“Tamotsu!”
“Gunma… Che tieni?”
In queste due frasi potremmo racchiudere gran parte del senso di “F-Motori in pista”, il capolavoro targato Noboru Rokuda che ha appassionato milioni di lettori in tutto il mondo fin dai primi numeri, nel lontano 1986. Chi ha letto il manga potrebbe obiettare che la frase più rappresentativa sia “Non permetterò a nessuno di starmi davanti”, il primo comandamento di Gunma Akagi, giovane protagonista dal carattere genuino (ed eccentrico) che impareremo a conoscere. Soffriremo, gioiremo, perderemo e ameremo con lui e col piccolo grande Tamotsu.
Già, perché “F-Motori in pista” prima ancora che essere una storia di sport è una storia che racconta l’amicizia di una vita e riesce a farlo alternando momenti di leggerezza nella quale già si percepisce però l’ostacolo successivo, e lunghi momenti di pathos convinto, appassionato. È una storia di crescita che anche nei suoi momenti più crudi può riservare prospettive di lettura di una dolcezza inarrivabile, nascosti a volte tra le righe, che ci spingono a riflettere, ad accettare i punti di vista di ogni personaggio, legato agli altri da un filo sottile, con un passato-presente-futuro in costante agguato, come le ombre che nella vita reale possono coprire le luci che abbiamo a fatica conquistato.
Ma procediamo con ordine.
È il 1986 e, manco a dirlo, siamo in Giappone. Gunma Akagi è un ragazzo di neanche vent’anni con un unico obiettivo nella vita: arrivare in Formula Uno e dimostrare di essere il più grande pilota non solo del Giappone, ma del mondo intero.
Il padre di Gunma è Soichiro Akagi, un uomo apparentemente duro, privo di scrupoli, ricchissimo imprenditore che tenta ora la scalata politica tra cospirazioni a suo danno e giochi meschini da parte del perfido zio Tatsu. Ma non fatevi ingannare: per ognuno di noi esiste un motivo se siamo così, ci tiene Rokuda a ricordarcelo, e per Soichiro è lo stesso. La storia di Soichiro Akagi infatti è qualcosa di sublime se presa nella sua interezza e vederlo così, già vecchio, ci lascia in bocca un amaro nostalgico, come di qualcuno che avremmo voluto conoscere meglio, senza averlo potuto fare.
Per fornire un’idea più chiara del quadro di famiglia, dobbiamo aggiungere che Gunma è un figlio nato fuori dal matrimonio e accolto in casa Akagi solo da adolescente, dopo la morte di sua madre Shizue. Questo è il motivo che più d’ogni altro genera odio in Gunma verso suo padre e fa sì che bussi alla sua porta solo per creargli più disagi possibile, in quanto quest’ultimo li ha abbandonati. Inutile dire che riuscirà benissimo nel suo intento. Finché un giorno, per paura che le bravate di Gunma siano da ostacolo alla sua ascesa politica, Soichiro lo caccia di casa. Gunma decide così di andare a Tokyo per inseguire finalmente il suo sogno di diventare pilota professionista e iscriversi inizialmente alla FJ. Parte con pochi soldi, da solo.
È qui che inizia la vera storia.
“Perché quando te ne vai è davvero come se capissi per la prima volta l’uomo che sarai”
(Baustelle – Il Futuro)
Ad affiancare Gunma nelle sue scorribande lo raggiunge presto il fido Tamotsu, anche lui a inseguire il suo sogno. Egli diventa la roccia che la sa più lunga di quanto dia a vedere, l’amico mitigatore che tutti vorremmo avere, in grado di leggere oltre il testo scritto, di amare anche quando abbandonato, di capire quasi ingenuamente – ed è l’unico – che dentro Gunma s’agitano i vortici di un mare in tempesta, e che è proprio dal contrasto tra inquietudine e continua ricerca di un equilibrio che scaturisce l’essenza guerriera del suo animo.
Sa che Gunma non si fermerà di fronte a niente, ma è anche l’unico a percepire la naturalezza di quel sogno, un sogno che anche lo stesso Tamotsu condivide.
Poi, nella galleria d’immagini offerte dal Maestro Rokuda ci sono Yuki, Popi, Junko, Sako, Morioka e tanti altri ancora. C’è Hijiri. Un personaggio di una profondità spaventosa nella sua semplicità d’intenti. Così come Ruiko, tutt’altro che l’archetipo di una frivolezza ostentata.
Sono troppi. Non si può nominarli tutti. È come provare a elencare tutte le persone che ti hanno lasciato qualcosa dall’infanzia a oggi. Rischi di non rendere giustizia alla loro memoria, al loro nome, al loro vissuto.
“F-Motori in pista” è una stele, un monumento all’umanità, a tutte le sue debolezze, ai momenti che ci mettono in ginocchio ma non ci spezzano. I personaggi, anche quelli secondari, hanno uno spessore sorprendente: a volte ce ne accorgiamo da una sola battuta, da uno sguardo. Sono loro a consentirci di perdonare Rokuda quando velocizza troppo la storia, quando ci mette solo di fronte al fatto compiuto e non ci dice come sia successo, o perché. Ma forse, a pensarci bene, anche questo fa parte della vita riprodotta sulle pagine del manga, copia di quella vera. Come quando ti ritrovi in un punto e non riesci a ricordarti come ci sei arrivato. E poi vai avanti. Come Gunma Akagi.
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