Star Trek: Lower Decks è l’ultimo arrivo nel sempre più corposo elenco di serie, miniserie e spin-off che compongono il cosiddetto Star Trek Universe, il variegato progetto di espansione del franchise che fa capo ad Alex Kurtzman. Finora, le serie che lo compongono hanno raggiunto dei risultati… altalenanti.
Star Trek: Picard ci è piaciuto: ha offerto un’occasione per rivisitare il personaggio titolare, sfruttando l’occasione per raccontare una storia interessante senza sorreggersi esclusivamente sull’effetto nostalgia; Star Trek: Discovery, invece, si è perso un po’ per strada, rimanendo schiacciato sotto il peso delle proprie ambizioni. Lower Decks si propone di essere qualcosa di unico: un’intera serie animata di Star Trek, che si concentri non sulle epiche missioni di esplorazione delle navi più avanzate della Flotta, ma sugli incarichi di più basso livello, affidati ad una nave di nessun prestigio.
I protagonisti stessi, poi, non sono gli impavidi e perfetti ufficiali di ponte, bensì i giovani e umili membri dell’equipaggio che popolano e lavorano nei ponti bassi: sono la manovalanza, quello che fanno non è eccitante, non è apprezzato, ma è comunque indispensabile. Questa premessa è tremendamente affascinante, ma la serie riesce a farle giustizia? È tempo di approfondire!
Star Trek: Lower Decks, il setting e i protagonisti
Il setting di Star Trek: Lower Decks è la U.S.S. Cerritos, una nave di classe California. Queste navi sono relativamente piccole, e hanno un ruolo di supporto, venendo spesso assegnate a missioni di importanza secondaria. All’inizio della serie scopriamo che una tipica missione della Cerritos è quella di secondo contatto, molto meno prestigiosa di quelle di primo contatto: l’equipaggio deve intavolare la parte noiosa delle trattative con le nuove civiltà incontrate dalle navi della Federazione per assicurarsi che tutta la burocrazia sia soddisfatta e la documentazione sia completa e corretta.
Nonostante questo, la Cerritos è comandata e gestita da un equipaggio di ufficiali anziani di tutto rispetto, dei veri eroi in perfetto stile Flotta Stellare: il capitano è Carol Freeman, una protetta di William Riker. Una donna energica, determinata e decisamente sprecata per le missioni di basso livello che la Federazione assegna alla Cerritos. Il primo ufficiale, Jack Ransom, ha un fisico perfetto, è sempre super preciso nel proprio lavoro ed è totalmente privo di difetti. Il capo della sicurezza è il tenente Shaxs, un ENORME Bajoriano in grado di uccidere qualunque cosa a mani nude. Completano la squadra il comandante T’Ana, la rude caitiana che serve come ufficiale medico, e il tenente comandante Andy Billups, il timido ma super competente capo ingegnere.
Questi sono i personaggi che, rompendo la tradizionale struttura delle serie anni Novanta di Star Trek…v resteranno sullo sfondo. I veri protagonisti di Lower Decks sono infatti i cadetti e i guardiamarina, i giovani membri dell’equipaggio che siamo abituati a vedere, anzi, intravvedere ai margini della vera azione.
Brad Boimler è un ambizioso ragazzo con il sogno di diventare capitano, si impegna quanto è umanamente possibile ed è ossessionato con le regole; Beckett Mariner è l’irriverente, indisciplinata figlia del capitano Freeman, con molta più esperienza di quanto la sua posizione nella nave possa far credere. Il suo sdegno per regolamenti e protocollo, però, non le impedisce di aderire ai più alti ideali della Flotta, sebbene a modo suo. Sam Rutherford è un giovane ingegnere dotato di un impianto cibernetico, che ama il suo lavoro e passerebbe la vita nei tubi di Jefferies. Per finire D’Vana Tendi è l’entusiasta orioniana che viene assegnata all’infermeria della Cerritos ed è la più inesperta in assoluto.
Un’intera serie dedicata agli ultimi: premessa disattesa?
La struttura di buona parte degli episodi è più o meno la stessa: la Cerritos è impegnata in una delle sue missioni, e non sono i protagonisti della serie a svolgerla, bensì, come in tutte le serie di Star Trek, questo è un onore che spetta agli ufficiali anziani. Sono loro che compongono le squadre di sbarco, sono loro che risolvono le situazioni, sono loro che innescano e vivono gli eventi importanti. Tutto questo, però, accade sullo sfondo, e compone lo scenario di ciascuna puntata, che si concentra invece sui piccoli ruoli che i protagonisti svolgono in queste storie, a volte nemmeno avvicinandosi al clou dell’azione.
Quest’idea funziona alla grande: l’effetto è quello di vedere degli episodi di una serie ambientata in contemporanea ad un’altra serie ‘normale’ di Star Trek. Ciò che possiamo criticare di Lower Decks è che non hanno osato fino in fondo, non hanno davvero abbracciato questa premessa: fin troppo spesso, infatti, i personaggi dei ponti inferiori finiranno a fare la differenza, a risolvere i problemi, ad interagire con l’equipaggio di alto rango. Questo, in particolare, alla lunga gioca a sfavore dell’effetto chiaramente ricercato dagli autori: capitano, comandanti ed ufficiali perdono ben presto quell’aura di perfezione e di leggenda che la serie vuole presentare, diventando quasi subito dei co-protagonisti. I nostri umili cadetti si trovano fin troppo spesso ad essere cruciali per la riuscita della missione o per la salvezza della nave… e questo stride con l’idea di una serie che dovrebbe raccontare le fatiche quotidiane di chi lustra i pavimenti mentre gli eroi fanno gli eroi.
Nonostante questo, Star Trek: Lower Decks è riuscita. Non è una serie ambiziosa come Discovery, che voleva segnare l’inizio della nuova generazione del franchise. Lower Decks vuole essere un giochino, un divertissement, un modo scanzonato per raccontare un angolino nascosto delle storie della galassia, e in questo riesce alla perfezione. Fin dalla strepitosa sigla iniziale la serie non si prende sul serio, anzi, prende costantemente in giro se stessa e l’intero universo di Star Trek, in modo canzonato ma sempre molto rispettoso.
Il creatore della serie, Mike McMahan, ha descritto Lower Decks come una “lettera d’amore” per Star Trek; è un commento che si legge fin troppo spesso quando qualcuno mette mano ad uno storico franchise con un fandom appassionato, ma crediamo che in questo caso sia vero. Il debito verso le serie degli anni Novanta è particolarmente evidente, TNG in particolare.
Lower Decks è stracolmo di camei, di riferimenti, di strizzatine d’occhio, dalla prima all’ultima puntata. Alcuni sono forse un po’ ovvi, ma ugualmente esilaranti (adoriamo lo stile di combattimento del comandante Ransom, tutto basato sui leggendari ‘doppi pugni’ di Kirk, o i personaggi che fanno riferimento alla ‘epoca TOS’, nel senso di “those old scientists“), altri invece più criptici (il medico di bordo è una caitiana, che è una razza inventata e mostrata per la prima volta in Star Trek: The Animated Series, la precedente, e finora unica, serie animata di Star Trek), ma la raffica di easter eggs e citazioni funziona, nel contesto di una serie fatta da appassionati e per appassionati.
Star Trek: Lower Decks, finalmente in Italia
Star Trek: Lower Decks arriva in Italia oggi, su Prime Video, dopo essere già uscita in lingua originale l’anno scorso. In sintesi, si tratta di una buffa e bislacca serie che piacerà agli appassionati, forse senza entusiasmarli. Un’idea centrale interessantissima, limitata in parte dalla ricaduta di molte puntate verso una struttura più tradizionale, ma che rimane comunque un ottimo pretesto per prendersi molte libertà ed esplorare storie e personaggi che normalmente vengono ignorati. Ve la consigliamo… Solo, regolate le vostre aspettative!
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