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Dune – Parte 2: la nascita di un profeta, la consacrazione di Villeneuve | Recensione

Dune - Parte Due di Denis Villeneuve arriva al cinema e segna un nuovo punto di non ritorno nella storia del cinema di genere.

Dal 28 Febbraio con Warner Bros. si ritorna su Arrakis e, come vi renderete conto leggendo questa recensione di Dune – Parte 2, lo si fa in un modo a cui non potrete assolutamente credere ai vostri occhi. Denis Villeneuve non si è semplicemente limitato a fare una seconda parte della trasposizione di una delle più complesse ed articolate epopee del mondo letterario fantastico, come appunto è il Dune di Frank Herbert. Si è spinto molto oltre quello che avremmo potuto immaginare, segnando un nuovo punto di svolta nella settima arte di genere fantastico

La fine dell’inizio

Dune - Parte Due, recensione, Timothée Chalamet

Ricominciamo esattamente da dove ci eravamo fermati: Paul (Timothée Chalamet) e Lady Jessica (Rebecca Ferguson) ed il loro cammino di accettazione tra i Fremen. Ma mentre la Bene Gesserit, con in grembo una nuova discepola della sorellanza, diffonde il verbo del “Mahdi”, il Messia, a suo dire incarnato nella figura del figlio Paul, attraverso la manipolazione dei più deboli ed il fanatismo religioso quest’ultimo assorbe ogni usanza, credenza e rigore militare dei Fremen a tal punto da diventarne parte integrante, come se fosse da sempre appartenuto a quel posto, fino a diventarne guida col nome di Muad’dib.

Attraverso il sostegno di Stilgar (Javier Bardem) e Chani (Zendaya), Paul riesce a portare dalla sua tanto le fazioni più mature quanto quelle più giovani e ribelli, temendo unicamente quella che sua madre sta coltivando con fervore e terrore: i fanatici. 

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Se da una parte abbiamo Paul, il suo cammino verso un destino di potere e sacrificio contornato dal terrore di una guerra religiosa sempre più prossima a diventare realtà, lasciando la dimensione dell’incubo e dell’allucinazione dettata dalla spezia dall’altra l’Imperatore Shaddam IV (Christopher Walken) comincia a temere che dietro il fanatismo dei Fremen possa esserci una minaccia che possa mettere in discussione tanto il suo impero quanto la dinastia Corrino.

Dune - Parte Due, recensione

E non solo lui vede i Fremen e questo misterioso Muad’dib come una minaccia, ma anche il Barone Harkonnen (Stellan Skarsgård), dopo aver distrutto tutta la dinastia Atreides (o quasi), sembra essere disposto a tutto, compreso sguinzagliare il cinico e brutale nipote Feyd-Rautha (Austin Butler), pur di sbarazzarsi dei “ratti” delle sabbie ed avere il dominio incontrastato sulla spezia.  

Messia, Mahdi o Kwisatz Haderach, come lo chiamano le Bene Gesserit, vere burattinaie di questo teatro di macchinazioni politiche e spirituali, tra i tanti percorsi profetizzati di generazione in generazione, quale sarà quello che, alla fine di tutto, sceglierà Paul Atreides? 

Un capolavoro per immagini (e non solo)

DUNE - Parte Due, recensione

Approcciarsi al testo originale di Frank Herbert non è un’impresa facile e, sicuramente, è un’impresa per pochi (e non è detto che quei pochi ci riescano). Visti i precedenti e la “storia infinita” combattuta – e mai vinta – da Alejandro Jodorowski per l’adattamento di questa epopea complessa e senza tempo, Dune è più una maledizione che una benedizione.

Ma Denis Villeneuve non è certo uno che si tira indietro dalle sfide. Ce l’ha dimostrato tanto con Arrival quanto con Blade Runner 2049, per poi confermare completamente la sua “follia” proprio con il primo film della saga, arrivato nei cinema, dopo la vetrina veneziana, nel 2021.

Il primo Dune era una promessa. Quella di dare fedelmente vita, ma senza dimenticare lo stile personale e punto di vista del regista, ad una delle saghe più importanti e seminali della letteratura (e non solo) di genere. Una promessa che con il primo film lanciava anche delle premesse che, in piccola parte, sacrificavano un po’ l’anima, l’essenza della storia e anche il ritmo. Ma, in fondo, nell’approcciarsi ad un universo nuovo, nulla può essere dato per scontato. 

Frank Herbert è stato un maestro e – concedete il termine – teorico del worldbuilding. Allo stesso modo, Villeneuve è un abile costruttore di mondi immaginari ma paradossalmente realistici. Un artigiano che ama stupire ed emozionare, al tempo stesso far riflettere, viaggiare attraverso le sue immagini.

Questo era indubbiamente il cuore, il fiore all’occhiello, il focus della prima pellicola. Un connubio di tecnica quasi poetica. Elevato alla massima potenza tra fotografia, effetti speciali, regia, sonoro. Come si può superare tutto questo? L’unica risposta plausibile a questa domanda sta proprio nella visione di Dune – Parte Due. Come direbbe il dott. Frederick von Frankenstein di Gene Wilder nel Frankenstein Junior di Mel Brooks: 

SI. PUÒ. FARE! 

DUNE - Parte Due, recensione, cavalcata verme

Dune – Parte Due raggiunge vette visive simili al miracolo. Non un “semplice film”, bensì un vero e proprio capolavoro di genere della settima arte che trascina lo spettatore dentro lo schermo, rendendolo parte attiva di quell’immaginario, sommerso dalle calde sabbie di Arrakis, circondato dagli scenari bucolici di Kaitain o inglobato nel bianco e nero inchiostrato che caratterizza la casa Harkonnen.

Le trovate visive di questa seconda pellicola, come i fuochi d’artificio fatti di inchiostro proprio per gli Harkonnen, o il contrasto tra il tono sabbioso di Dune e l’azzurro fluo degli occhi dei Fremen o del veleno profetico del verme, vanno ben oltre il “mero concetto” di perfezione. E basterebbe anche solo la potenza in bilico tra epicità ed orrore della sequenza della cavalcata del verme per confermare tutto ciò! 

Non unicamente un tributo all’immaginario di Herbert, ma anche il giusto bilanciamento di ingredienti volti a formare la perfetta “formula magica”, armonica e realistica. Si, perché ogni scenario proposto da Denis Villeneuve e la sua abile squadra, dove ancora una volta si distinguono la fotografia di Greig Fraser, le scenografie di Patrice Vermette e gli effetti speciali di Gerd Nefzer e Paul Lambert, quasi non pare appartenere ad un altro mondo, un mondo immaginario, bensì al nostro (vermi delle sabbie a parte). 

Uno spettacolo che esplode nello sguardo dello spettatore, rimbomba, vibra e tuona attraverso il comparto sonoro – abbiamo davvero bisogno di dire l’ovvio sulla bellezza della colonna sonora firmata nuovamente da Hans Zimmer!? – rimettendosi dallo schermo alle sedute, attraversando il corpo stesso, e che ritorna ore e giorni dopo la visione. Sovrasta completamente la mente. La incatena ad un tipo di immaginario che conduce verso una grande certezza: aver assistito a molto più di un racconto per immagini, ma ad una vera e propria svolta per linguaggio cinematografico.

Un film che resta e resterà. Un film da ritrovare nei libri di cinema e che con immensa decisione, soprattutto rispetto al capitolo precedente, decreta un punto di non ritorno. E questa volta, non solo per le immagini. 

Fede, libero arbitrio o fanatismo?

Dune - Parte Due, recensione, Seydoux, Butler

Andando avanti nella recensione di Dune – Parte Due, se il primo capitolo rappresentava la semina, questo è decisamente la raccolta. La promessa viene mantenuta. Il tempo per le premesse è finito. Ciò che rende davvero un capolavoro questa pellicola, senza aver paura di usare per una volta in maniera sensata questo termine, è il suo equilibrio tanto nella tecnica visiva quanto nella narrazione, forse punto più dolente della prima pellicola.

Si peccava un po’ di anima, dovendo necessariamente illustrare personaggi, introdurre regole, intrecci e far entrare in quell’idea di mondo. E questo incideva moltissimo anche nel ritmo, soprattutto per la prima parte di film. Il montaggio di Dune – Parte Due, invece, è pura poesia. Lo scorrere tanto delle immagini quanto delle azioni ed eventi è fluido ed incalzante.

Intrattiene e portano alla fine quasi in un soffio, senza però rendere il tutto frenetico. A voler essere davvero fiscali, pecca che spesso si ritrova nel cinema di Villeneuve, avvicinandosi al terzo atto gli avvenimenti vengono un po’ condensati dando quella lieve sensazione di fretta, ma che fretta non è mai per davvero.

Libera dal peso dell’introduzione, la sceneggiatura di Denis Villeneuve e Jon Spaihts può scendere in profondità. Anzi, hanno l’ardire di ampliare il materiale originale, riuscendoci con eleganza e potenza. Una crescita, una maturità necessaria per rendere l’opera di Herbert ancora più attuale e vicina a noi. Perché sì, così come Herbert non parlava unicamente di un “salvatore bianco”, bensì la sua saga era un vero e proprio trattato sociologico tra religione e politica, filosofia e specismo, Denis Villeneuve prende questi elementi e, attraverso la grande forza del filtro del fantastico, li mette a confronto con il nostro mondo: le guerre religiose, la crisi climatica, la discriminazione, la corsa al petrolio, i nuovi idoli e santoni da seguire senza mettere in discussione la loro mancanza di etica e morale. Questo è Dune – Parte Due, ma non solo. 

DUNE - Parte Due, recensione

Rigore, sacrificio e religione sembrano essere le parole chiave di questa storia, ma c’è anche sentimento. Un sentimento che non va contro la ragione ma, anzi, diventa paradossalmente un’unica cosa con gli ideali. Ovviamente gli ideali ognuno li porta avanti come meglio crede. E non sempre questo coincide con un “bene universale”.

Se Paul si annulla, sprofonda nelle sabbie per rinascere non più come Paul Atreides, bensì come Paul Muad’dib Atreides, mescolando lo spirito, la tradizione e l’addestramento di due mondi, per ottenere la fiducia necessaria da portarlo a diventare la nuova guida dei Fremen ma anche per andare oltre un concetto di destino già scritto basato su “un’unica” linea di sangue, Lady Jessica usa la forza del fanatismo religioso per creare un esercito ben più potente di qualsiasi soldato.

Un esercito accecato dalla luce e dell’amore verso il Mahdi profetizzato, un Messia pronto a guidare il popolo Fremen verso la rinascita, la conquista dell’Impero, imporsi e riscattarsi nei confronti del Landsraad, il ritorno di un mondo non fatto più di sola sabbia, aridità e sterilità. Prepara il terreno per una vera e propria Guerra Santa, rendendo sempre più tangibili e drammaticamente reali gli incubi e le visioni dello stesso Paul.

Ed è così che le sabbie di Dune diventano tanto un luogo di promesse e sospiri, quanto uno scenario di orrori, carestia e sofferenza. Eppure tutti, per fede, sarebbero disposti a gettarsi nell’oblio più sconfinato. E non fa forse paura questo? Non è qualcosa che, in fondo, viviamo ancora oggi? Ciclicamente, quasi dimenticando la funzione del libero arbitrio, del ragionare con la propria testa, mettendo in discussione pensieri, teorie, pratiche, lì dove si pongono in contrapposizione con quella che è la nostra etica e morale.

E, invece, sempre di più a masse smosse dal pensiero del singolo, anche quando quest’ultimo non ci convince del tutto. E perché seguirlo, allora? Per non restare indietro. Non restare soli. Aderire ad un gruppo, un pensiero, finire per idealizzare a tal punto da non vedere gli evidenti limiti, criticità. 

DUNE - Parte Due, recensione, Rebecca Ferguson

La manipolazione è un altro dei temi portati avanti da Dune – Parte Due attraverso i suoi personaggi; o meglio, attraverso le sue protagoniste. Lady Jessica e le Bene Gesserit sono la chiave di questo universo il cui destino è falsamente guidato dalla mano degli uomini. E forse, qui, entriamo anche nella dimensione del privilegio: quando sai che qualcosa ti spetta per nascita più che per merito, diventi distratto, pigro, la dai per scontato, ed è più facile mostrare il fianco a chi, invece, mette realmente il genio, la furbizia e l’intelligenza, per potersi insinuare dall’interno.

Formalmente la sorellanza, piena rappresentazione della Sacerdotessa, tramite tra il volere delle divinità e le richieste del mondo terreno, non potrà mai sedere sui troni dell’Impero. Eppure, la loro macchinazione ci porta a comprendere molto chiaramente come già lo facciano, da sempre, tirando le fila di ogni discendente, ogni nuovo Imperatore o Sorella, messo in grembo. Ma quanto il destino può davvero essere costruito a tavolino? Fino ad un certo punto. Ed è proprio qui che il Kwisatz Haderach delle Bene Gesserit diventa diverso da come lo avevano “progettato”.

Il meglio della new Hollywood in un solo film

DUNE - Parte Due, recensione, Timothée Chalamet

Avvicinandoci verso la conclusione di questa recensione di Dune – Parte Due, arriviamo al cuore di questa pellicola che risiede nei personaggi. Un cast perfetto non solo per quanto riguarda l’evidente estetica, ma anche per il livello di bravura e performance di questi giovani e talentuosi artisti che rappresentano totalmente la new Hollywood.

Sulle spalle di Timothée Chalamet grava il peso più infausto. Se nella prima pellicola, Paul ci viene introdotto e presentato in una zona di bilico, ancora troppo giovane, vulnerabile e tormentato, nonché travolto da una serie di eventi che neanche lui può comprendere o controllare, in questa seconda parte il percorso, viaggio e, di conseguenza, arco evolutivo di questo personaggio ci è più chiaro che mai.

Chalamet si rivela abile e decisamente più credibile nel mostrarci le sfumature di questo cambiamento, nell’abbracciare la profezia ma, al tempo stesso, avere l’ardire di poterla dominare, potere dettare lui legge, rendendo la sua stessa esistenza ancora più imprevedibile. Il suo dramma, le sue scelte, le contraddizioni con cui deve confrontarsi, sono complesse, profonde e dolorose.

Non c’è un’accettazione cieca. Paul affronta un processo di scoperta ed evoluzione, di dolorosa comprensione di ciò che voglia davvero dire essere un Messia, ed è terrorizzato da questo. Non vuole essere l’eroe di questa storia ma è chiamato ad esserlo, però non come vorrebbero le Bene Gesserit, né come vorrebbe sua madre e nemmeno, personaggio chiave per questo percorso di Paul, come vorrebbe Chani; ma come vorrebbe lui, come la via che lui stesso ha visto, lastricata di orrori, perdite e decisioni che lo allontaneranno ancora di più da ciò che era un tempo, ma necessaria per un bene più grande.

DUNE - Parte Due, recensione, Austin Butler

E così come Chalamet riesce a decodificare perfettamente la scrittura di un personaggio così complesso e che più di quanto si possa immaginare si muove su di una zona grigia, allo stesso modo Austin Butler si mostra essere il migliore Feyd-Rautha mai trasposto sul grande schermo.

Per chi viene dai libri di Herbert, sa che Rautha avrebbe meritato molto più spazio, e per quanto Villeneuve non possa cambiare drasticamente la storia, da però a questo personaggio uno spazio molto più ampio e decisivo. Da sempre specchio oscuro di Paul, la trasformazione di Austin Butler è tanto meravigliosa quanto terrificante. Un incubo vero e proprio alimentato di pece, sangue e violenza. Divino!

Arriviamo poi alle meravigliose donne di questa pellicola, protagoniste indiscusse. Smaniamo nel sapere in che modo Villeneuve continuerà ad ampliare la potenza di questa personaggi, a partire dalla Lady Jessica di Rebecca Ferguson, madre, incantatrice e villain al tempo stesso. Uno dei personaggi più riusciti di questo adattamento, superiore perfino all’originale e mai messa in ombra, così come le sue compagne, dall’aura di Paul.

DUNE - Parte Due, recensione, Zendaya

Il suo opposto, così come quello della sorellanza stessa, è proprio la Chani di Zendaya. Consapevolezza, ragione e sentimento. Chani è una delle eroine migliori che mai siano state trasposte al cinema. Fedele a se stessa e al suo popolo. Guerriera e figlia della sabbia. L’amore sincero per Paul non offusca mai il suo senso del giudizio, ma la sua emotività è complessa, stratificata, pulsante. Finalmente vediamo Zendaya animare al meglio questo personaggio, dandoci l’ennesima prova di una bravura intima ed intensa, appassionata e, a tratti, feroce.

E proprio come un ventaglio dell’emozioni, dall’altra parte abbiamo un primo piccolo ma incisivo assaggio anche della principessa Irulan Corrino di Florence Pugh. Il volto angelico ed innocente nasconde un’intelligenza ed una saggezza quasi atipica ma che trova la sua spiegazione in un’istruzione che fin dalla più tenera età l’ha messa di fronte ai segreti, intrecci e possibili futuri del suo universo. Non un personaggio semplice, ma per quel poco che abbiamo potuto vedere, Pugh sembra aver ben capito come restituire l’essenza di questa figura che speriamo di poter ritrovare molto presto.

DUNE - Parte Due, recensione, Florence Pugh

È ormai chiaro come Dune – Parte Due sia un film di svolta tanto per il linguaggio cinematografico quanto per le nuove generazioni. Denis Villeneuve fa sul grande schermo ciò che Frank Herbert stesso fece su carta in ambito fantascientifico, esattamente come nel fantasy lo fece prima J.R.R. Tolkien in letteratura e Peter Jackson al cinema.

È un processo naturale, si chiama evoluzione. Il cinema è arte ed è linguaggio e tanto l’arte quanto il linguaggio si evolvono, ed assieme a loro quei film che fanno da apri pista o punto di non ritorno da cui ricominciare a pensare il genere. Al di là del budget e del cast, Dune – Parte Due di Denis Villenueve fa esattamente questo.

E ciò rappresenta un momento storico fondamentale tanto per il cinema di genere quanto per la storia del cinema, un momento che continueremo a ricordare e tramandare anche quando, inevitabilmente e giustamente, arriverà un nuovo film di cambiamento. L’abbiamo già fatto e lo faremo ancora. Ma, adesso, non possiamo fare altro che aspettare e augurarci che questo universo continui a vivere ed essere espanso con la stessa qualità se non, pensando proprio a Il ritorno del Re, ancora più grande.

Dune – Parte Due è al cinema dal 28 Febbraio con Warner Bros.

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Dune. Il ciclo di Dune (Vol. 1)
  • Editore: Fanucci
  • Autore: Frank Herbert , Giampaolo Cossato , Sandro Sandrelli
  • Collana:
  • Formato: Libro in brossura
  • Anno: 2019

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Gabriella Giliberti

Gabriella Giliberti, nata a Martina Franca nel maggio del 1991, è una critica cinematografica televisiva, scrittrice e content creator. Dopo essere cresciuta a cinema horror, vampiri e operetta, si è formata a Roma, specializzandosi in storia del cinema, sceneggiatura e critica. Dal 2015 al 2022, è stata penna e volto del sito Lega Nerd, ricoprendo il ruolo di capo redattrice nella sezione Entertainment dal 2019 al 2022. Collabora regolarmente sia su riviste online che cartacee, ed è presente come inviata, moderatrice e speaker presso i principali Festival e Fiere. Attraverso il suo profilo @GabrielleCroix su Twitch, TikTok ed Instagram condivide e divulga l’amore per la pop culture con la sua community e pubblico di appassionati. Ha partecipato all’antologia “Emozioni da giocare” (Poliani, 2021) e “Moondance – Tim Burton, un alieno ad Hollywood” (Bakemono Lab, 2023). Da sempre appassionata di mostri, attualmente è a lavoro su diversi progetti che riguardano la rappresentazione del mostruoso nella società. “Love Song for a Vampire – Etologia del Vampiro da F.W. Murnau a Taika Waititi” (Bakemono Lab, 2023) è il suo primo libro, e non ha intenzione di smettere.

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