Molto probabilmente negli ultimi anni avete sentito parlare di gamification. Si tratta di un concetto diventato sempre più rilevante e valorizzato, che porta dei grandi vantaggi, creando esperienze sempre più coinvolgenti in tanti ambiti diversi. Non è però assolutamente semplice da concretizzare in progetti efficaci. Per questo abbiamo chiesto delucidazioni su come funzioni nei dettagli a Fabio Viola, uno dei più influenti gamification designer al mondo, nonché grande ospite di Giffoni Good Games, in arrivo fra poche settimane.
Fabio Viola a Giffoni Good Games 2023, un evento attesissimo
Questa manifestazione, che debutta nell’ambito di Giffoni Innovation Hub, si terrà a Giffoni Valle Piana in provincia di Salerno l’1 e 2 luglio. Un week-end che promette di essere pieno di divertimento, ma soprattutto di occasioni uniche per approfondire le sue tematiche centrali ovvero i videogiochi e gli eSport, in ogni loro declinazione.
L’obiettivo è quello di creare uno spazio capace di fare da incubatore dei nuovi trend e intercettare i desideri delle generazioni più giovani. Ci saranno quindi spazi dedicati al gaming, con tantissime postazioni di gioco, ma anche diversi momenti esportivi, dove sarà possibile vedere in azione i più grandi player del momento.
Naturalmente poi non mancheranno ospiti eccezionali, come si accennava. Il Creator District di Giffoni Good Games 2023 accoglierà tantissimi nomi dal mondo del web che potranno incontrare i fan e raccontare la propria esperienza. Dall’esperto di pop culture Dario Moccia alla stella di TikTok Andrea “Shamzy”di Raimo, passando per l’illustratrice e streamer Ckibe e molti altri ancora.
Grandi nomi anche nell’ambito del cosplay con la presenza di Himorta, una delle più celebrate artiste del settore in Europa. Senza dimenticare un trio amatissimo dagli appassionati come Nick, Lorro e Sio protagonisti dell’unico e solo Power Pizza Podcast. E questi sono solo alcuni degli ospiti che si troveranno a questo evento imperdibile.
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Ma cosa ci ha raccontato Fabio Viola?
Ora che abbiamo ripinto il contesto, è giunto il momento di venire al sodo e parlare di gamification. Che cosa significa esattamente? Come ci si può approcciare all’argomento? Quali sono gli errori da evitare? Di questo e di molto altro ci ha parlato Fabio Viola, nell’intervista che potete trovare qui di seguito!
Come definiresti il concetto di gamification per chi non ha mai sentito parlare?
Gamification significa rendere ogni momento della quotidianità un po’ più simile al coinvolgimento, protagonismo e partecipazione che quasi tre miliardi di persone già sperimentano utilizzando i videogiochi.
Cosa accadrebbe se il mondo della scuola, del lavoro e delle esperienze in ambito culturale fossero strutturati sulla cooperazione, la competizione, l’imprevedibilità, consentendo ad ogni utente di avere un’esperienza personalizzata in base alle proprie capacità e competenze?
Il mio lavoro come gamification designer, in estrema sintesi, si basa sul tentativo di portare il pubblico a parlare in prima persona (come accade in ambito gaming “io ho salvato la principessa”, “noi” abbiamo sconfitto il drago”) e non più, o quantomeno non solo, in terza persona.
Qual è stato il tuo percorso per arrivare a questo settore e perché hai scelto di approfondire proprio la gamification?
La mia è stata una formazione di tipo umanistico. Successivamente ho lavorato per alcuni anni nella game industry dove ho avuto l’onore di lavorare con Electronic Arts Mobile, Vivendi Games e tanti altri grandi produttori di titoli iconici. Durante quelle esperienze, iniziai a comprendere che si stava grattando solo la superficie dei possibili impatti del game design e del game thinking.
Sul finire degli anni 2000 iniziai un percorso di studio ed approfondimento sulle scienze comportamentali, psicologia positiva, neuromarketing che mi diedero le basi per scrivere il primo testo italiano di riferimento nel 2011 Gamification – I Videogiochi nella Vita Quotidiana ed aprire il primo blog www.gameifications.com.
Da allora, ho iniziato a sperimentare sul campo i processi di gamification per grandi aziende ed enti pubblici. Oggi il design del coinvolgimento è parte integrante dei processi interni ed esterni di quasi ogni organizzazione, essendo entrati in quello che amo definire il “secolo del gioco”.
Quali sono i preconcetti da evitare o gli errori più comuni quando si parla di gamification?
Per me, l’errore più comune è costruire un progetto improvvisando. Molti pensano che sia sufficiente aggiungere punti, classifiche e premialità per generare un sistema altamente coinvolgente. Purtroppo non è così, il gamification designer al pari del game designer è un lavoro che richiede una forte preparazione teorica ed una lunga gavetta sul campo per poter strutturare meccaniche e dinamiche di gioco.
Proprio per sfatare questo mito della semplificazione, ho progettato un mazzo di carte (PLAYABLE CARDS) da utilizzare nei progetti di gamification che, attualmente, conta 130 logiche, a loro volta suddivise per tipologia di obiettivo da raggiungere, cluster di pubblico e status del viaggio del giocatore.
L’idea di gamification evoca subito immagini di digitale, ma può essere realizzata anche tramite strumenti solo fisici. Una caccia al tesoro tra le sale di un museo è un esempio di ciò. In un mondo che si prepara ad accogliere la diffusione di strumenti come realtà virtuale e Metaverso, secondo te dove andrà a posizionarsi l’asticella tra reale e digitale di questo mondo?
Io sono un convinto fautore delle progettualità “phygital”, ovvero quei progetti in cui fisico e digitale cooperano e dialogano. Penso al progetto PlayAlghero.it che ho guidato negli ultimi anni: un’intera città infrastrutturata ludicamente attraverso un insieme di esperienze tanto analogiche quanto digitali. Buste contenenti quaderni e gadget per esplorare la città, album di figurine da collezionare entrando nei musei, ma anche veri e propri videogiochi ed installazioni interattive.
Il fisico non è migliore del digitale così come il digitale non è migliore del fisico ma dipende dal contesto e dagli obiettivi. Un videogioco può essere perfetto per raggiungere pubblici internazionali, mentre qualcosa di analogico è molto più immediato e pratico on-site.
Quanto sono importanti in questo senso realtà come Giffoni Good Games per mettere in contatto creativi e mondi differenti e aprire nuove porte al progresso?
Giffoni Good Games è un passo in avanti significativo per interrogarsi sul videogioco come spazio sociale, culturale, economico, formativo, artistico e non solo meramente di intrattenimento e tecnologico. E’ necessario che giunga a piena maturazione il nostro medium come già accaduto con il cugino “cinema”, solo allora potremo dire di aver compiuto la prima parte di un lungo e meraviglioso viaggio che ancora ci aspetta.
E con questo si è chiusa la nostra chiacchierata. Ringraziamo Fabio Viola per il tempo che ci ha concesso e vi rimandiamo a Giffoni Good Games se ne volete sapere di più!
- Chou, Yu-kai (Autore)
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