Con Il Contastorie, Teresa Radice e Stefano Turconi tornano a pubblicare un nuovo volume per BAO Publishing. Un sodalizio ormai affermatissimo, che è praticamente una certezza di grande qualità. Negli anni ci hanno fatto viaggiare in giro per il mondo, alla scoperta di tanti luoghi diversi, conquistando ogni volta il nostro cuore. Sarà andata così anche per questa avventura sudamericana? Scopriamolo insieme!
Di cosa parla Il Contastorie, il nuovo libro di Radice e Turconi?
Siamo nell’Amazzonia degli anni ’60, in un piccolo villaggio sulle sponde del fiume, immerso nella foresta. Qui vive il piccolo Pedro, un ragazzo che sta crescendo e che prova uno strano fascino per il mondo oltre i confini che conosce. Tutto quello che sa viene dai racconti di Cent, il suo fratello maggiore che ha viaggiato e continua a viaggiare ovunque, scoprendo posti nuovi e portando a casa storie e libri.
Tuttavia in questo ultimo ritorno c’è qualcosa di strano. Cent sembra diverso e infatti riparte immediatamente, in maniera rocambolesca e inattesa. Pedro dovrà quindi farsi coraggio e fare quello che ha sempre sognato, ma ha anche temuto: uscire dal suo villaggio e partire all’avventura. Suo fratello ha bisogno di lui, qualunque sia il suo segreto.
Rispetto ai loro ultimi lavori, qui i due autori affrontano una strada più classica, almeno nelle sue linee principali. Un road trip, dove l’ambientazione è in continua evoluzione e i protagonisti passano da un mezzo all’altro, con tanti colpi di scena. Il tutto che serve a reggere l’aspetto più emozionale e umano del racconto: il rapporto di affetto, a volte turbolento, tra due e più fratelli.
Ma naturalmente questo non significa affatto che Il Contastorie non sappia toccare quelle corde a cui il duo ci ha abituato. Seguire le vicende di Cent e Pedro è esaltante, perché non sappiamo davvero quale sarà l’esito della loro avventura e se ci sarà un lieto fine. Senza contare che l’evoluzione del loro rapporto è ancora una volta eccellente da seguire e ovviamente capace di farci piangere (ma questo ormai è un tributo obbligato, lo sappiamo).
Una narrazione cinematografica e poetica
Il Contastorie è probabilmente il volume più cinematografico di Turconi e Radice. La storia di Pedro e Cent sembra uscita direttamente dalla pellicola, con un ritmo assolutamente elevato in questa corsa a perdifiato lungo il fiume, verso una salvezza che ogni volta sembra allontanarsi di un passo. Ma ciò che colpisce più di tutto è quanto questo sia bilanciato dal lato più prettamente emozionale.
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C’è una sequenza in particolare, che non possiamo e non vogliamo approfondire, per non levarvi il piacere di leggerla in autonomia, dove si toccano picchi eccezionali. Radice e Turconi combinano le proprie rispettive arti per affrontare uno dei temi più adulti e duri del volume con tratti leggeri, studiati alla perfezione.
È un passaggio di una poesia straordinaria, capace di comprimere in una semplice scelta, una quantità di non detto e di sottotesti incredibile. C’è l’ingenuità di Pedro, la difficoltà di Cent, l’affetto che lega i due, ma anche il contrasto eterno tra voglia di fuggire e timore di lasciare casa, tra la brama di crescere e le paure di un mondo adulto che a volte arriva troppo in fretta. E a ogni rilettura si possono trovare nuovi livelli.
E tutto questo si innesta alla perfezione nel tema del racconto, della storia e a volte anche delle bugie (che poi altro che non sono racconti e storie, e viceversa) perfettamente rappresentato dal titolo: Il Contastorie. La potenza della narrazione e l’uso che ne possiamo fare di questa capacità è un altro dei grandi temi che viviamo attraverso gli occhi di Pedro.
Leggere Il Contastorie è partire per un altro grande viaggio
Lo dicevamo in apertura, come i volumi di questi autori abbiano la capacità di farci viaggiare. Ed è questo un altro grande merito de Il Contastorie. Sfogliando quelle pagine, addentrandoci tra le vignette, ci sentiamo fin da subito lì, tra le foreste dell’Amazzonia, respirando quei profumi, sentendo quei rumori, bagnandoci di quei colori. Anche se, come Pedro, magari non siamo mai usciti dai confini del nostro villaggio.
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