Sono anni che la riforma della cittadinanza italiana tiene banco nella scena politica italiana.
Quante volte avete sentito parlare di ius soli, ius culturae o ius sanguinis?
Da oggi nei media italiani si aggiunge un nuovo termine, lo ius scholae, ma cosa sono tutte queste parole legate al tema della cittadinanza italiana?
Attualmente la cittadinanza italiana viene concessa secondo quella che è la legge nr. 91 del 1992, una legge obsoleta e che non tiene in considerazione del cambiamento demografico e del tessuto sociale del paese.
La legge nr. 91 del 1992 concede la cittadinanza italiana per legami di sangue, il cosiddetto ius sanguinis, ovvero a chi è figlio o nipote di cittadini italiani.
Mentre non concede la cittadinanza alla nascita ai figli dei cittadini non italiani residenti in Italia.
Ecco perchè un calciatore argentino nato all’estero, ma con origini italiane, può diventare cittadino italiano più facilmente rispetto ad un bambino che nasce sul suolo italiano, ma ha la colpa di essere figlio di cittadini non italiani.
Lo ius soli, che viene attuato ad esempio negli Stati Uniti d’America o in Brasile, prevede la cittadinanza automatica ai bambini nati sul suolo statunitense o brasiliano già dalla nascita.
In Italia i tentativi e le proposte di legge sono state centinaia dal 1992 ad oggi, ma nessuna è riuscita a passare.
Il disegno di legge 2092 ad esempio è stato affondato al Senato della Repubblica d’Italia dopo essere stato approvato alla Camera dei Deputati il 13 Ottobre 2015.
Tale ddl prevedeva al suo interno un percorso d’accesso diverso e più semplificato alla cittadinanza italiana per i figli degli immigrati nati in Italia, ma alcun automatismo previsto in stile ius soli puro.
La mancata modifica dell’attuale legge di cittadinanza in questi anni ha privato della libertà e tenuto in ostaggio oltre 800 mila tra bambini e ragazzi, nati o cresciuti in Italia.
Basti pensare che la maggior parte dei bambini e giovani che andrebbero a beneficiare di una modifica della legge nr.91 del 1992, sono nati dopo l’approvazione della legge stessa.
Proprio in questi giorni, nei media mainstream italiani si è riaccesa la questione della riforma della cittadinanza. A trattare l’argomento questa volta è stato l’onorevole del Movimento 5 Stelle Giuseppe Brescia, il quale ha introdotto questa volta il termine ius scholae.
Con la proposta dell’on. Brescia, il diritto alla cittadinanza andrebbe così ad allargarsi a tutti quegli studenti che in Italia hanno svolto almeno 5 anni di scuola.
Ma come funziona lo ius scholae?
I due articoli presentati dal membro del M5S, che dovrebbero andare a cambiare l’attuale legge sulla cittadinanza nei confronti dei figli degli immigrati nati o cresciuti in Italia, prevedono alcune condizioni:
- essere entrati in Italia entro il 12 esimo anno d’età;
- aver frequentato almeno 5 anni di scuola in Italia;
- aver vissuto ininterrottamente in Italia e aver frequentato le scuole;
- aver fatto esplicita richiesta entro due anni dal raggiungimento della maggior età.
Lo ius scholae mette alla base del cambiamento la scuola e la figura del professore come punto di riferimento per la crescita del bambino.
L’attuale riconoscimento dello status di rifugiati di guerra da parte dei cittadini ucraini, cambierebbe lo scenario della riforma della cittadinanza.
Quest’ultima potrebbe essere riformata tramite lo ius scholae con la larga approvazione di tutti i partiti, anche quelli di destra.
Se tale riforma dovesse passare, i primi a godere dell’accesso alla cittadinanza italiana, sarebbero circa 20 mila bambini ucraini, che attualmente vivono in Italia ma non vengono riconosciuti come figli di questo paese.
- Editore: Edizioni SEB27
- Autore: Roberta Ricucci
- Collana: Laissez-passer
- Formato: Libro in brossura
- Anno: 2018
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