Il 2019 è un anno fondamentale per il progetto dei live-action Disney. Sono infatti ben tre i titoli che appartengono a questa nuova serie di film lanciati dallo studio, a cui si aggiungerà in autunno Maleficent – Signora del male, una sorta di ibrido in questo senso. Nella recensione di oggi parliamo quindi dell’ultimo remake live-action di un classico Disney del 2019, arrivato nelle sale italiane proprio oggi, ovvero Il Re Leone. Com’è andata? E cosa ci dice sul futuro della serie? Scopriamolo insieme in questa recensione de Il Re Leone del 2019.
“Nants ingonyama, bagithi Baba! Sithi uhm! Ingonyama”
Con queste parole, storpiate in mille modi negli anni dagli spettatori, si apre una delle scene più indimenticabili del classico animato. La savana che si risveglia e piano piano accorre alla Rupe dei Re per assistere alla presentazione del nuovo erede di Mufasa, il piccolo Simba. Un crescendo continuo, che ci permette di entrare sempre di più nel mood del film, fino alla conclusione con la title card. Una sequenza eccezionale, assolutamente emozionante e coinvolgente, una delle più belle opening del cinema, animato e non.
Parlando di Aladdin, abbiamo trattato il ruolo chiave che queste scene iconiche giocano nel ritorno in live-action di questi classici al cinema. E da questo punto di vista Il Re Leone del 2019 si difende perfettamente. Rivedere quella sequenza, anche grazie all’aiuto del grande schermo, resta un momento incredibile, da pelle d’oca (o da fenicottero, vista l’ambientazione). In quella scena però troviamo già in nuce uno dei problemi principali di questo remake: la quasi totale aderenza all’originale.
Non stiamo parlando solamente della trama generale. Come abbiamo visto con Aladdin e Dumbo, non è necessario rivoluzionare la storia che già conosciamo per ottenere un buon remake, né è per forza un fattore positivo. Il Re Leone però la segue in maniera quasi pedissequa, con solo piccolissime variazioni o aggiunte, peraltro spesso derivanti da sequenze rimosse dall’originale. E su questo si potrebbe forse passare sopra, ma c’è di più: questo nuovo Il Re Leone di ‘nuovo’ ha ben poco.
Il Re Leone, la versione del 2019 (?)
Anche andando oltre l’estrema fedeltà alla storia generale, che potevamo aspettarci e che non è necessariamente un male, il problema di questa pellicola è che anche sotto tanti altri aspetti è identica a quella che già conosciamo alla perfezione: battute, soluzioni registiche, mood… Si potrà valutare meglio (ed eventualmente farne un’analisi ancora più approfondita) quando arriverà in home video, ma l’impressione è di riuscire a identificare lo stesso identico scheletro su cui si reggeva la versione animata.
In alcuni punti da davvero l’impressione di essere un remake shot-for-shot. E se questo può funzionare per sequenze come quella di apertura citata in precedenza, così iconica e codificata da permetterci di godere dell’effetto di pura rivisitazione grafica, dopo qualche minuto questo processo diventa stucchevole, dando una fastidiosa sensazione di ‘già visto’.
Nella riflessione è giusto tenere conto della quasi impossibilità di discostarsi dall’originale senza creare malcontenti. Si tratta di un prodotto talmente amato che qualsiasi variazione troppo forte avrebbe rischiato un’accoglienza negativa da parte del pubblico (ricordate le polemiche per la possibile esclusione di Sarò Re, la canzone di Scar?). Tuttavia forse sarebbe comunque servito qualcosa di più di quello che pare essere un semplice aggiornamento visivo. E ora parliamo proprio di questo.
Il Re Leone 2019: il ruggito della computer grafica
Non c’è alcun dubbio che l’impatto visivo de Il Re Leone sia incredibile. Non è raro dimenticarsi lungo il corso della pellicola del fatto che quello che stiamo vedendo è in buona parte computer grafica. La sensazione è quella di assistere più a un documentario naturalistico di alta qualità che a un film animato. Le sequenze più panoramiche sembrano tratte direttamente da un prodotto del National Geographic, peraltro entrato di fresco nella grande famiglia Disney.
Tuttavia, questo funziona fino a un certo punto. Per quanto sia spettacolare da un punto di vista tecnico, non è necessariamente la soluzione più adatta da un punto di vista narrativo. Sebbene il timore iniziale di una difficoltà nella sospensione dell’incredulità davanti ad animali realistici parlanti fosse completamente infondato, solo raramente riescono davvero a coinvolgerci.
Il passaggio dallo stile cartoon a quello ultra-realistico riduce necessariamente le possibilità espressive a disposizione. In alcuni casi il problema è stato aggirato in maniera molto intelligente, come nella scena in cui Timon ballava la hula nell’originale. Nella maggior parte del film però questo da origine a un prodotto più freddo, che tiene a distanza lo spettatore.
Al di là del lungo dibattito sull’opportunità o meno di utilizzare l’etichetta live-action per Il Re Leone, che si riduce in realtà a una mera discussione semantica, forse sarebbe stato più utile optare per una sorta di ibrido. Un incrocio tra realismo e cartoon, che permettesse di mantenere comunque la forza espressiva del classico animato e la spettacolarità del nuovo stile realistico.
Pareri finali
Insomma, come anticipato dal titolo della recensione, Il Re Leone del 2019 sembra uno stupendo, bellissimo, perfetto esercizio di stile. Una pellicola tecnicamente impressionante che però aggiunge piuttosto poco alla versione che già conoscevamo e anzi da un punto di vista emozionale soffre il confronto con essa. Può essere un’occasione utile per riscoprire questa storia classica sul grande schermo e una via d’accesso alle avventure di Simba per le nuove generazioni, ma non è sicuramente il migliore in questa serie di progetti live-action Disney.
E voi, quale pensate che sia la strada migliore? Fedeltà totale o innovazione?
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