Dopo aver realizzato un film “tradizionale” come First Man – Il primo uomo, Damien Chazelle ha evidentemente scelto di prendere tutta un’altra strada per il suo ritorno al cinema. Babylon, nelle sale in questi giorni e protagonista di questa recensione, è un’opera che raccoglie tutto il desiderio creativo di questo artista, senza davvero incanalarlo. E va ben oltre la “lettera d’amore al cinema”.
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Babylon recensione: di cosa parla questo film?
La Babylon del titolo è Hollywood, ma non quella che conosciamo ora. Chazelle ci riporta indietro nel tempo di quasi cento anni, quando quel mondo era ancora agli inizi e scopriva le possibilità di una vita di eccessi. Seguiamo le storie di personaggi diversi che si muovono in questa realtà alternativa dove tutto sembra possibile e impossibile allo stesso tempo.
Viviamo tutto tramite il viaggio di Manny e Nellie. Due personalità profondamente diverse, accomunate dall’essere sognatori (ma di un tipo molto lontano da Mia e Seb di La La Land) che sperano in un futuro sul grande schermo. E i loro desideri, per vie rocambolesche, diventeranno presto realtà, aprendogli le porte della città di Babilonia, che ti travolge e fa perdere il controllo.
Ci sono tanti elementi riconoscibili in Babylon che potremmo citare in questa recensione. Richiami al cinema di Chazelle, alla storia stessa del cinema, a quel “cinema che riflette sul cinema“, giocando un po’ tra la linea del già visto e dell’omaggio. Questo però è inserito in un contesto che continua a sfornare idee fuori dal comune, che sorprendono senza sfiorare (quasi) mai la prevedibilità. E non è completamente un pregio.
La storia che corre alla base di questo film è caotica, si muove a destra e a manca come un cavallo imbizzarrito. Molte delle storie di quest’opera che vorrebbe essere corale cadono nel vuoto, mentre quelle che hanno il giusto spazio si muovono a strappi, lasciandoci a volte perplessi dalle scelte narrative.
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Qualcuno può azzardare un paragone con la vita (soprattutto quella della Hollywood di quei tempi), che può sempre sorprenderti con un gancio destro che non ti aspettavi. Ma, come proprio il film stesso ci dice, c’è una profonda differenza tra il cinema e la vita reale.
Un’esplorazione continua, immaginifica disordinata
Più che a Babilonia, questo film fa pensare alla babilonia, quella con la “b” minuscola che prende il significato di confusione totale. Piano piano Chazelle ci mostra scene sempre più incredibili, cercando a ogni passo di sorprenderci con sterzate improvvise. La sensazione è di un continuo inserimento di “cose che sarebbe interessante girare”, senza ragionare sull’organicità del tutto.
La riprova definitiva di ciò è la durata stessa della pellicola, che viaggia sul limite delle tre ore. Evidentemente non necessarie per raccontare questa storia dalle mille biforcazioni, che anzi in alcuni passaggi avrebbe giovato di una sforbiciata. Un modo per cercare di contenere questa bestia che si dimena e cerca di correre in troppe direzioni diverse.
La sensazione è quella di un Chazelle che, forse proprio perché si è “contenuto” nel film precedente, qui abbia voluto dare completo sfogo alla sua creatività. Si è lanciato in tutto ciò che poteva fare, cercando di sperimentare, di fare delle prove per testare i confini. E se dovesse raccogliere ciò che ha imparato, nel bene e nel male, e sfruttarlo per la sua prossima opera, potremmo trovarci davanti a un grande capolavoro.
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Ci sono però almeno due aspetti davvero incontestabili di questo film: Margot Robbie e Brad Pitt. La prima che riempie di energia ogni momento, dimostrando un impegno e un talento senza pari (ancora una volta, se ce ne fosse bisogno). Il secondo sempre più a suo agio nella sua maturità, che si diverte tantissimo con il suo personaggio, quasi esorcizzandolo e prendendone le distanze.
Babylon, la recensione tra pro e contro
Purtroppo non possiamo chiudere questa recensione di Babylon con un parere totalmente positivo. Ci sono troppi problemi in questa pellicola ricca sì di idee brillanti (e a volte anche scombussolanti) ma gettate in un calderone alla rinfusa, sbrodolando oltre il bordo.
Però allo stesso tempo non possiamo negare che sia stata un’esperienza potente. Prese singolarmente alcune di quelle immagini sono riuscite a smuoverci dentro, a farci spalancare gli occhi davanti allo schermo, a farci provare qualcosa. Se vogliamo, anche a ravvivare il fuoco del nostro amore per il cinema, in una maniera straordinariamente diversa rispetto a quanto fatto da The Fabelmans, ma non per questo meno efficace. E questo non è una cosa che sanno fare tutti.
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