Quale miglior caso da osservare nella giornata mondiale degli UFO, se non il leggendario caso Roswell? Un luogo d’impatto in una calda cittadina americana, un presunto disco volante, insabbiamenti del governo e presunti corpi alieni, nulla di più topico. Eppure, nell’episodio che in apparenza diede vita a tutti gli altri, nulla è cliché, tutto resta mistero. Scoprite con noi l’enigmatico caso Roswell.
L’impatto: l’inizio del caso Roswell
Ci troviamo nel 1947, un anno che, forse non a caso, ebbe un picco di avvistamenti UFO. Solo negli ultimi sei mesi dell’anno ci furono oltre 300 avvistamenti. Tra questi casi c’è anche il famosissimo caso Roswell, che per decenni continua a lasciare allibiti coloro che ne cercano la verità.
Su un’unica cosa tutti possono essere certi: il 4 luglio 1947, qualcosa si schiantò sul ranch Foster, a nord ovest di Roswell, cittadina americana del New Mexico.
Mac Brazel, uno dei rancher, il giorno stesso esaminò luogo dell’impatto e prese parte dei detriti. Tre giorni dopo, Mac decise di portarli dallo sceriffo locale, George Wilcox. Attraverso quattro livelli della catena di comando dell’esercito statunitense, l’ufficiale dei servizi segreti Jesse Marcel venne incaricato di esaminare il sito.
Il maggiore non perse tempo, e già il mattino successivo si trovava al ranch. Dopo aver analizzato i detriti e il luogo dell’impatto, fece rapporto al colonnello Blanchard. L’ultimo subito ordinò al suo tenente sottoposto di rilasciare un comunicato stampa, dichiarando di credere di trovarsi in possesso di un disco volante.
Il mattino dopo il Roswell Daily Record recitava “La Roswell Army Airfield è entrata in possesso di un disco volante su un ranch della regione di Roswell”.
Immediatamente la scelta causò problemi. Il generale Ramey, uno degli uomini dell’iniziale catena di comando, ordinò che i detriti venissero consegnati direttamente a lui nella sua base a Fort Worth, in Texas. Lì, identificò i resti dell’UFO come appartenenti ad un pallone meteorologico. Stranamente, fecero fare una foto al generale Ramey davanti ai presunti detriti che lui stesso aveva classificato male.
Immediatamente l’esercito americano cambiò la sua storia, rilasciando un nuovo comunicato stampa che confermava che i detriti di Roswell appartenessero ad un semplice pallone meteorologico.
Stanton Friedman e le indagini sul caso Roswell
Attraverso la convincente spiegazione e le fotografie, il pubblico dimenticò presto l’incidente di Roswell, almeno fino al 1978.
Nel 1978, il fisico nucleare e ricercatore ufologico Stanton Friedman intervistò Jesse Marcel, il sopracitato agente dei servizi segreti che indagò inizialmente sul caso. Fu quest’intervista a riaccendere il fuoco del mistero di Roswell. Marcel infatti dichiarò di essere sicuro, oltre trent’anni dopo l’incidente, che i detriti del ranch non appartenessero ad un un pallone meteorologico. In un’altra intervista, parlando del materiale dei detriti, l’ex maggiore dichiarò
“Sembrava di non avere nulla tra le mani. Non era più spesso della pellicola di un pacchetto di sigarette, ma la cosa sorprendente era che non si poteva piegare, non si poteva ammaccare, anche un martello rimbalzava come se nulla fosse. Sapevo di non aver mai visto in vita mia una cosa del genere. […] Non apparteneva a questo pianeta, di questo sono sicuro. In qualità di ufficiale dei servizi segreti, ero a conoscenza di tutti i materiali usati nei velivoli. Non era nulla del genere. Non poteva esserlo”.
Friedman non si lasciò scappare l’opportunità d’oro. Dopo aver intervistato diversi testimoni, sia civili che militari, dichiarò che l’esercito americano aveva cercato di coprire qualcosa di sinistro quel giorno. Accusò la catena di comando di un Watergate cosmico, in cui l’esercito avrebbe nascosto dettagli relativi al luogo d’impatto, ai materiali e persino della presenza di corpi alieni.
La prima teoria del caso Roswell
Le dichiarazioni
La prima teoria può sembrare inizialmente scontata. In realtà, nasconde una serie di coperture che vanno dal misterioso al comico.
Alla base della prima teoria sta il fatto che effettivamente l’oggetto schiantato sul ranch Foster fosse un pallone meteorologico. A primo sguardo, questa sembra la realtà effettuale dell’evento, come dichiarato dall’aeronautica militare. Le stesse autorità corressero retroattivamente questa teoria, rilasciando nel 1994 un rapporto in cui ammisero di aver inizialmente mentito sul caso Roswell. La verità? I detriti del ranch non erano corpi alieni o navicelle spaziali, bensì un progetto top secret dell’esercito americano, cosa che ovviamente non poteva essere dichiarata apertamente al momento del ritrovamento.
L’oggetto dell’esperimento top secret trovato era effettivamente un pallone meteorologico, ma non uno qualsiasi. Si trattava di un esemplare particolare, appartenente al Progetto Mogul. Questo progetto si basava sulle teorie del Dottor Maurice Ewing. Egli pensava che, come alcuni tipi particolari di microfoni possono percepire le esplosioni sottomarine, anche dei sistemi di monitoraggio aereo potessero fare la stessa cosa. A causa della tensione di un possibile conflitto nucleare negli anni della Guerra fredda, l’esercitò usò i palloni meteorologici di Ewing per cercare di controllare eventuali test nucleari sovietici.
Le prove a favore
A favore di questa teoria troviamo data e luogo dei test del Progetto Mogul. Le autorità collaudarono i palloni nell’estate del 1947 in diversi luoghi a nord del New Mexico, vicino a dove Mac Brazel trovò i detriti del caso Roswell.
Una richiesta del 1994 di un rapporto da parte del Congresso degli Stati Uniti supporta questa teoria. Esso serviva a confermare che le autorità gestirono correttamente dati e registri del caso Roswell. Il suo titolo era Il rapporto di Roswell: fatti contro finzione nel deserto del New Mexico.
In esso l’esercito americano verificava l’appartenenza dei detriti ad un pallone meteorologico del Progetto Mogul. Inoltre attribuiva l’errore nella descrizione del pallone da parte di Marcel e Blanchard alla segretezza del progetto. Oltre a ciò, il termine “disco volante” non aveva una definizione precisa.
Solo tre anni dopo, nel 1997, l’Air Force rilasciò un altro rapporto, intitolato Il rapporto di Roswell: caso chiuso. Il comunicato cercava di dare una spiegazione ad alcune delle affermazioni trovate nelle interviste di Friedman. Molte infatti dichiaravano la presenza di corpi alieni a Roswell. La spiegazione ufficiale fu che negli anni ‘50, l’esercito stava testando l’effetto dei lanci col paracadute sul corpo umano. Di conseguenza, in diversi esperimenti condotti attorno al New Mexico, venivano lanciati dei manichini sul deserto. Questi, usciti da un film horror, avevano la forma di uomini, con pelle di lattice o plastica.
La contraddizione
Sorprendentemente, troviamo contraddizioni nelle stesse informazioni dell’aeronautica militare. Prima di tutto, l’ordine cronologico non combacia. Secondo l’esercito americano, i manichini vennero lanciati verso la metà degli anni ‘50, mentre il caso Roswell avvenne nel 1947, quasi 10 anni prima. La spiegazione ufficiale? Dato che i testimoni rilasciarono le loro interviste a Friedman nel ‘78, in molti confusero gli eventi, mettendo insieme ricordi di eventi diversi. Questo non sembra molto convincente, specialmente considerando che eventi come “avvistamento di corpi alieni” e “complicità nella copertura di attività sospette” non sembrano facilmente confondibili.
La seconda teoria del caso Roswell
Interviste e contraddizioni
I ricercatori Thomas J. Carey e Donald R. Schmitt, espongono la loro teoria nel libro Witness to Roswell, in cui si trovano i resoconti di quasi 600 interviste con presunti testimoni oculari.
La prima intervista su cui vogliamo soffermarci è quella a Frank Joyce, radio host di Roswell. Joyce dichiara di aver parlato con Brazel (il rancher che per primo scoprì il luogo di impatto). Brazel, parlando con Joyce e venendo registrato, ammise di aver visto dei materiali ultraterreni e dei corpi alieni. Gli ultimi vennero descritti in diverse interviste come alti poco più di un metro, con grandi crani e occhi. Restando fedeli alle descrizioni diventate cliché degli alieni, avevano piccoli buchi al posto del naso e una piccola fessura al posto della bocca. La testimonianza di uno dei proprietari della stazione radiofonica Joyce spiega il motivo per cui l’intervista non vide mai la luce del sole. La radio ricevette diverse chiamate Commissione federale per le comunicazioni e da un senatore degli Stati Uniti, invitando lo staff a tenere segreta l’intervista.
Lo stesso Brazel, in contemporanea con la dichiarazione riguardante i palloni meteorologici, riformulò la sua esperienza sul caso Roswell, negando la presenza di un disco volante.
I suoi vicini di casa sostennero che poco dopo Brazel comprò un pickup nuovo e lasciò il suo lavoro per mettere in piedi un’azienda. I due autori ipotizzarono nel loro libro che non fosse solo Brazel ad essere stato comprato, o intimidito, dall’esercito. A tal proposito citarono diverse ispezioni dei vicini di casa e dei concittadini da parte dell’esercito per cercare detriti del cratere.
Un’altra contraddizione riguarda la fotografia dei resti fatta al generale Ramey davanti a pezzi di palloni meteorologici. In una dichiarazione sigillata, in apparenza scritta dal portavoce della base militare Walter G. Hault, si legge che la foto fu un imbroglio. Secondo Hault, i veri detriti furono sostituiti da pezzi di palloni prima della fotografia.
A corroborare la teoria della copertura da parte dell’esercito troviamo la testimonianza di Ben Games, pilota privato dell’allora maggior generale Laurence C. Craigie. Games dichiarò di aver portato il generale prima a Roswell, per esaminare i relitti. Subito dopo volò direttamente a Washington, per un incontro con il presidente Truman. La testimonianza del pilota si conclude qua, ma sappiamo che pochi mesi dopo Craige creò il Progetto Sign, la prima investigazione ufficiale sugli UFO in una base militare americana.
Dettagli alieni sulla navicella
La natura delle macerie del caso Roswell rimane estremamente enigmatica e ha generato le più fantasiose teorie.
Il sergente William C. Ennis per anni restò convinto che i detriti fossero solo parte di un pallone meteorologico, eppure nel 2008 rilasciò una dichiarazione sorprendente. Disse che “Era una navicella. Dopo tutti questi anni, ancora non so come quella cosa facesse a volare, non c’era motore. Prima di morire, mi piacerebbe saperlo”. Diversi testimoni oculari dell’esercito descrissero la navicella come lunga tra i 3 e 4 metri, senza finestrini.
Dei detriti che rimasero a lungo sul ranch e che furono osservati da testimoni civili sono giunte delle descrizioni curiose. In concordanza con la testimonianza di Jesse Marcel, i resoconti descrivono il materiale della presunta navicella (o pallone meteorologico) di Roswell come leggerissimo, quasi senza peso, liscio, sottile, però impossibile da tagliare, graffiare o bruciare. Il sergente Earl Fulford disse di averlo preso in mano, aggiungendo che “Nel palmo della mano, lo potete avvolgere in una piccola palla. Poi, appena lo lasciavi, ritornava immediatamente nella sua forma originale, in un secondo o due”.
Una nota trovata nei primi anni ‘80, risalente al settembre 1950, mette a luce dettagli in apparenza ancora più inquietanti. Presumibilmente facente parte di una conversazione tra il fisico Robert I. Sarbacher, un rappresentante del Dipartimento di Difesa americano e altri scienziati, esso legge “Tutto ciò che sappiamo è che non l’abbiamo creato noi, ed è abbastanza sicuro che non sia stato creato sulla Terra”.
Forse non sapremo mai la verità sul caso Roswell, nascosto dietro strati di segretezza e burocrazia. Non esistono pubblicamente prove concrete, ancora meno materiali effettivi del luogo del relitto. Da un lato vediamo ammissioni di colpa e insabbiamenti, che rivelano la spiegazione ironicamente più semplice e lineare. Dall’altro lato troviamo materiali ultraterreni e piccoli omini dalla testa gigante, corroborati da una grande quantità di testimoni nel libro di Carey e Schmitt. Non sembra esserci una strada semplice da percorrere. Forse proprio la sua celebrità, il suo essere il simbolo di tutti i grandi misteri alieni, ci rende ormai impossibile credere a una verità semplice, per quanto sia più probabile. Quando il mito diventa così grande, si spera sempre in qualcosa di altrettanto impressionante, al punto di negare l’evidenza. Perché in fondo l’idea del disco volante è più divertente del pallone sfuggito, anche un pallone top-secret.
E voi, nella giornata mondiale degli UFO, a cosa credete?
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