“I’ll see you again. I promise”. È con una delle ultime battute di Din Djarin a Grogu che inizia questa festa del papà, in una galassia lontana lontana. Perché seppure la ricorrenza sia un celebrazione tutta terrestre, così disallineata nella scelta del giorno, è guardando anche a quel viso che si è preso cura di noi che si cresce, si impara, si crede, in qualsiasi angolo dell’universo. In una galassia dove le figure paterne non hanno mai dimostrato una risma eccelsa, se non per le frasi ad effetto, ci ha pensato Jon Favreau a raccontare un Rapporto padre-figlio con la R maiuscola.
Capitolo 1: la sorpresa
Il protagonista che si presenta a noi come un inesorabile cacciatore di taglie inizierà il suo percorso verso l’accettazione della paternità già dalla fine del primo episodio. Tutto cambia nel momento stesso in cui si rende conto che la sua preda è Grogu (Baby Yoda per gli amanti del merchandising), tutto cambia quando la cupola di metallo mostra quegli occhioni così espressivi che si specchiano nell’elmo del mandaloriano.
Il ricordo dell’infanzia da orfano, il riconoscere l’abbandono nella sua stessa vittima, il dubbio viscerale su cosa fare. I primi passi sono mossi nell’indecisione di chi è combattuto fra il vecchio e il nuovo che emerge, una sensazione inesplorata, raccontata con una forza tracotante.
Capitolo 2: un clan di due
Dalle prime scene insieme si intravede già il sussurrato rapporto padre-figlio. Mando mette in discussione se stesso e, con lui, anche la propria missione. Inizia tutto con lo sparare al droide IG-11, continua poi con l’affrontare la Gilda dei cacciatori di taglie, per infine ergersi contro un intero carico di soldati imperiali.
Passi obbligati che lo faranno propendere per la scelta più naturale di un padre: assicurare un futuro sicuro al proprio figlio. Non basta più tenerlo sano e salvo vicino a sé, ma dovrà farlo mettendo la parola fine alla faccenda, trovare una soluzione risolutiva. L’intera seconda stagione è per l’appunto alla ricerca di quella soluzione. La minaccia a Moff Gideon è poesia paterna.
Capitolo 3: il rapporto padre-figlio
Così Din Djarin impara, puntata dopo puntata, per istinto ad essere un genitore. Un dialogo costante tra le due generazioni, tra i due punti di vista, fatto di rimproveri, disobbedienza e riappacificazioni, come è consuetudine immaginare. Un rapporto che non è esente da sfide, emotive e caratteriali, soprattutto nel protagonista.
Perché se per Grogu è tutto facile, bastano quattro versi e un faccino innocente, per Mando l’evoluzione è tutta celata dietro la schermata dell’elmo. Il cambiamento si cela tutto nei silenzi, nella fisicità di Pedro Pascal, negli ultimatum inclementi. Non importa quante volte l’infante possa essere attaccato, perché è così il mondo circostante, crudele e aspro. Compito di un buon genitore è proprio quello di guidare il figlio, insegnargli. È nelle certezze che si sgretolano che siamo davvero in grado di apprezzare lo sforzo di un padre.
Capitolo 4: la separazione
Sono sedici i capitoli che conducono alla maturità del rapporto padre-figlio in the Mandalorian. Sedici capitoli in cui si sviluppa a pieno l’arco narrativo. Vedere Din Djarin senza casco, sentirlo parlare senza il filtro vocale, vedere le rughe della sua stanchezza è stato, per noi spettatori, il climax della serie.
Eppure è così naturale per Grogu. La piccola mano, piena di curiosità, tocca la guancia, l’espressione sorpresa solo per pochi attimi, perché con o senza casco quella persona che ha davanti è suo padre. Non è più lo spietato cacciatore di taglie di sedici capitoli prima. È più umano, sfaccettato, in grado di prendersi cura di un’altra persona, perché se a disperdere il seme sono bravi tutti, per essere padre bisogna essere speciali.
Alla fine Din Djarin fa la scelta che ogni padre farebbe, la migliore, crede in Grogu e lo lascia andar via. È la conclusione naturale del loro rapporto…per ora. Un addio commovente, che segna l’evoluzione di uno dei più particolari e forse proprio per questo particolarmente significativo rapporto padre-figlio della narrativa contemporanea.
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