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Mele spinte col naso, metà prezzi latitanti e Mimmo Quaquaraqua.

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A television screen smashed by a beer bottle --- Image by © Jason Stang/Corbis

Tv. Non ho guardato la tv per anni perché in famiglia ne avevamo una sola e lasciavo campo libero ai miei genitori. Dato che loro, più che altro mia madre, hanno predilezione per i Gialli e simili, la scelta ricadeva su: l’ispettore Derrick, la Signora in Giallo, Colombo, l’ispettore Barnaby, il commissario Rex, Miss Marple, Maigret, Don Matteo… Non che i miei abbiano istinti omicidi. Mia madre guarda queste serie tv, spesso ambientate in graziosi cottage, per copiare cuscini, tende e arredamenti interni (a parte Derrick e il commissario Rex, anche perché non mi sembra, così a naso, che Tedeschi e Austriaci possano insegnare molto rispetto all’arredamento d’interni (niente da dire sull’architettura, per carità!). Mio padre invece finisce per addormentarsi, svegliarsi di colpo e dire la prima cosa che gli viene in mente per fingere di essere attento. Esempio: “Secondo me l’assassino è lui!”. Salvo poi scoprire che si tratta di un flashback e che il tizio in questione è l’assassinato.
Comunque.
Da quando vivo sola OGNI TANTO mi capita di accendere la tv. Se non si tratta di film non le dedico mai tutto il mio tempo. Cioè: non mi siedo sul divano a vedere quella cosa rettangolare e basta.
Magari sfaccendo e butto un occhio.
Cosa capita?
Capita di vedere un documentario sui Guinness dei Primati. E che primati!
C’è un tizio che detiene il record per aver spinto col naso una mela (o un frutto) per un tot di chilometri.
Un altro che ha il primato di “inghiottimento” di acini al volo (glieli lancia il fratello).
Un altro ancora compare nel libro dei Guinness dei primati perché attorciglia piccioli di ciliegia con la lingua.
Ma insomma!!! Non c’è proprio altro da fare?
Un individuo deve PROPRIO investire migliaia di ore della sua vita per esercitarsi a centrare caramelle o acini lanciati da un altro che evidentemente ha molto tempo libero pure lui?
Con tutto il volontariato che si potrebbe fare?
In genere questi primatisti, nelle loro interviste, si raccontano dicendo: “Da piccolo tutti mi prendevano in giro perché non ero portato per lo sport”. Oppure: “Volevo che mio padre fosse orgoglioso di me”. Oppure ancora: “Vorrei che i miei figli, un giorno, non dicessero: ‘Questo è mio padre’. Ma: ‘Questo è mio padre, quello che ha il record di lanci di frusta al minuto'”. 
Cooosaaa?
Ho spento. Non si può mica rischiare di contribuire ad aumentare gli ascolti di un documentario del genere.
Non dico di girare solo documentari sulla fusione nucleare o su Madre Teresa di Calcutta… ma una sana via di mezzo non c’è?
E poi. Io parlo da autrice ferita, quindi ammetto di non essere al di sopra di ogni sospetto, ma vorrei sapere quanto è pagato colui o colei che scrive i testi per le pubblicità dei divani.
Vorrei conoscere chi ha pensato al gioco di parole: “Chapeau-Chateau”, ma soprattutto vorrei conoscere chi scrive i testi per Sabrina Ferilli: “Cerca il metà prezzo? Aspetti che lo chiamo. Metà prezzo? Non risponde”.
Ahhhhhhhhhh. Quando m'imbatto in quello spot devo togliere l’audio perché vado fuori di testa.
Ma evidentemente è una formula pubblicitaria che funziona! Io piuttosto mi siedo per terra, ma forse c’è qualcuno che corre a comprare quel divano perché si fida di quel testimonial e soprattutto ASCOLTA cosa dice e ride pure!
In cuor però mio spero che l’autore di quello spot sia stato obbligato, pena il mancato pagamento del compenso, a scrivere quella roba. Forse il proprietario di Poltronequalcosa l’ha minacciato di morte immediata. Oppure… oppure negli studi televisivi e nelle case di produzione italiane gira ancora questa teoria (o legge non scritta ma imposta da chi “fa tv”): “Quando un autore deve scrivere un prodotto per la tv (soprattutto per i grandi canali) deve immaginare di dover comunicare con una casalinga di mezza età che vive al sud”.
Giuro che è una frase che mi è stata detta più volte durante lo studio e la stesura di format tv.
Ed ecco che si crea il famoso quanto imbattibile circolo vizioso: scriviamo e produciamo porcate, il pubblico adegua il gusto e la sensibilità a suddette porcate. Oppure, visto dall’altro lato: il pubblico vuole vedere e sentire cose inutili, forniamogli programmi inutili.
E ripeto: non scrive una che guarda solo documentari sull’energia rinnovabile o film d’autore.
Per concludere, vi confesso che ho guardato qualche volta Colorado (do per scontato che sappiate cosa sia, anche perché già solo facendo zapping lo si può intercettare). Perché l’ho fatto? Perché mi sono trovata esclusa da alcune conversazioni non sapendo chi fosse tale o tal altro comico.
Non che io soffra di complessi di inferiorità o che debba fare assolutamente conversazione, ma non volevo “fare la vecchia”, perciò ho guardato un paio di puntate “per farmi un’idea”.
Risultato?
Appena sento partire la canzoncina di Mimmo Quaquaraqua vorrei scagliare il telecomando contro il muro (perché non sempre riesco ad attivare la funzione di muto prima che la canzone finisca, forse dovrei cambiare le batterie al telecomando).
Per non parlare del tizio che legge la finta traduzione del suo interprete. La prima volta pensavo di aver perso il filo del discorso. Ho pensato: “Non stai ridendo perché non capisci”. Allora l’ho visto una seconda volta: “Non rido perché non fa ridere”.
Detto questo. Ognuno ha i suoi gusti, ognuno fa l’umorismo che vuole. Se certe cose fanno audience un motivo ci sarà.
Conclusione: non sono un animale da tv. Pazienza, ho solo sbagliato epoca.
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