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Cinzia: la comicità che può ridere senza deridere

Leo ci racconta la sua Cinzia, senza freni

Cinzia Otherside ne ha fatta di strada dal suo debutto, nel lontano 1990, su una delle primissime pagine di Rat-Man in assoluto. Un personaggio come un altro, poco più che un espediente comico. Quando consegna a Rat-Man la copia di Topolino che gli fa avere la realizzazione sul suo futuro da supereroe, riceve un bacio che le fa avere la propria, di realizzazione. Da quando l’allora “postino Paul” ha capito di essere Cinzia, ne ha fatta di strada.
Anche Leo Ortolani ne ha fatta di strada, da quel primo numero di Rat-Man. Oggi è l’indiscusso re della comicità italiana a fumetti, e ha appena pubblicato, con Bao Publishing, una graphic novel la cui protagonista è proprio Cinzia.

La Cinzia di Leo Ortolani, protagonista

 
Cinzia Leo Ortolani Bao
Non sono, tuttavia, gli unici ad essere progrediti. Anche il mondo è progredito, e le voci delle persone transessuali (che, badate bene, sono sempre esistite) hanno un po’ più visibilità di allora. E non sono le uniche.
Le tematiche riguardanti il genere, l’orientamento sessuale, e la fluidità di entrambi questi concetti sono sempre più discusse e, anche grazie al web, sono giunte alle orecchie anche di chi non fa parte della comunità LGBTQI+, e non ha modo di toccarle con mano.
Questo contatto è positivo ma non è, non è mai stato, e forse mai sarà, semplice. L’empatia deriva dalla comprensione, e la comprensione di una cosa alla quale non si è mai stati educati, e che anzi, è sempre stata trasmessa come un aberrante taboo, non è facile. E noi benedetti esseri umani, dai secoli dei secoli, quando non capiamo bene una cosa e ci sentiamo ignoranti, tendiamo ad arroccarci nella nostra fortezza di certezze, tirare su il ponte levatoio, e lanciare olio bollente su chiunque si avvicini. Perché se io non capisco una cosa, allora non ha senso, e non voglio capirla.
Questo ha portato ad un generale clima di insofferenza nei confronti di tematiche che prepotentemente (finalmente!) si fanno strada nel discorso comune: sessualità, genere, discriminazioni. Insomma, per usare quel termine che appare almeno una volta ogni 20 commenti su Facebook, politically correct.
Una delle cose principali di cui si accusa il politically correct, assieme al fatto che signora mia non ci sono più le mezze stagioni, è di aver rovinato la comicità. “Non si può più scherzare di nulla, perché c’è sempre qualche categoria marginalizzata che si offende”, è il concetto di base, “una volta il mondo non era così”.

La comicità al passo coi tempi

 
Se torniamo indietro di oltre vent’anni, in effetti, e rileggiamo quelle pagine in cui Cinzia veniva chiamata al maschile e definita “un transessuale”, e non “una donna transessuale”, alcune di quelle battute suonano come uscite da un altro tempo. Un tempo in cui non c’era molta occasione di essere educati sulle tematiche di genere, e “i transessuali” erano considerati per il tempo di una battuta. È comprensibile che un fumettista di quel momento, una persona abituata a quella comicità, senta il suo stile minacciato dai tempi che cambiano, dall’educazione collettiva che aumenta, dalle voci stufe di chi pretende rispetto. Un fumettista qualunque sarebbe irritato, forse, un umorista qualunque, probabilmente. Ma Leo Ortolani non è nessuna di queste due cose. E lo si capisce da due righe.
https://www.instagram.com/p/BmfnHd5nm1X/
Quando ancora sbagliavo e scrivevo di CINZIA che era “un” transessuale, invece che “una” transessuale.
Farò ammenda con il libro, prometto.
A Lucca Comics e Giochetti, quest’anno.”
Seguivamo lo sviluppo di Cinzia con curiosità da mesi, ma quando abbiamo letto queste due righe abbiamo saputo immediatamente che sarebbe stato un volume meraviglioso.
La capacità di ammettere che in passato si ignorava qualcosa.
E il coraggio di educarsi.
Uniti alle straordinarie abilità di Leo erano gli ingredienti per una storia che avrebbe fatto scintille, ne eravamo certi.
Non ci sbagliavamo.

Perchè leggere Cinzia?

 
Cinzia fa ridere, da morire. Si ride delle persone transessuali, si ride della comunità LBGTQI+ e di tutte le sue complicate sigle e identità nuove ogni giorno. Si ride degli stereotipi, dei 30 centimetri di troppo, degli omofobi, delle associazioni anti-gender. Si ride di tutti e nel solito modo dissacrante e senza freni di Leo. E non ridono solo i suoi lettori affezionati, o i profani. Ride anche il Movimento di Identità Trans, che ha approvato e sponsorizzato la graphic novel perché, nelle parole di Marylou Di Martino (Vice Presidente del MIT), “prendiamoci per il culo ogni tanto”.
Distratto da una battuta qua e un glitter là, non ti accorgi quasi che Leo ti sta accompagnando per mano nei meandri di una storia profonda, e quando te ne accorgi ci sei dentro fino al collo, e l’empatia per Cinzia non può che venire naturale.
Cinzia si innamora, facilmente e con leggerezza, come tutti dovremmo. Viene rifiutata da un uomo che non si accetta, e resta a testa alta. Ama la sua comunità, ma non esita a criticarla. Il mondo cerca di insegnarle ad essere qualcuno che non è, ma lei sa benissimo come essere sé stessa, e non ha paura di farlo.
Cinzia è un personaggio pieno, pienissimo. La regina assoluta della sua graphic novel, e qualcuno che non si può fare a meno di ammirare, con la quale non si può che empatizzare.
Ed è così che quel contatto complicato di cui parlavamo sembra tanto più semplice, che ancora una volta per fare il discorso più lungo del mondo basta una battuta. Cinzia è la dimostrazione tangibile, nero su bianco, del fatto che, per usare le parole di Leo, si può ridere senza deridere. È la prova finale che rispettare le persone e la loro dignità non uccide la comicità, uccide soltanto quella di bassa qualità, della quale possiamo comunque tutti fare a meno.
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Proprio Marylou Di Martino, citata precedentemente, durante la presentazione di Cinzia alla Libreria IGOR di Bologna, ha posto a Leo una domanda molto interessante, che vorremmo riportare assieme alla sua genuina risposta:
Marylou: “Tu hai avuto un coraggio incredibile, nessun autore cisgender e etero, o comunque che non aveva particolari affiliazioni con la comunità LGBT, prende in mano un argomento così complesso come l’esperienza trans e ne fa una cosa ironica.
Al MIT ci piace sempre ricordare come in realtà essere rigidi presupponga una facilità maggiore a spezzarsi (e non sto facendo battute falliche). Quindi ironizzare sull’esperienza trans è una cosa che va fatta tutti i giorni, come esercizio di sopravvivenza a questo mondo, perché non siamo nate nel corpo sbagliato, al massimo è il mondo che è sbagliato. Quindi, ritornando alla domanda, il coraggio chi te l’ha dato?
Leo: ” Non è coraggio, è incoscienza. Io conosco Cinzia da vent’anni, l’unica persona trans che conoscevo era lei, e questa la dice lunga sulla mia psicologia interna. Sono un po’ un babbano, ma non credo ci sia voluto molto coraggio. [… ]
Una volta che tu sai che stai facendo una storia in cui ridi e non deridi, non ci vuole coraggio. Ci vuole coraggio a deridere qualcuno, a scrivere qualcosa sapendo che gli farai del male.
Ringraziamo la Libreria Igor e i fotografi Vittorio Giannitelli e Valeria Altavilla per le foto contenute nell’articolo.
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