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Circeo a FeST, serie TV contro la pornografia del dolore

Giunto alla quarta edizione, FeST è il Festival dedicato alle serie TV alla Triennale di Milano, che quest’anno ha come tema “Reframing Nature“, un concetto da intendere però in senso molto ampio. Con questo motto si spazia dal riscoprire lo spazio in cui viviamo, alla piena comprensione dei ruoli di ognuno di noi. A prescindere da genere e orientamento sessuale. Da questo punto di partenza, si arriva all’analisi di prodotti originali e italiani della serialità, come Circeo, in grado di riaccendere i riflettori sulla triste vicenda del 1975. Con una narrazione diversa da quanto ci aspetteremmo. Disponibile sul servizio streaming Paramount+ e prossimamente su Rai Uno, la direttrice artistica dell’evento, Marina Pierri, ha moderato un incontro sul palco del festival con alcuni dei principali nomi che hanno reso possibile questa produzione.

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Circeo, un passato ancora fortemente ancorato al presente

Il panel si è aperto proprio con una disamina sulle modalità narrative di Circeo. Racconta Viola Rispoli, la sceneggiatrice, che non c’è violenza nella serie. Si va in sottrazione, si racconta il meno possibile della violenza per far emergere un personaggio. La scelta drastica di non mostrare alcun contenuto violento, ha concesso di evidenziare invece la sofferenza del racconto, il dolore di riviverlo è più forte che mostrarlo. Nei primi episodi ci sono anche dei trucchi narrativi per aumentare la tensione senza far leva sulla violenza.

Come la parte creativa si unisce a quella produttiva dunque? Alla base c’è un soggetto di Flaminia Gressi che aveva vinto anni fa il Premio Solinas per l’idea avuta. “Da qui, è fiorita la prospettiva di raccontare tutto quello che accade dopo il massacro, facente parte di una dimensione collettiva e sociale che racconta anche un processo produttivo messo in scena molto bene da Andrea (Molaioli, regista, ndr)”, sostiene Antonella Dominici di Paramount.

Si mostra dunque la presenza della società, degli sguardi degli altri, tutti i personaggi sono sfidati a vivere il fatto attraverso il racconto di Donatella , la vittima sopravvissuta, e crederle. Siamo di fronte a una messinscena accuratissima della dimensione sociale emersa dagli archivi. Ricerche durate qualche anno perlustrando archivi di processi e della stampa dell’epoca.

Sottostare alle leggi, e alla documentazione

Fu un evento vissuto in maniera collettiva, dove ognuno quasi lo interpretava in maniera diversa per via della propria sensibilità e non solo. Proprio Francesco Nardella, Vicedirettore Rai Fiction, ricorda che il 1975 è stato uno spartiacque. All’epoca lo stupro era reato contro la morale e non contro la persona. Riprendendo dunque il tema di FeST “Reframing nature”, questa rilettura riguarda anche il corpo, anche femminile. Circeo è appunto una serie TV sul corpo femminile, e quale è stato il ruolo di Rai Fiction in questa produzione?

Nardella ricorda che nel 1979 la Rai produsse un documentario fatto da quattro donne, Processo per stupro, che oggi per diversi diritti e leggi non si può rendere disponibile. “L’allora direttore ha passato parecchi guai per averlo fatto produrre“, prosegue Nardella. “Quindi prima che Cattleya ne parlasse con me c’era anche un produttore di Scuola Cattolica intenzionato a una serie simile, ma non ero d’accordo. Solo con rigore etico e professionale è stato possibile fare di meglio“.

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Questa storia è dunque un true crime period, e prodotti di questo tipo hanno senso se parlano alla contemporaneità. Se invece non comunicano, non funzionano. Dentro questa storia, si fanno sentire con potenza la sapienza della scrittura e della regia, ma anche la capacità di dare tutto il ritmo e la tensione di cui abbiamo bisogno. Sostiene sempre il vicedirettore Rai Fiction che si tratta di un lavoro fatto molto bene e tanti sottotesti, con una riflessione sull’uso strumentale delle vittime.

Infine, è pur sempre la storia di una ragazza di 17 anni che non muore dopo quello che le hanno fatto e anzi vuole vivere. La capacità di dare questo insegnamento è una delle cose più belle della serie su Paramount plus, debuttato da poco tempo. Come si inserisce questo prodotto nell’offerta Paramount? Risponde Antonella Dominici (SVP Streaming South Europe, Middle East and Africa Paramount), in quanto il titolo porta l’offerta della piattaforma nel futuro dello streaming.

Il canale è famoso per dare grandi classici del cinema, ma il brand rappresenta anche la qualità della produzione italiana, con attenzione al prodotto e alla scelta editoriale, che sia riconoscibile. Circeo si è innestato bene nel resto dell’offerta. Il filo del racconto è leggere la vicenda senza dare spettacolarizzazione della violenza. Infine, si sta sempre più cercando la produzione locale da parte dell’utente delle piattaforme streaming, per riconoscersi nel racconto. Circeo è il primo di una serie di produzioni che segue la strada della connotazione italiana. A ora è anche una delle serie più viste su Paramount.

La voce del Circeo è femminile

La parola passa dunque a Greta Scarano, che veste i panni di Teresa Capogrossi, personaggio che non esiste nella storia ma è come se fosse “Virgilia” per Donatella. Pierri le chiede come si è preparata per questa parte e cosa ha significato? “Lo spettatore capisce i patimenti di Donatella grazie al rapporto tra lei e Teresa, nato per via del lavoro di ricerca sul tema legale della vicenda. Sono stati resi avvincenti i processi stessi e Teresa è una avvocatessa che tiene molto al movimento femminista e dialoga con le istituzioni, porta il tema nei palazzi del potere.

Scarano sostiene che il racconto del massacro ha impattato sulla nostra società, è molto importante sapere com’è andata e capire quanto ha cambiato le persone. Andrea Molaioli ha compiuto la scelta di non mostrare massacro, ma farne carpire alcuni momenti. Vedendo tutto questo, si vive qualcosa di distante ma è confortante sapere che non ti appartiene, ti sconvolge ma non resta dentro di te. L’idea era quella invece di far rimanere questa sensazione; è una storia del 1975, ma con tanti rimandi al presente.

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Non solo il massacro, ma anche la cultura che è sottesa, c’è ancora oggi. Non solo per i fatti di cronaca, ma anche per via della violenza sottile e costante, quotidiana, fondata per secoli. Sì deve lavorare di più sull’intento di interrogarsi sul fatto che la violenza non nasce e finisce con l’atto, ma anche sul non farsi corrompere da questa cultura. Qui in Circeo il cuore pulsante risiede in altro dal massacro in sé.

Infine Ambrosia Caldarelli, che ha interpretato Donatella, è riuscita a darci la sensazione di non vedere mai una vittima, ma una donna vera e che vuole combattere, arrabbiatissima. Lei conosceva bene la storia, ma non Donatella. Grazie a Rai e agli archivi, ha potuto ricostruire il suo personaggio e la vicenda in toto. Sostiene che sia stato difficile empatizzare, ha dovuto ricordare come fosse provare dolore a 17 anni. La vera sfida è stata quella di non esagerare nella recitazione, ma di dare giustizia a una persona, con tatto, senza creare una macchietta, e al contempo portare leggerezza. Una leggerezza che meriterebbe di tornare a provare chiunque sia rimasto vittima di una tragedia simile.

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