Tra tutti i film del cosiddetto Rinascimento Disney, Il re leone è probabilmente il più amato. Non solo, ma è stato uno dei pochi capaci di ottenere buoni risultati anche nei suoi sequel animati direct-to-video e il suo remake live-action (una definizione contestata, ma per ora sorvoliamo) è il maggiore incasso tra tutti questi progetti. È normale quindi che ci sia un desiderio di continuare a sviluppare il franchise e per farlo si è scelto di esplorare il passato. È così che è nato Mufasa – Il re leone, un prequel che per la prima volta – sul grande schermo almeno – ci racconta le origini di un personaggio leggendario: noi lo abbiamo visto in anteprima e siamo pronti a raccontarvi com’è andata in questa recensione…
Mufasa – Il re leone, la recensione: un viaggio tra passato e futuro
Volendo fare i pignoli, potremmo definire Mufasa – Il re leone un sequel più che un prequel. L’idea infatti è che qualche tempo dopo il film del 2019, Rafiki si trovi a raccontare la storia del grande sovrano, ripercorrendo tutte le tappe che lo hanno condotto a guidare le Terre del Branco.
Al contrario di quello che possiamo pensare, non si è trattato di un percorso diretto. Mufasa è nato sì come erede al trono, ma le vicissitudini della vita lo hanno strappato a quella condizione e ha dovuto riguadagnarsi il trono.
Nel farlo, ha attraversato la savana, scontrandosi con il temibile Kiros, un leone bianco focalizzato sulla conquista di tutti gli altri branchi. E in questo percorso ha avuto al suo fianco, passo dopo passo, tutti i grandi personaggi della mitologia de Il re leone, come Sarabi, Zazu, Rafiki e ovviamente Taka, suo fratello (che qui scopriamo essere) adottivo e futuro avversario.
Mufasa – Il re leone segue quindi gli step tradizionali dei prequel. Si parte dalla nascita di un personaggio iconico e si seguono tutte le tappe che lo hanno reso tale, scoprendo lungo la strada l’origine di tutti gli altri elementi che lo accompagnano. Alcuni di questi, peraltro, sono piuttosto sorprendenti e non ci aspettavamo avessero una vera e propria “spiegazione”.
Insomma, le chicche e i richiami al futuro non mancano. Gran parte della storia è un porre i binari che guideranno il nostro protagonista a ricongiungersi con la figura che conosciamo. A diventare il padre di Simba, rappresentazione suprema dei grandi padri del cinema, supportato dalla straordinaria voce di James Earl Jones a cui questo prequel è dedicato.
Da questo link Film e show | Disney+
Ma c’è un problema profondo: la fretta
È piuttosto ironico che una delle caratteristiche più vantate da Mufasa, fin dalla tenera età, sia la velocità. Lungo la pellicola lo vediamo correre spessissimo ed è proprio una sfida su questa abilità che dà inizio al suo confronto con il fratello Taka. L’ironia deriva dal fatto che è proprio la velocità uno dei problemi principali di questo film.
Non si tratta di una pellicola di durata particolarmente breve: con le sue due ore siamo pienamente nella media moderna. Né d’altro canto possiamo dire che gli elementi da inserire siano eccezionalmente numerosi, nonostante tutto. Eppure la storia di Mufasa – Il re leone è gravata da una corsa continua che non permette di dare il giusto peso ai personaggi e alle loro storie.
Tutto è fatto di fretta, senza una rifinitura degna. I personaggi cambiano rotta in maniera brusca, da una scena all’altra, sapendo che devono arrivare a una certa condizione e quindi vengono spostati di peso in quella casella, spesso tramite dialoghi verbosi e ingiustificati.
A questo proposito, la sceneggiatura di Mufasa – Il re leone soffre di una semplificazione estrema che non possiamo ignorare in questa recensione. I messaggi del film sono presentati in maniera plateale, nel più classico del “tell don’t show”.
In questo caso il colpevole maggiore è Obasi, costruito per essere il contraltare di Mufasa. Tanto saggi erano i consigli che quest’ultimo dava a Simba, tanto esplicitamente malvagi e negativi sono quelli che l’altro offre al figlio Taka. Non basta il fatto che sia un film per bambini a giustificare questa banalizzazione: l’esempio viene direttamente da Il re leone.
Mufasa – Il re leone recensione: la CGI migliora, ma sul resto ancora non ci siamo
È sicuramente un aspetto almeno parzialmente soggettivo e quindi difficile da valutare in una recensione, ma l’impressione che abbiamo avuto è che sotto l’aspetto grafico Mufasa – Il re leone faccia dei concreti passi in avanti. La CGI è forse meno elaborata e definita rispetto al precedente del 2019, ma questo gioca a favore della pellicola. I personaggi diventano più cartooneschi e quindi più espressivi, mentre in molti avevano lamentato la freddezza degli ultrarealistici animali del remake.
C’è poi da considerare la questione dell’adattamento italiano, che non ci è sembrato particolarmente ispirato. Le canzoni, curate da Lin-Manuel Miranda, probabilmente non si prestavano molto a un lavoro di traduzione e questo ha inficiato sul risultato complessivo. D’altra parte però anche il doppiaggio stesso in diversi punti ci ha fatto storcere il naso. E, nonostante le polemiche, non stiamo parlando di Elodie che ha dato una performance più che accettabile.
Al di là di questo però Mufasa – Il re leone sembra al contempo un film che ha avuto una lavorazione troppo lunga, in cui ci sono stati troppi input differenti, e uno che avrebbe avuto bisogno di un passaggio ulteriore, che rifinisse alcuni aspetti. Le idee ci sono – alcune sono sorprendenti e interessanti, altre più tradizionali ma comunque funzionali – ma sono presentate in una maniera raffazzonata. Lo stesso messaggio del film è molto confuso, indeciso tra i vari temi da seguire.
Il risultato è una pellicola che sembra davvero raccogliere l’eredità di quei sequel direct-to-video che citavamo in apertura. Ma purtroppo non quelli de Il re leone.
- Il re leone 2: Il regno di Simba
- Cartoni Animati (Attore)
- Audience Rating: G (audience generale)
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