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Triste Tigre di Neige Sinno: la letteratura non salva, ma illumina | Recensione

I libri hanno un potere che sembra magico. Quando ci sentiamo sommersi dal quotidiano, dai nostri grandi e piccoli problemi, diventano un salvagente a cui aggrapparsi per galleggiare — e vedere isole di fantasia verso cui nuotare. Ma cosa succede quando la fossa in cui siamo sommersi è profondissima e buia, la distanza dalla superficie insuperabile? Neige Sinno, l’autrice di Triste Tigre, il libro che vi raccontiamo in questa recensione, prova da tutta la vita a farsi salvare dai libri. Dalle citazioni che fa e dal suo stile, si capisce che ama leggere. Eppure scrive “la letteratura non mi ha salvata. Io non sono salva”.

TRIGGER WARNING: Il libro di cui parliamo in questa recensione tratta temi che possono turbare la sensibilità di alcuni lettori. Abbiamo scelto di segnalarlo in anticipo per dare la possibilità di scegliere consapevolmente se proseguire con la lettura o meno.

Ma se i libri non salvano, aiutano a comprendere quello che le è successo. Tra Nabokov, Virginia Woolf e Toni Morrison, Sinno usa la letteratura per illuminare, razionalizzare e rendere universale la sua tragedia: gli abusi sessuali che ha subito da parte del suo patrigno da quando era solo una bambina.

La nostra recensione di Triste Tigre di Neige Sinno

Quando il suo patrigno iniziò ad abusare di lei aveva sette anni, forse un paio di più. Nel frattempo è cresciuta, ne ha parlato con altre persone ed è arrivata a denunciarlo e farlo condannare. Lui ha confermato (quasi) ogni sua parola, ha ammesso di aver abusato della bambina che avrebbe dovuto crescere. Dalla polizia, Sinno è andata insieme a sua madre, distrutta per non aver capito che la sua bambina aveva bisogno di essere salvata.

Ora l’autrice è una donna che ha fatto della letteratura la sua vita. Ha una famiglia, un compagno che rispetta e ama, una figlia. Alla quale ha raccontato quello che le era successo quando era più piccola di lei.

Triste tigre neige sinno, foto dell'autrice
Neige Sinno © H. Bamberger P.O.L.

Sinno non scrive questo libro per liberarsi di un peso — anzi, nel libro analizza perché non crede che parlarne con tutto il mondo sia in qualche modo terapeutico. Non scrive nemmeno per vendicarsi di chi ha abusato di lei. Ha denunciato il patrigno per assicurarsi che non potesse fare la stessa cosa che ha fatto a lei a qualcun altro. Lui ha scontato la sua pena detentiva e ora ha una nuova famiglia.

No, Sinno scrive questo libro per lo stesso motivo per cui scrivono tutti gli autori: per farsi leggere. Perché la sua storia, il suo dolore, possono diventare una luce per qualcun altro. Per far sentire ad altre vittime di abusi che non sono sole, per far capire che la violenza sessuale non è un fatto raro — nemmeno quella sui bambini. Per far scendere anche chi (come chi vi scrive ora) non ha mai subito traumi di questa portata in questo abisso profondo, con una prosa capace di commuovere e una razionalità capace di spiegare l’indicibile.

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Ha scritto un libro che non può salvarla, non può davvero portarla a galla — ma può illuminare quelle profondità oceaniche di cui nessuno vuole parlare. E lo fa usando la letteratura come faro.

Leggere come chiave di lettura

Dopo aver letto della vittoria di Triste Tigre al Premio Strega Europeo, abbiamo subito voluto chiedere all’editore Neri Pozza una copia digitale per scrivere questa recensione. Non per la vittoria del premio in sé, quanto per un nome che abbiamo letto nel comunicato stampa: Vladimir Nabokov.

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Abbiamo letto l’ampolloso inglese di Humbert Humbert, il narratore di Lolita, per la prima volta quest’anno e siamo rimasti folgorati. Avevamo già visto il film che Kubrick trasse dal libro, ma la storia del romanzo ha un taglio completamente diverso (come spiega terribilmente bene Jamie Loftus nel suo Lolita Podcast). Per anni, abbiamo creduto che la storia di Lolita fosse una strana storia d’amore quella di una ragazza sessualmente precoce e di un pervertito. Invece, leggendo Nabokov, si capisce chiaramente che Humbert è un pedofilo impenitente che abusa per mesi di una bambina. Scrivendo nella prospettiva di chi abusa, Nabokov fa trapelare nei suoi resoconti fintamente romantici la violenza e le torture subite da Dolores Haze, la “sua” Lolita.

Eppure, anche intellettuali e artisti globalmente riconosciuti (come Kubrick, ma non solo) sembrano non cogliere il punto di quella storia — e il potentissimo esercizio letterario di Nabokov, nel farci odiare così ferocemente un narratore che non dice mai la verità.

Neige Sinno, invece, non solo coglie appieno questa sfumatura, ma usa questa storia per rileggere la propria storia. Anzi, per comprendere l’irragionevolezza del patrigno, che davanti ai giudici ripete quello che diceva a lei: che la stuprava perché lei non ricambiava l’amore paterno che aveva per lui, che era un modo per starle vicino. Le menzogne che Humbert Humbert ripete, per convincere più sé stesso che il lettore che il suo è amore e non violenza, spiegano in qualche modo l’ingiustificabile motivazione data dal patrigno.

Un libro (e i libri) per spiegare quello che non si può spiegare

Sinno non usa solo le parole di Nabokov per rendere universale il suo dolore. Parla di emancipazione con Virginia Woolf, di emozioni con Toni Morrison. Durante questa recensione di Triste Tigre ci siamo appuntati una mezza dozzina di libri da recuperare dopo che l’autrice li ha citati.

Fondendo la sua prosa con quella di queste autrici e autori, Neige Sinno smonta poco alla volta tutti i preconcetti che possono nascere sentendo una storia come la sua. Seppur il suo stile diretto ma terribilmente elegante sia capace di colpirci con forza, cerca sempre di usare il resoconto brutale dei suoi tormenti per farci ragionare insieme a lei. Su quello che le è successo, su quello che accade a molti altri bambini al mondo. Su cosa significa essere soli anche in mezzo alla propria famiglia, su cosa significhi essere una vittima ma rifiutarsi di essere soltanto una vittima.

La grandezza di questo libro sta nel sapere colmare la distanza fra il personale e l’universale, senza aver la pretesa di dare insegnamenti scolpiti nella roccia — anzi mettendosi sempre in dubbio. Trasforma una violenza subita in una fucina di pensieri e riflessioni, cosa estremamente rara: davanti ad abusi come quello che lei ha subito di solito non si ragiona. Si condanna il colpevole, si compatisce la vittima: nient’altro. Ma Neige Sinno ci accompagna nell’analisi di ogni possibile risvolto dell’accaduto. I thriller si fermano quando il detective di turno salva la bambina dalle mani del pedofilo — ma nella realtà la vita continua anche dopo quell’epilogo.

Triste Tigre non è una lettura facile, per quanto scritto divinamente. Ma è una lettura importante, è letteratura. Che non salva, ma illumina e, quindi, ci costringe a vedere e a riflettere.

Trovate Triste Tigre di Neige Sinno sul sito di Neri Pozza.

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Triste tigre
  • Sinno, Neige (Autore)

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Autore

  • Stefano Regazzi

    Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, Nerd da prima che andasse di moda.

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