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Via col vento, la profondità di uno stereotipo

La HBO ha proposto il suo disclaimer per il ritorno del film; cerchiamo di comprendere ragioni e destinatari di questa iniziativa

È notizia di qualche giorno fa che la HBO ha finalmente reintrodotto nel catalogo del proprio servizio di streaming HBO Max il film Via col vento, temporaneamente rimosso per poter essere integrato con un disclaimer introduttivo. La decisione dell’azienda è arrivata in seguito ad un lungo e sentito editoriale di John Ridley sul Los Angeles Times, ma si inserisce nel più vasto e complesso contesto delle proteste scoppiate in tutto il mondo e nella grande conversazione riguardo ai temi di discriminazione e razzismo che interessa questo momento storico.

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Il disclaimer a Via col vento è stato affidato alla voce di Jacqueline Stewart, una professoressa di cinema dell’Università di Chicago, e sottolinea tutte le problematiche che il film si porta sulle spalle fin dalla sua uscita. Il problema, per essere chiari, non è tanto che Via col vento sia ambientato in un’epoca dove la schiavitù era una drammatica parte della vita di tutti i giorni: il problema è che il film ne dà una rappresentazione scorretta, uno scenario quasi romantico dove gli schiavi neri conducono una vita allegra e piacevole in armoniosa compagnia con i propri padroni bianchi. Non solo, ma si ripropone una visione della fazione sudista se non del tutto positiva, certamente inadatta a rappresentare chi lottava per difendere il proprio diritto a possedere delle persone.

Inquadrare il problema di Via col vento

Sarebbe ingenuo, o peggio, malizioso trattare questo come un semplice problema di accuratezza storiografica. Via col vento non è un documentario, non tenta di offrire una ricostruzione certosina di un periodo storico. È soprattutto una vicenda umana, in fondo: quante altre opere ambientate in epoche passate sono strapiene di strafalcioni? E infatti il fulcro della questione non sta nella pretesa, assurda, che il film dovrebbe avere una maggiore precisione storica. La questione è un’altra: Via col vento è un film degli anni Trenta, un periodo in cui la segregazione razziale negli Stati Uniti era una realtà. Scegliere di rappresentare la schiavitù e il dominio dei bianchi sui neri come un non-problema, scegliere di mostrare Mami che si prende amorevolmente cura della sua adorabile padroncina bianca con una parlata fortemente stereotipata, scegliere di ignorare la realtà della violenta e sistematica oppressione dell’epoca non è una negligenza storiografica, ma una precisa scelta politica, se non ideologica, ed è questo il nocciolo del problema, peraltro già chiaramente identificato all’epoca. Via col vento ha ricevuto critiche sulla questione fin dall’uscita.

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Il problema non fa che aggravarsi con il passare del tempo. È facile derubricare Via col vento un “figlio del proprio tempo”: è un film degli anni Trenta, negli anni Trenta erano razzisti, quindi è sufficiente fare la “tara” ed interpretare ciò che si vede in questo senso. Il punto è che il tipo di razzismo presente nel film non è palese, non è ovvio. Non ci sono personaggi che discutono in modo naturale ed esplicito dell’inferiorità dei neri, né ci sono troppi stereotipi negativi. Anzi: Mami, da un certo punto di vista, è un personaggio saggio, buono, positivo. Il razzismo di Via col vento è, come dicevamo, su un altro livello, molto più insidioso: è il racconto di un mondo che non è mai esistito, di un Sud pacifico e sereno, di una schiavitù che non era poi così male. Insomma, una totale travisazione della realtà che è abbastanza verosimile ed attraente da offrire una straordinaria occasione per gli spettatori di convincersi che sì, ok, il razzismo è male…ma in fondo, dai, non è che soffrivano proprio tutti così tanto, no? È proprio questa copertura di zucchero ad essere il problema più grande, perché è esattamente ciò che una larghissima fetta di pubblico vuole disperatamente, per darsi il permesso di non affrontare il problema. “Occhio non vede, cuore non duole”, insomma, ed è proprio questa la preoccupazione che il disclaimer di HBO vuole affrontare.

Obbiettivi e destinatari del disclaimer HBO

È ovvio che chi è già in possesso di tutte le nozioni di contesto necessarie non avrà particolare necessità di questo disclaimer, così come è ovvio che chi è un razzista convinto non cambierà certo idea. Il fatto è che la stragrande maggioranza degli spettatori non fa parte di nessuna di queste due categorie. Si tratta di persone sicuramente contrarie alle discriminazioni, anzi, che inorridirebbero alla sola idea di essere considerate razziste, ma che hanno da sempre, per lo più inconsapevolmente, contribuito a far sopravvivere un’infinita serie di stereotipi e convinzioni che ormai fanno parte del contesto culturale e che costituiscono quel terribile muro di gomma che impedisce di vedere, e quindi di affrontare, i veri problemi. Via col vento è assolutamente parte di questo contesto culturale, e il disclaimer di HBO è un piccolo passo nella giusta direzione, verso lo smantellamento di tutti questi stereotipi all’apparenza innocenti. L’idea che i neri abbiano il ritmo nel sangue, siano bravi a basket e simili stereotipi sono infinitamente più dannosi delle teorie pseudoscientifiche del KKK, proprio perché le ultime fanno presa solo sui fanatici, contro cui nessun ragionamento può valere, mentre la prima è diffusa fra le “persone per bene”, che possono e devono essere educate ad una maggiore consapevolezza.

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Non si tratterà certo di un passaggio rapido, né semplice. Così come non basta vedere Via col vento per diventare subito un mostro razzista, allo stesso modo non è sufficiente un ‘avviso ai naviganti’ per eliminare il problema della discriminazione. Si tratta di un processo lento, che passerà (e in realtà sta già passando) per tante fasi successive verso una maggiore consapevolezza. Al caso di Via col vento ne seguiranno tanti altri anche tra grandissimi classici del cinema (tra i candidati principali, il sig. Yunioshi di Colazione da Tiffany) e questo sarà solo un piccolo passo. Tutti insieme però permetteranno di coprire la stessa distanza di un grande balzo.

La prospettiva resta quella del lungo, anzi lunghissimo periodo. L’obiettivo non è cambiare le convinzioni di chi già le ha formate e, ormai, cristallizzate quasi del tutto. Al contrario, si punta a indirizzare al meglio quelle menti che ancora devono trovare la propria posizione, evitando di esporli a concetti dannosi senza le dovute cautele. L’impatto di quanto sta accadendo con Via col vento, e non solo, non lo vedremo mai in prima persona. Ma dobbiamo farlo comunque per offrire alla prossima generazione (e sempre di più a quelle successive) un mondo più inclusivo ed equo. O almeno, dobbiamo provarci.

Testo a cura di Mattia Chiappani e Gabriele Bianchi

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