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SuperSex: i mille volti di Rocco Siffredi su Netflix | Recensione

C’è un paradosso tutto italiano nel nostro rapporto con il cinema hard. Per quanto questo Paese sia spesso identificato come perbenista e conservatore, abbiamo una lunga lista di personaggi che si sono distinti nel settore. Non solo, ma sono anche riusciti ad attraversarne i confini, entrando a pieno titolo nella cultura popolare più ampia, chi attraverso i reality show, chi attraverso la politica, chi semplicemente essendo un’icona come Moana Pozzi. Oppure come Rocco Siffredi, uno dei personaggi più importanti di questo settore e di questo “sconfinamento”, tanto da diventare protagonista di una serie TV Netflix tutta dedicata a lui, intitolata Supersex. Uno show in cui andremo a esplorare l’intricata vita di questo personaggio, oltre, intorno e a fianco al sesso. Noi abbiamo visto tutti gli episodi in anteprima ed ecco cosa ne pensiamo…

Supersex, la vita di Rocco Siffredi approda su Netflix

La storia di una delle stelle più luminose del cinema a luci rosse inizia in Abruzzo, a Ortona, in una famiglia numerosa, ma non particolarmente facoltosa. Qui Rocco Tano (il cognome d’arte Siffredi arriverà solo anni dopo) cresce idolatrando suo fratello adottivo Tommaso e sognando di diventare Supersex, l’eroe protagonista di un fotoromanzo erotico che ha trovato per strada e che custodisce come uno dei suoi più cari tesori.

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Ma la provincia sta stretta al giovane e così decide di attraversare le Alpi, direzione Parigi. Qui trova ad accoglierlo proprio il fratello Tommaso, coinvolto con la piccola criminalità corsa, che gli offre casa e lavoro. Ma Rocco cresce e scopre il sesso, ma soprattutto scopre il suo talento. E così inizia a scoprirsi (scusate il gioco di parole) anche davanti ad altri, avviandosi verso una strada ricca di luci e ombre.

Quando diventi un personaggio iconico, che entra nell’immaginario collettivo, magari senza neanche il tuo vero nome, si crea una situazione curiosa: tutti sanno chi sei, ma nessuno sa chi sei. Tutti sanno chi è Spider-Man, ma nessuno sa chi sia Peter Parker. La serie TV Netflix Supersex quindi apre una finestra sulla vita di Rocco Siffredi, partendo da quando era ancora Rocco Tano, guidandoci in alcuni angoli meno noti.

E lo fa con un certo merito. Non è facile capire esattamente quanto è drammatizzazione e quanto è storia reale, ma va dato atto che non c’è un puro istinto celebrativo, nonostante Rocco Siffredi stesso sia coinvolto nello sviluppo. C’è spazio anche per i lati più oscuri del personaggio, che viene messo in discussione e non semplicemente applaudito.

Il problema è che non riesce a trovare un suo focus

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Lucia Iuorio/Netflix © 2024

Fare una bioseries (esisterà come termine? Nel caso, ci prendiamo il merito di averlo coniato) non è un compito facile. Non si tratta solo di raccontare gli eventi di una vita, ma di metterli in scena, dargli un senso di teatralità, usarli come tessere per creare una narrazione. Serve un obiettivo, un taglio, uno scheletro che porti in una direzione precisa.

La vita di Rocco Siffredi ne offre tantissimi di spunti in questo senso, per una serie TV come quella di Netflix. Non solo la classica ascesa al successo, non solo la rappresentazione del complesso mondo dell’hard, ma molto altro.

C’è il rapporto con la famiglia, nello specifico con la madre o con il fratello, l’aver attraversato un’era straordinaria per il mondo a luci rosse (che meriterebbe una serie TV a sé), c’è il paragone con Supersex, la maschera e cosa c’è dietro, c’è il timore delle malattie sulla fine degli anni ’80, lo stigma sociale della professione, gli annunci di ritiri disattesi, la difficoltà percepita ma anche reale di trovare l’amore facendo questo lavoro…

Ecco, Supersex sceglie di raccogliere tutti questi spunti insieme. E abbiamo fatto questo elenco andando a memoria, per cui è facile che ce ne siano altri. Il risultato è una storia che è ricca di aspetti intriganti, ma che è disorientata e disordinata. E anche un po’ troppo prolissa.

Va detto che alcuni di questi aspetti sono più centrali di altri, ma a volte sono difficili da incastrare con gli eventi effettivi. E non potendoli lasciare in secondo piano troppo a lungo, si prendono spazi che spezzano il ritmo, non avendo molto da aggiungere fino agli eventuali sviluppi futuri. Cosa che probabilmente si sarebbe potuta evitare con un minutaggio più contenuto.

Alessandro Borghi diventa Rocco Siffredi su Netflix

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Lucia Iuorio/Netflix © 2024

È davvero un peccato che questa “disorganizzazione narrativa” danneggi un prodotto che per altri versi è effettivamente interessante. In Supersex troviamo una ricostruzione affascinante, in perfetto stile The Apartment Pictures e Groenlandia, di epoche passate, di ambienti iconici e di personaggi entrati a modo loro nella leggenda. Gaia Messerklinger e Vincenzo Nemolato regalano una Moana Pozzi e un Riccardo Schicchi memorabili, pur restando nelle retrovie.

Adriano Giannini e Jasmine Trinca sono ottimi nei panni di Tommaso e Lucia (così come lo sono Francesco Pellegrino ed Eva Cela, che ne incarnano le versioni giovani). Purtroppo sono entrambi personaggi che avrebbero giovato da un minutaggio più contenuto, a nostro parere. La scelta di renderli quasi co-protagonisti li danneggia, costringendoli a una sovraesposizione.

Non c’è invece assolutamente nulla da dire sull’effettivo protagonista. In Supersex Alessandro Borghi diventa Rocco Siffredi ed è indubbiamente l’aspetto migliore di tutta la serie TV Netflix. Si tratta di un lavoro di mimesi assolutamente impressionante, che ci colpisce dalla prima volta in cui lo vediamo. Anzi meglio, dalla prima volta in cui lo vediamo sorridere.

Non che ci aspettassimo qualcosa di diverso, naturalmente. Questo attore ormai ci ha abituato a sapere regalare performance di livello sempre e comunque e anche questa volta non ci ha deluso. È riuscito a cogliere tutti i manierismi che identificano il protagonista, dalla voce alle movenze allo sguardo. Straordinario davvero.

Supersex, la serie TV Netflix su Rocco Siffredi ha un problema di economia

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Lucia Iuorio/Netflix © 2024

Forse davvero il problema centrale di questo show è il numero di episodi, non tanto per il pubblico (abituato anche a binge più impegnativi) quanto proprio per il prodotto. Optare per una versione più concisa, non per forza un film ma anche solo tre-quattro puntate, avrebbe permesso di concentrarsi meglio su alcuni temi e non diluirli in un minutaggio troppo ampio.

Nel complesso però non è un prodotto da bocciare. In una serialità italiana che ancora fatica a trovare grandi successi, la serie TV Netflix su Rocco Siffredi è comunque un esempio positivo. Che non è riuscita a sfruttare tutto il suo potenziale, ma che sarà una buona visione in questi ultimi giorni di piumone.

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Autore

  • Mattia Chiappani

    Ama il cinema in ogni sua forma e cova in segreto il sogno di vincere un Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura. Nel frattempo assaggia ogni pietanza disponibile sulla grande tavolata dell'intrattenimento dalle serie TV ai fumetti, passando per musica e libri. Un riflesso condizionato lo porta a scattare un selfie ogni volta che ha una fotocamera per le mani. Gli scienziati stanno ancora cercando una spiegazione a questo fenomeno.

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