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Air – La storia del grande salto è una pubblicità, che funziona alla grande | Recensione

Ben Affleck riesce a farci fare il tifo per Nike - e non farci sentire la mancanza di Jordan nel film

Il più grande giocatore di basket di tutti i tempi resta in panchina per tutto il match. Ma anche senza Jordan, Ben Affleck riesce a farci sentire parte del gioco, con il suo cast eccellente che lavora alla grande anche se la stella resta fuori dall’inquadratura. Guardando il trailer per Air – La storia del grando salto, ci siamo cinicamente chiesti come avesse fatto Nike a farsi fare uno spot pubblicitario pieno di premi Oscar; ma in questa recensione dobbiamo ammetterlo: è la più bella pubblicità che abbiamo mai visto.

La nostra recensione di Air – La storia del grande salto

Chi ama il basket conosce tutto di Michael Jordan (per esperienza personale, possiamo dire che questa frase vale anche chi ha degli amici che amano il basket, pur capendone poco). Sappiamo dei suoi successi, degli anelli NBA vinti, degli aneddoti da campione. Ma anche delle delusioni, dei passi falsi – più sul campo da baseball che da basket. L’abbiamo anche visto giocare con Bugs e Lola Bunny.

Quindi chi ha davvero bisogno di sapere la storia dietro ai dirigenti Nike che gli hanno fatto firmare il suo primo contratto per le scarpe da usare in NBA? Anche se le Air Jordan sono diventate un brand capace di generare quattro miliardi l’anno. Anche se quel contratto ha cambiato per sempre il modo in cui i giocatori lavorano con brand e sponsor. Dopotutto, sono solo un gruppo di dirigenti di un’azienda che vende tute e scarpe. Beh, diciamo che Ben Affleck, il regista, aveva diverse tattiche da mettere in campo.

La forza di un dream team come cast

Uno degli assi nella formazione di Affleck si chiama Alex Convery, non ha altri crediti su IMDb e ha scritto una sceneggiatura brillante. Semplicissima nella struttura, con qualche punta melodrammatica di troppo in alcuni momenti (ci sono un paio di scene dove gli attori sembrano quasi guardare dritto in camera a dirci la morale del film). E forse avrebbe potuto chiudere il film con un paio di scene in anticipo.

Ma i dialoghi brillanti e i montaggi dosati ma essenziali tratti dai filmati di Jordan da giocatore, hanno fatto il proprio lavoro alla grande. Non è una storia perfetta, ma funziona alla grande.

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Courtesy of Amazon Studios

Tuttavia, è il cast che porta la vittoria a casa per questo film. Matt Damon diventa un fanatico di basket di mezza età e qualche chilo di troppo, portando una combattività alla Jason Bourne nei panni (targati Nike) di Sonny Vaccaro. Che scommise tutto sul futuro di Michael Jordan.

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Il resto del “team Nike” non è da meno. Jason Bateman diventa un Rob Strasser, Vicepresidente del Marketing della Nike dalla battuta pronta e dall’umanità a tratti commovente. Anche se il film lascia a lui il peso di citare, in passaggio, che già nell’84 Nike fabbricava le scarpe nel sud-est asiatico. Chris Tucker è semplicemente brillante nei panni di Howard White, un ex giocatore e collega di Sonny, con una parlantina che non sentivamo da Rush Hour. Matthew Maher ci fa sognare sneaker nel ruolo di Peter Moore, direttore creativo della Nike. E Ben Affleck ci regala un Phil Knight in tute sgargianti anni ’80 che non sapevamo di aver bisogno di vedere.

Chris Messina è invece David Falk, l’agente di Jordan. Che potrebbe passare inosservato se il film non si fermasse per cinque interi minuti per vederlo lanciare insulti da sergente dei Marines. Marlon Wayans è essenziale in una scena sola, nei panni George Raveling, che ha allenato Jordan come assistente allenatore alle Olimpiadi del 1984. Julius Tennon ci fa sentire tutto l’affetto verso James Jordan, il padre di Michael. E Viola Davis dimostra ancora una volta di non aver uguali, MVP in ogni scena.

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Courtesy of Amazon Studios

Di solito non facciamo l’elenco intero di tutti gli interpreti in una recensione, ma il cast di Air – La storia del grande salto se lo merita tutto. Una squadra di campioni.

Air – La storia del grande salto: il sogno americano, umanizzando l’azienda

Non possiamo che ammettere che il cast e i dialoghi ci hanno coinvolto. Ma questo non ci ha impedito di capire il “trucco” che Affleck ha utilizzato per farci fare il tifo per Sonny Vaccaro. Da subito, ci viene dipinto come un amante del basket puro di cuore. Forse con il vizio per il gioco d’azzardo e una vita sociale limitata al lavoro. Ma lo incontriamo a bordo campo di una partita di basket delle superiori, gentile e appassionato: non è lì per procurarsi talenti da vendere con il marketing, ma per sostenere giovani talenti.

Persino di Nike all’inizio Affleck ci dice soltanto che ha una percentuale ridotta nel mercato delle scarpe da basket. I successi nella corsa sono presentati solo per far sapere che il consiglio di amministrazione sta per tagliare la divisione dedicata alla pallacanestro, Phil Knight menziona che l’azienda vale già oltre un miliardo di dollari solo in un momento in cui suona come una battuta.

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Courtesy of Amazon Studios

Riesce a dipingere Nike come la povera outsider, Vaccaro come l’unico che aveva intuito il talento di Jordan. Li smonta perché vuole che facciamo il tifo per il successo di questa corporazione. La vera storia del grande salto, quella di Jordan (e di sua madre) che sa quanto vale e non ha paura di chiederlo, resta relegata fino all’ultimo.

Just Watch It

Il risultato è un enorme spot pubblicitario per l’imprenditorialità di Nike – e per estensione di tutta l’America. Ma funziona. Non perché ci siamo alzati dal seggiolino del cinema con la volontà di cambiare scarpe – le Air Jordan si vendono bene da sole.

Ma perché tutte queste critiche cerebrali ce le siamo dimenticate per tutte le quasi due ore di film. Per quanto il nostro spirito da finti rivoluzionari voglia negarlo, abbiamo fatto il tifo per Nike, per Jordan, per Ben Affleck e soprattutto Matt Damon.

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Courtesy of Amazon Studios

Una scarpa resta una scarpa fino a quando Michael Jordan non la indossa. E sembra che anche Air – La storia del grande salto resta solo una pubblicità fino a quando un cast da Oscar non lo interpreta. Ben Affleck con questa storia ha fatto centro, se il brand Jordan basta a portare i fan al cinema, la qualità delle giocate viste in campo vale il prezzo del biglietto.

L’unica cosa che non riusciamo a digerire è il pensiero di esserci emozionati per un paio di scarpe. Ma i fan lo sanno già: non sono solo scarpe, sono una grande storia.

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  • Halberstam, David (Autore)

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Autore

  • Stefano Regazzi

    Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, Nerd da prima che andasse di moda.

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