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Don’t Be Lasagna

Avete presente quando accade una tragedia all'estero? Non so, cade un ponte. Facciamo finta che sia caduto un ponte in Russia. Studio Aperto fa: “in Russia è caduto un ponte” con estrema professionalità.
Quella gente, quella della quale parleremo tra poco, passa davanti alla tv e ignora la notizia come ignorerebbe qualsiasi altra notizia.
Poi però Studio Aperto aggiunge, ignorando tutte le altre vittime: “Dispersi anche due italiani” e mentre tu pensi “ok, ma sembra che i nostri dispersi valgano più degli altri” quella gente, quella che arriverà fra poco, di colpo però si interessa alla notizia del ponte in Russia, scrive un commento su un social qualsiasi rivolto esclusivamente a quei due turisti e ci mette pure una bandiera sperando di non aver usato quella del Messico per sbaglio, come l'ultima volta.
Vero o no, non riesco a non credere che sia quel tipo di pubblico che ora si sta indignando per la vignetta di Charlie Hebdo, forse lo voglio credere.
Lo stesso pubblico che era vicino alla tragedia capitata alla rivista un anno fa, magari solo per giustificare un po' di razzismo, forse solo perché non aveva capito la questione.
Perché ai tempi essere “Charlie” non significava pensare come Charlie, non significava nemmeno poi troppo “solidarietà” significava libertà, libertà di fare satira come di fare qualsiasi altra cosa senza che qualcuno ti sparasse o minacciasse.
Ma sono tutti Charlie con i morti degli altri, e se la satira punge te smette di essere tale, diventa un meditato attacco che merita di essere censurato, bloccato, fermato e dimenticato dopo una settimana, dipende da quando uscirà  il nuovo video del tuo rapper preferito (ne avevamo parlato qui).
E allora nugoli di italiani scrivono in capslock contro una vignetta, spiegano (sempre alla vignetta) cosa è satira e cosa non lo è, spiegano che la satira deve fare ridere, sempre, e se loro non hanno riso allora non lo ha fatto nessuno e quindi non è satira.
Cercare appigli logici per sminuire la vignetta, sfotterne la fattura del tratto o come è colorata.
Se non mi piace è sbagliato, la vignetta li ascolta e prende nota.
Sembra che agli italiani proprio non vada giù il fatto che si possa parlare male delle lasagne o forse si tratta di altro? Ah, già i morti.
Non si scherza sui morti (italiani), sulle tragedie (italiane), si scherza solo sulle cose belle (meglio se estere) per renderle ancora più carine.
1472825832 Charlie Hebdo Vignetta Terremoto Italia
Mi immagino gli indignati di oggi che si ritrovano ogni Giovedì aggiungendo al loro grande librone i titoli di cosa non fa ridere, di cosa deve essere eliminato dalla faccia della terra perché non è di loro gradimento, credo siano le stesse cose per tutti. Altrimenti ciascuno di loro potrebbe avere un piccolo taccuino dove annota i titoli delle riviste di satira, delle canzoni o i nomi dei comici che devono sparire.
Magari uno di questi indignati ha del potere su altri indignati e non, e allora perché non usare quel taccuino per decidere cosa i suoi sottoposti posso ritenere opportuno?
Se non fa ridere me, non fa ridere nessuno. Se lo trovo di cattivo gusto non deve esistere, e visto che scrivere in caps lock alla vignetta non è servito, probabilmente perché è francese e non capisce, meglio spiegare agli altri cosa è giusto oppure no.
Solo in questo modo la fiera bandiera del Messico potrà tornare a sventolare in Italia.
Intanto ciò che sventola è la vignetta, che ha fatto parlare nuovamente di una tragedia che già stava sparendo sulle labbra di tutti questi indignati, che ha fatto ritornare in mente per un altro paio di giorni la questione agli Italiani che già guardavano al prossimo ponte pericolante.
La cosa che preferisco della satira è che non importa a nessuno se ti piace oppure no, se fa ridere oppure no, lei è lì e fa parlare.

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Commenti

  1. Ma perché la Microsoft continua a prendersi a mazzate nelle palle con questa serie di masochistiche “rivelazioni”? é dal giorno della presentazione dell’Xbox One che non ne ho vista combinare una giusta. Che triste…stanno colando a picco prima ancora di salpare (e parlo da orgoglioso possessore di una Xbox 360…)

  2. Non sò perché, ma mi ricorda “The Producers”.

    La Microsoft vuole floppare cosi che, con un cavillo legale, si arricchisca con dei finanziamenti o cose del genere. Non c’è altra spiegazione logica zizi

  3. Se non erro già il giorno dopo il sisma, i telegiornali italiani riportavano il succo di un discorso fatto dal professore nipponico Taro Yokoyama esperto della progettazione e della ristrutturazione di edifici anti-sismici: “L’Italia dica addio a mattoni e sassi”. La vignetta di Charlie mi ha fatto sorridere amaramente come mi ha fatto sorridere amaramente quella frase. Entrambi hanno fatto una critica, manco a dirlo, costruttiva su un disastro che ha portato alla distruzione di due paesi e la morte di quasi 300 persone. Il terremoto non poteva essere evitato, questo è chiaro, ma il disastro si. Il sorriso amaro nasce dalla consapevolezza che bastava poco per evitare il disastro e, non tanto Yokoyama quanto la seconda vignetta di Charlie, mi ricorda che, qui in Italia, 300 morti per un terremoto sono solo i frutti di un albero che ha radici marce.

  4. Molte delle discussioni scaturite su Facebook nei giorni scorsi dipendono anche dal fatto che in Italia non si é mai avuto un concetto chiaro del termine “satira”. E questo essenzialmente a causa del fatto che in Italia si fa pochissima satira e si parte comunque sempre dal presupposto che debba far ridere: “Se non fa ridere, non é satira”. In questo senso si scambia per comicità o parodia qualcosa che non ha nulla a che vedere con nessuna delle due cose. Spiegare il perché questa vignetta non offende i morti del terremoto dovrebbe venire a seguito di una spiegazione ben piú lunga sul significato della parola “satira” e sul perché, in un Paese controllato e limitato dalla politica, la satira non puó esistere. Ad esempio, é inutile spiegare ad un bambino concetti di termondinamica quando non sa ancora nulla di fisica o matematica…ti dirà che non capisce quello che gli stai dicendo. Quindi, in un Paese in cui tutti devono avere una opinione su tutto, occorrerebbe prima informarsi e capire.

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