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Un delfino in Internet: la realtà virtuale è finalmente arrivata

Ogni Nerd porta con sé un bagaglio culturale diverso, la nostra comunità possiede un intero universo di competenze diverse, di idee e passioni uniche che ci uniscono proprio perché, attraverso il confronto, il mai vecchio dialogo socratico, ci fanno crescere. 

Una premessa altisonante, vero, utile preambolo che ben spiega come una corrente culturale, sebbene condivisa e partecipata, sia ricca di persone diversissime.  Malgrado questo possiamo dirvi almeno due cose che ognuno di noi ha desiderato almeno una volta: essere Batman (o Wolverine alternativamente) e entrare in una realtà virtuale. 
Sarà che molti di noi sono figli degli anni '80 e Tron, in un modo o nell'altro, ci ha segnato con paesaggi avveniristici (considerati i tempi) e sfide in mondi digitali, ma una cosa è indiscutibile: nel nostro immaginario ogni cosa legata alla VR è una figata col botto, tanto per parlare giovine. 
Sarà che fino a qualche anno fa l'idea di dispositivi VR commercialmente accessibili era legata indissolubilmente ad una vita di delusioni (vogliamo parlare del Virtual Boy di Nintendo?), sarà che il fallimento del 3D di largo consumo (non ci stiamo a raccontarci favole, è fallito) ci aveva finalmente convinto che qualsiasi approssimazione di virtualità fosse uno spreco di tempo e risorse,ma la nuova ondata di devices VR ci ha indotto tutta una serie d'emozioni contrastanti. 
L'animo ridotto a una zona di guerra emotiva,tra cannonate di entusiasmo, proiettili di incredulità e baionettate di sospetto. ANTVR, InfinitEye, Mark V, Totem, Oculus Rift eMorpheus, questi solo alcuni (i più commercializzabili) dei prodotti che, a partire dal 2010, hanno cominciato turbare i nostri sogni di gloria intrattenitiva. Ovviamente ad alimentare questa fornace onirica di desiderio represso sono arrivate tutta una serie di periferiche avveniristiche ad-hoc come l'Omni treadmill, una pedana mobile a zero attrito, i cui sensori permettono che i movimenti compiuti nella realtà fattuale vengano trasmessi a quella alternativa e al nostro eventuale avatar. Fantastico, rave di neuronie sinapsi chiuse per festa religiosa, suburra in sguardo assente e sottile filo di saliva pendente. 
Limitando il discorso al panorama gaming, il più quotato dal punto di vista applicativo, l'idea che fra un paio d'anni questi dispositivi saranno disponibili al prezzo, grossomodo, di uno schermo tradizionale è incredibile. Il fatto più sconvolgente è che – diamine – questi trabiccoli funzionano davvero. La nostra prova con il più celebre, Oculus Rift, si é conclusa con un gran mal di maree un sorriso a 32 denti. Il primo dovuto ad una certa latenza delle immagini accompagnata da motion blur (le orecchie dicono al cervello che il corpo si è mosso, ma gli occhi no, quindi il povero encefalo sbarella vistosamente) e il secondo perché il sistema, nel complesso, è incredibilmente al passo con le nostre più rosee aspettative. 
La nuova versione del development kit di Oculus Rift sembra, tra l'altro, aver ampiamente risolto i problemi relativi alla motion sickness, con un sistema di tracking più preciso e schermi di qualità nettamente superiore. Come descrivere la sensazione ditrovarsi catapultati nella realtà virtuale? Avete presente quando un gioco vi coinvolge a tal punto che vi trovate ad improvvisare disarticolati balletti da poltrona nel tentativo, spesso vano, di schivare le pallottole? Ecco, più o meno la sensazione è quella,elevata alla decima. 
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Va considerato poi un elemento aggiuntivo: il quasi totale isolamento sensoriale. Ovviamente i vostri sensi sono tutti ben attivi e funzionanti, solo che raccontano al cervello, in evidente stato confusionale, una realtà diversa da quella fattuale. Nel corso della nostra prova abbiamo utilizzato un paio di cuffie 7.1 piuttosto performanti e l'esperienza è stata incredibile. Giocando a un titolo horror, per quanto ben realizzato, la distanza tra la realtà percepita e quella simulata impediscono all'utente di provare veramente paura, perché il cervello sa bene di non essere veramente minacciato. Con un paio di buone cuffie ed un Oculus rift sul naso, realtà percepita e realtà simulata diventano la stessa cosa quindi, subendo un colpo in-game, ci illuderemo (per poco fortunatamente) di essere stati feriti veramente. Un'esperienza tanto terrificantequanto assolutamente esaltante. Alla vista dei simpatici aracnidi della tech-demo Don't let go, tutti indaffarati a scalarci gli avambracci, abbiamo provato tutta una serie di pruriti fantasma,segno raccapricciante che il cervello è un potente bastardo e che le potenzialità di questo mezzo sono pressoché infinite. Questa è laNext-Gen che aspettiamo, non il teatrino del marketing in 4k deicolossi perché, ricordiamolo, tantissimi di questi progetti hannoradici decisamente indie. Lasciamo perdere che ora Oculus rift è di Facebook, ricordiamoci dove tutto è partito: da Kickstarter. 
Odino benedica Kickstarter, forgia di idee. Qualcuno ha detto che fare innovazione vuol dire trovare modi nuovi per fare cose vecchie. In questo senso la nostra idea di innovazione è cavalcare un dragone senza che tra noi e la sua groppa squamosa ci sia una conveniente scrivania di Ikea o un delfino cyborg che naviga in rete. Niente funzioni social o comandi vocali, solo vento, fuoco e gloria. Ancora qualche anno e, con tutta probabilità, questa sarà una realtà (parola assurdamente polivalente di questi tempi) alla portata di tutti e potremo finalmente chiudere una parentesi della nostra vita con vera soddisfazione, in attesa di diventare Batman.

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