Tutti abbiamo visto rotolare il dado e visto comparire, sulla sua faccia, quell'unica linea verticale che aveva il sapore del fallimento. Tutti abbiamo imprecato e anche odiato un po' il Dungeon Master (o il Narratore o il Galaxy master e così via) per aver dato voce al destino beffardo che ci ha fatto scivolare a terra nel bel mezzo di una battaglia, che ci ha fatto tagliare il filo rosso invece di quello blu, che ci ha fatto sbagliare strada e perdere nel più profondo della palude, invece di uscirne.
Una possibilità del 5% che si presenti il disastro totale. Certo, vi è anche la stessa probabilità che risultato del dado sia un glorioso successo, l'altra faccia di questo duetto probabilistico. Ma l'obiettivo di questa chiacchierata non è certo quello di parlare di fredde probabilità, sarebbe come spogliare il gioco di qualunque vitalità e bellezza. Vogliamo parlare dell'1 del 2 e del del Master mentre interpreta le conseguenze di quei numeri, perché a conti fatti è quella la parte interessante
Non stiamo a girarci troppo attorno: la possibilità di fallire, di sbagliare, di mancare il colpo è quello che da sapore a una qualsiasi sessione di gioco. Immaginate un dado con solo un numero, il 20: il vostro personaggio riesce in tutto quello che fa, è invincibile, inafferrabile, inarrestabile. Magari per i primi tempi potrebbe anche essere divertente, ma a breve ci si ridurrebbe come Saitama, il protagonista di One-punch Man: annoiati dall'assenza di qualunque tipo di sfida.
Riflettete bene: quali sono le storie più divertenti da raccontare e ricordare, quando si parla di giochi di ruolo? Quelle in cui avete decapitato la viverna con un colpo solo della vostra spada vorpal +5, o quando quella stessa spada è rimasta incastrata nella macchina volante nemica in fase di decollo, lasciandovi appesi come salami nel cielo della città?
Ma facciamo un passo indietro, vi va?
Cosa cerchiamo in una sessione di gioco? L'immersione in un'avventura come quelle che leggiamo nei nostri romanzi preferiti, o che vediamo sul grande schermo, giusto? E quali sono le parti più eccitanti di qualunque storia? Quelle in cui il protagonista incontra una serie di ostacoli, quando la lotta e le circostanze si fanno sempre più dure da affrontare, a livello fisico e mentale. Quando l'ombra del fallimento si fa sempre più scura.
In un certo senso è così anche per i videogames, ma qui il rischio della sconfitta viene spazzato via dalla possibilità di ritentare dall'inizio ogni volta che si commette un errore, e non potrebbe essere in altro modo, dato che la storia di ogni gioco è pregenerata, incisa nella pietra (nonostante le "grandi scelte" che le softwarehouses pubblicizzano, gli effetti sono sempre secondari per quanto riguarda l'economia generale della trama). Ed è proprio questo il più grande difetto che pesa sui giochi di ruolo elettronici: non possedendo una vera e propria intelligenza sono in grado di contemplare gli errori dei giocatori e i loro insuccessi, ma non possono gestirne le vere conseguenze. Semplicemente si muore, si ricomincia dall'ultimo checkpoint o salvataggio.
Ma sul tavolo, con i dadi in mano, con un Master dietro lo schermo la cosa è del tutto diversa (a patto che sia un buon DM, ovvio), perché quando i personaggi compiono un passo falso, vengono sconfitti e via dicendo, il buon DM non dirà "Game Over, ricominciamo dall'entrata del dungeon" ma sfrutterà questa circostanza per rendere più interessante una storia.
Perché a nessuno piace una storia "su binari" in cui c'è solo un possibile corso d'azione e un solo possibile esito: i protagonisti vincono, gli antagonisti perdono.
Ogni buona campagna, non importa di che gioco di ruolo stiamo parlando, non dovrebbe essere "costruita" da chi sta dietro lo schermo e "giocata" da chi sta dal lato opposto. Una storia per essere davvero viva deve essere creata insieme da tutti coloro che si siedono al tavolo del gioco, e non c'è nulla che renda più organica e interessante una narrazione di un insuccesso là dove tutti si aspettavano una vittoria.
Che sia dettato dalla sfortuna di lanciare un dado della vergogna, che sia dato da una pessima decisione presa da un PG, poco importa: il fallimento genera sempre una colpo di scena, una svolta negli eventi piccola o grande che sia e ognuno degli occupanti del tavolo da gioco dovrebbe saperlo: il fumble non è sempre negativo per una sessione di gioco, ma le dona vita, verosimiglianza ed emozione, oltre che qualche risata, se la cosa è ben gestita.
Può essere frustrante? Certo, noi in prima persona abbiamo visto amici lanciare "dadi sfortunati" in giro per la stanza in una serata che di propizio non aveva proprio nulla, ma anche le esplosioni emotive possono essere, se non altro, ricordate con un sorriso dopo qualche tempo, e magari possono essere incorporate nell'interpretazione.
Perché sta tutto lì: nell'interpretare un numero vuoto e freddo (il più freddo) e trasformarlo in qualcosa di esilarante, di violento, di drammatico, di pericoloso… insomma, trasformarlo in una storia
Riflettiamo: incorporare i fallimenti all'interno della trama, anziché utilizzare un semplice "Non riesci a forzare la serratura. Riprova" può essere usato anche come vero e proprio motore degli eventi: immaginate una storia come quella de le cronache del ghiaccio e del fuoco in cui tutti i protagonisti riescono nei loro intenti: la saga non inizierebbe neanche. Discorsi simili possono essere fatti per The walking dead, Berserk e chi più ne ha più ne metta.
Oppure pensate agli errori commessi in esperimenti scientifici che hanno generato, nella vita reale, scoperte inaspettate come la penicillina di Alexander Fleming.
Tutto questo sproloquio a che pro? Per dire che i nostri errori, al tavolo da gioco non devono essere visti come semplici occasioni mancate, come nei videgames, ma possiamo trasformarli in una vera risorsa per nutrire la storia che tutti insieme andiamo a creare insieme ai nostr (a volte beffardi) dadi.
Perché la storia è regina e si sa: le regine sono spesso volubili e capricciose.
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Mi è piaciuto tantissimo questo articolo! Ti fa pensare a cose che spesso non vengono dette durante una sessione di gioco, o che vengono nascoste o mal celate. Ma sono queste “piccole” cose che rendono i giochi non elettronici qualcosa di davvero unico e speciale! Grazie!