Quando Martin Scorsese torna in sala, tutti stanno attenti. Se poi si porta dietro due dei suoi più storici attori feticcio, ovvero Leonardo DiCaprio e Robert De Niro, la soglia dell’attenzione sale alle stelle. Ed eccoci quindi giunti al momento tanto atteso. Killers of the Flower Moon sta per arrivare ufficialmente in sala e dopo averlo visto in anteprima, siamo pronti a raccontarvelo in questa recensione.
La recensione di Killers of the Flower Moon: la storia dimenticata
Questo film ci riporta indietro nel tempo, nell’Oklahoma dei primi anni ’20. Qui, nei terreni della tribù nativa americana degli Osage è arrivata la più classica delle maledizioni travestite da benedizioni degli Stati Uniti: il petrolio. Gli abitanti di quelle terre hanno ottenuto enormi ricchezze da questa scoperta, ma insieme a queste anche un gigantesco bersaglio sulla schiena.
Sempre qui facciamo la conoscenza di Ernest Burkhart. Un uomo che ritorna dalla Grande Guerra in cerca di lavoro e viene guidato dallo zio William Hale (soprannominato “il Re di Osage County” per la sua importanza in quei terreni) verso il matrimonio di Mollie, una delle più ricche donne della tribù. Ma una strana “epidemia” sta colpendo i nativi e le loro fortune potrebbero cambiare proprietari.
Scorsese, a quattro anni da The Irishman, torna all’opera con un film molto diverso almeno in apparenza. Non siamo più nei gangster movie che compongono una buona fetta della sua filmografia, ma resta comunque coerente con altri titoli che ci ha già mostrato. In qualche modo si può tracciare un’affinità tra Killers of the Flower Moon e Gangs of New York. Due storie di un’America che non c’è più e che da un certo punto di vista è stata dimenticata.
In questo caso però è una vicenda di ingiustizia profonda, che si ricollega a tante altre nelle pieghe del passato degli Stati Uniti. Non è un caso che nel corso della pellicola ci siano diverse menzioni al massacro di Tulsa, altra storia ingiustamente rimossa dalla memoria collettiva. E attraverso questa lente forse il cerchio si chiude, riportandoci con uno sguardo nuovo proprio ai gangster movie di cui sopra.
Quando i numeri ci sono, c’è poco da discutere
Nessuno si stupirà se diciamo che Scorsese ha creato ancora una volta un grande film. Killers of the Flower Moon è un’opera che ci porta in un luogo sconosciuto e ci lascia lì ad ambientarci e scoprire tante storie che si intrecciano. Un giallo di cui sappiamo già la soluzione (almeno la intuiamo, almeno in parte) ma di cui siamo interessati soprattutto a scoprire la risoluzione.
E non potrebbe essere altrimenti. Se non bastasse la sua abilità certificata dietro la macchina da presa, Martin Scorsese si è circondato anche di due dei suoi attori feticcio più celebri, ovvero i sopracitati Leonardo DiCaprio e Robert De Niro, un talento sempre più affermato come Jesse Plemons e la nuova scoperta Lily Gladstone che regala una performance profonda ed emozionante.
Tuttavia non si può ignorare la questione relativa alla durata della pellicola. Un dibattito che Scorsese aveva dovuto affrontare già con il suo precedente film e che qui torna a riproporsi, visto che le due opere hanno praticamente lo stesso minutaggio.
Non si può definire Killers of the Flower Moon un film effettivamente prolisso. Non abbiamo praticamente mai la sensazione che le scene siano tirate in lungo oltre il lecito, ma oltre il necessario sì. Sarebbe stata utile una maggiore economia nella gestione del racconto, rinunciando ad alcuni dettagli che non appesantiscono la narrazione, ma la dilatano. Arrivando al punto dove non c’è più utilità marginale.
Killers of the Flower Moon: e se fosse stato una serie TV?
Sarebbe affascinante indagare le ragioni per cui Martin Scorsese abbia optato per produrre due film consecutivi per altrettante piattaforme streaming. Killers of the Flower Moon è infatti già destinato ad Apple TV+ dopo il passaggio in sala. Ma non è da escludere che la durata di queste opere abbia giocato una parte in questa scelta.
All’epoca di The Irishman era circolata una tabella sui social che consigliava di suddividerlo in quattro visioni. In questo modo il mantra delle serie TV recenti, sempre più spesso definite “film lunghi X puntate“, veniva completamente ribaltato. E probabilmente vale lo stesso per Killers of the Flower Moon.
Che è un film realizzato magnificamente, con dei talenti eccezionali davanti e dietro la macchina da presa. Contemporaneamente però è un’opera che si allarga fin troppo, andando a impattare la forza del suo racconto che avrebbe giovato di una maggiore sintesi. Oppure, viceversa, da un allargamento ancora maggiore abbinato a un cambio di formato. Che è un modo complicato per arrivare a dire che Killers of the Flower Moon avrebbe potuto essere una straordinaria serie TV. E chissà che qualcuno non si metta a dare consigli su come spezzare in più puntate questo film…
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