’è un intento decostruttivo nel rapporto tra la serie e i canoni. Anzi, c’è un’aderenza quasi maniacale, che rinforza tutti gli elementi chiave del genere. Anche i colpi di scena – che non sono pochi – sono comunque tracciati nel solco della tradizione, quasi a rimescolare tutto quello che abbiamo visto altrove. Insomma, non siamo nel vero e proprio post-modernismo ma c’è un approccio che ci va vicino.

Citadel di Prime Video convince abbastanza da incuriosire

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Courtesy of Prime

Scegliere questa strada non è semplice. Aderire così profondamente ai canoni significa portarsi dietro anche tutti i loro problemi, ingigantendoli ulteriormente. E così Citadel diventa uno show che non manca di forzature, di cattivi cattivissimi (apparentemente) senza ragione e che sono pronti a lunghi monologhi in cui spiegano i propri piani, di coincidenze assurde, di salvataggi impossibili ed espedienti narrativi facili.

Ma tutto questo è parte della poetica della serie. Citadel di Prime Video costituisce un grande omaggio e rilettura potenziata del genere spy thriller, in un equilibrio difficile da mantenere che stia lontano al contempo dalla decostruzione e dalla parodia.

Questo, unito alla trama coinvolgente e ai meriti sopracitati nella messa in scena, ci fa trovare il desiderio di andare oltre. Per quanto una maggior cura in fase di sceneggiatura avrebbe potuto evitare la sensazione di “style over substance”, vogliamo comunque dare fiducia a questo show. Il potenziale c’è e siamo davvero curiosi di sapere dove ci porterà dal prossimo episodio. In attesa naturalmente che torni in Italia nella serie dedicata.

Citadel debutterà su Prime Video il 28 aprile con i primi due episodi, per poi procedere con una nuova puntata ogni venerdì.

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Mattia Chiappani

Ama il cinema in ogni sua forma e cova in segreto il sogno di vincere un Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura. Nel frattempo assaggia ogni pietanza disponibile sulla grande tavolata dell'intrattenimento dalle serie TV ai fumetti, passando per musica e libri. Un riflesso condizionato lo porta a scattare un selfie ogni volta che ha una fotocamera per le mani. Gli scienziati stanno ancora cercando una spiegazione a questo fenomeno.

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