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Cocainorso: non stiamo facendo Lo squalo | Recensione

La promessa di un cult è disattesa, almeno in parte

Non appena si è cominciato a parlare di Cocainorso, il film oggetto di questa recensione, Internet è impazzito. Dopotutto, partiva da una delle premesse più assurde possibili (sebbene tecnicamente si basi su una storia vera) e sulla carta prometteva tanta epicità. Ora che finalmente è arrivato anche nelle nostre sale, dopo un moderato successo oltreoceano, possiamo dire che le aspettative non sono state deluse. Non del tutto, almeno.

Recensione Cocainorso: ma esattamente di che cosa parla?

Tutta la vicenda prende il via da un trafficante di – indovinate un po’ – cocaina, che sta volando sopra il Tennessee. A causa di un’avaria deve liberarsi di una parte delle sostanze che sta trasportando, gettandole dal suo aereo. E a trovarle, nel folto del bosco è proprio un orso, che ne assume indirettamente una gran quantità, mandandolo completamente fuori controllo.

Intorno a questa vicenda si intrecciano diverse storie: una ranger del parco che cerca di fare colpo su un attivista, una madre che deve ritrovare la figlia e l’amico scappati tra gli alberi, i trafficanti che cercano di recuperare la propria merce, le forze dell’ordine che cercano di catturarli e altro ancora. Il tutto, mentre un orso sotto l’effetto di sostanze è a piede libero e pronto ad assaltare chiunque.

Sulla carta, come dicevamo all’inizio della recensione, Cocainorso aveva tutte le potenzialità per diventare un cult. Non certo cinema d’essai, ma con una premessa così assurda, il divertimento è assicurato, così come la libertà di dare spazio all’estro davanti e dietro la macchina da presa. Nessuno verrà mai a criticare un film del genere perché “non è abbastanza credibile“, per cui ci si poteva davvero scatenare.

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E invece Cocainorso si ferma un attimo prima. Trova sì lo spazio per personaggi, sottotrame e sequenze decisamente esagerate, ma cerca di inserirle in un contesto serio o quantomeno che prova a essere tale. Il risultato è un mix non perfettamente amalgamato, che rende completamente fuori posto e inefficaci i momenti più moderati.

Aggredire, non scappare

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All’inizio del film, impariamo la regola più importante da ricordare quando ci si trova di fronte a un orso nero: abbiamo molte più possibilità di sopravvivere affrontandolo, che scappando. Personalmente, non sono particolarmente interessato a mettere alla prova questa nozione, ma è un consiglio che probabilmente avrebbero dovuto tenere a mente gli autori di Cocainorso.

Perché troppo spesso durante la pellicola sembrano intimoriti da ciò che hanno davanti. Puntano a scappare dall’orso, invece di affrontarlo di petto. Ed è un peccato, perché si vede che una buona parte del cast, da Ray Liotta a Margo Martindale, fino al giovane e sorprendente J.B. Moore, è pronta a dare il proprio contributo e fare decollare il film. Ma in alcuni momenti sembra che stiano cercando di tenere il tono de Lo squalo, solo con un orso sotto stupefacenti al posto di Bruce.

A quel punto il patto salta ed è difficile chiudere un occhio su alcuni aspetti. Fra questi una CGI per l’orso protagonista che non è sempre così convincente come vorrebbe e una serie di sequenze che narrativamente non hanno una vera utilità (anche se sono tra le più divertenti, va detto). Tutti aspetti che avremmo tranquillamente accantonato in nome delle premesse assurde, ma che a questo punto tornano sul piatto della bilancia.

Tra gli aspetti che più ci hanno convinto però, merita una menzione la sequenza di apertura. Un ottimo modo per farci entrare nel mood (almeno in teoria) del film, ma anche un utile strumento per mitigare la lunga attesa prima della effettiva apparizione dell’orso.

Cocainorso recensione: valeva la pena di crederci fino in fondo

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Il grosso problema di Cocainorso, come avete ormai capito, è che non riesce davvero a raggiungere il suo potenziale. Non stiamo dicendo che ci siamo annoiati durante la visione o che non ci siano momenti divertenti, anzi. Ma a conti fatti si tratta di un film divertente e dimenticabile, invece del cult da rivedere più e più volte in compagnia che avrebbe potuto essere.

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Mattia Chiappani

Ama il cinema in ogni sua forma e cova in segreto il sogno di vincere un Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura. Nel frattempo assaggia ogni pietanza disponibile sulla grande tavolata dell'intrattenimento dalle serie TV ai fumetti, passando per musica e libri. Un riflesso condizionato lo porta a scattare un selfie ogni volta che ha una fotocamera per le mani. Gli scienziati stanno ancora cercando una spiegazione a questo fenomeno.

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