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Votare per egoismo

Alcuni lettori mi hanno chiesto "Cosa devo votare al referendum del 17 ?”, quei lettori non hanno compreso come funziona OrgoglioNerd. 
La redazione non ha mai detto cose tipo “Fate questo perché è giusto” tanto meno il più colpevole “fate questo perché lo facciamo noi”. 
Certo, ON ha le sue idee. Certo, ON combatte per ciò che crede che sia giusto, ma non vi chiediamo di pensarla come noi, vi chiediamo di informarvi e formulare il vostro pensiero in autonomia.
Qualunque esso sia, cercate il confronto, non l'imposizione.
Perché ciascuno di noi deve riuscire a costruirsi da solo la propria morale, ed è esattamente per questo motivo che oggi non parlerò delle “trivelle”, non direttamente almeno.
Come avete potuto leggere nel nostro articolo (cliccate qui), la situazione è volutamente molto confusa, fonti attendibili sono davvero molto difficili da recuperare e i dati, come spesso accade, cambiano da voce a voce.
Già il fatto che il Referendum Anti-Trivelle non comprenda praticamente Trivelle è qualcosa di sintomatico, non credete?
Nei libri fantasy, quando gli orchi sono alle porte, quando l'esercito di morti sta giungendo, quando sei davanti a una scelta, c'è sempre il personaggio che non vuole combattere.
Che si chiede perché dovrebbe, che valuta il sacrificio dei maghi che un tempo gli hanno dato quelle armi magiche come vano, lui non vuole usarle, tanto c'è già abbastanza gente sulle mura.
Oppure non vuole usarle perché nessuno gli ha spiegato bene il loro utilizzo, perché è faticoso muovere un'ascia magica a destra e manca, tanto è tutto un combattimento finto.
Sempre la solita schermaglia tra orchi e cavalieri, non cambia mai niente. Non vale la pena scomodarsi.
Forse esso non sa nemmeno che gli orchi stanno arrivando, armati della cosa che più ci fa paura, la scelta. Faticoso scegliere, fare qualcosa, sarebbe perfetto poter stare seduti e comunque sentirci partecipi no? Un sogno.
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Io vado sempre ai seggi, vi spiego perché. Votare non è un diritto, votare è un diritto/dovere e, io personalmente, l'ho sempre reputato un privilegio. Pur non avendo vissuto nell'epoca pre-liberazione basta un buon libro per comprendere la fortuna che abbiamo.
Trovo molto sbagliato, e qui non c'entrano calcoli amministrativi, regolamentazioni o paragoni, parlo esclusivamente della mia morale, trovo molto sbagliato che l'astensione sia considerata al pari di un voto e questo vale per tutti i tipi di referendum..
Non trovo sbagliato astenersi, notate bene, se coscientemente reputi che una votazione non debba essere perpetrata è giusto astenersi come scelta consapevole per arrivare dove vuoi arrivare.
Ma tuttavia questo non deve esimerti dall'alzarti e andare al seggio, fare una scheda bianca/nulla, la prova che coscientemente hai preso questa decisione. Magari non per “loro”, ma per te stesso.
Secondo voi farà più peso una maggioranza di schede bianche/nulle o un quorum non raggiunto che rischia di essere facilmente etichettatile con un “non hanno avuto voglia di andare al seggio”? E che spesso è vero.
Lo slogan “se sei contrario non andare a votare così non ci sarà il quorum” è profondamente sbagliato, trovo che il messaggio educativo del “anche se non fai niente il tuo non fare niente conta come un voto” sia tremendamente diseducativo per le nuove generazioni.
Detesto che un voto, una mia scelta, possa essere equiparata a un ragazzo che si è dimenticato di votare, che non sapeva nemmeno che avrebbe dovuto farlo o che semplicemente se ne è fregato perché è faticoso. 
Le volte che per un motivo o per l'altro mi sono “astenuto”, mi sono sempre recato comunque ai seggi proprio perché non riuscivo a mandare giù l'equiparazione fra una mia scelta ponderata con quella di un tizio che ubriaco sul divano non sapeva nemmeno cosa stesse accadendo.
Forse vi aspettavate sproloqui sulla seconda guerra mondiale, il rispetto e la tirannia. No, la mia è una questione prettamente egoistica.
È una questione di onore, più che di politica. 

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Commenti

  1. Capisco le tue ragioni, anche io sono convinta che votare debba essere un diritto/obbligo e così è definito dalla nostra Costituzione, ma in questo caso, trattandosi di un referendum abrogativo, non andare a votare è effettivamente esprimere un voto. Mi spiego meglio: la nostra Costituzione, essendo nata dopo un’esperienza di dittatura, tende ad essere molto rigida per quanto riguarda le modifiche al nostro ordinamento, che sono possibili ma non del tutto (ad esempio i principi fondamentali della Repubblica non sono modificabili). E’ una Costituzione che tende ad autoconservarsi, in maniera semplicistica “ha paura” di subire di nuovo svolte autoritarie e si difende come può.
    Sono previsti due tipi di referendum: quello abrogativo, di iniziativa popolare o da parte delle regioni, e quello costituzionale. Mettiamola così: il referendum abrogativo modifica una parte di una legge ordinaria (non costituzionale) e la proposta viene da una minoranza, quindi inserendo un quorum di partecipazione si impedisce che una minoranza di individui (qualche decina di migliaia che ha firmato per il referendum e presumibilmente voterà Sì) prenda la decisione per tutti. Il ragionamento è che se sei interessato ad abrogare le norme, vai a votare e giustamente se il 50% più 1 degli elettori va, è giusto modificare la legge, altrimenti il sistema si conserva intatto. Personalmente ritengo che ognuno debba poi fare le proprie valutazioni: voglio abrogare? Voto Sì. Non voglio abrogare? Posso astenermi per non far raggiungere il quorum o se penso che verrà raggiunto lo stesso, vado e voto No.
    Discorso diverso per il referendum costituzionale, che non prevede un quorum di partecipazione. Sempre in maniera semplicistica possiamo vederla così: il referendum non passa se non vincono i Sì, andassero a votare in 10 devono essercene almeno 6 favorevoli. In questo modo è più facile bloccarlo e il sistema si conserva, torniamo al discorso di prima.
    Scusate se mi sono dilungata e se ho commesso qualche errore nella spiegazione teorica… L’esame di Costituzionale avrebbe potuto andare meglio 😉

  2. Ancora una volta mi stupisco di come condivida la posizione politica (perchè quanto espresso in questo articolo è politico nel senso più alto e puro del termine) di ON. Condivido ogni singola parola scritta.

    @Silvia: al di là delle legittimità dell’astensione, se il legislatore avesse valutato che astenersi e dire no fosse la stessa cosa, avrebbe stabilito che il sì avrebbe dovuto superare il 50% degli aventi diritto e non dei votanti. Il non voto ormai è diventato un modo più facile per vincere, accaparrandosi anche “il non voto” di chi non vota per motivi diversi da quello di essere contrario al quesito referendario. Legittimo, ma personalmente lo trovo eticamente discutibile.
    Per cui pollice in su per ON.

  3. Ehi, se mi posso permettere, complimenti per questo tuo post, mi è piaciuto davvero tanto e lo rispetto tantissimo. 

  4. Sono d’accordo sul considerare il voto come un privilegio, come la possibilità di intervenire attivamente, dare la propria opinione e dire “io chiedo che sia fatto così”. Poi magari la maggioranza avrà votato il contrario, ok, va bene, però tu hai fatto la tua parte, hai espresso chiaramente il tuo parere e la tua volontà. Chi non vota è perchè evidentemente non è interessato alla questione e di conseguenza poi non avrà il diritto di lamentarsi quando le cose non andranno come vuole lui, in quanto lui stesso non ha voluto prendere una decisione, non ha voluto schierarsi. Chi non voterà al referendum sulle trivelle, secondo me, poi, non dovrà più tornare sull’argomento, poichè quando avrebbe potuto fare qualcosa a riguardo ha dimostrato il suo totale disinteresse. Facendo l’esempio di due candidati in politica. Se quello andato al potere si comporterà in modo scorretto: se hai votato puoi sempre dire “io non ho votato per lui”, oppure “sì, l’ho votato io, però lui non ha mantenuto le sue promesse”; ma se non hai votato cosa puoi dire? “ah, non lo so, io dormivo quel giorno”, bene, e allora torna pure a dormire visto che la cosa, evidentemente, non ti riguarda.

  5. Trovo davvero irritante, e sconsolante, l’equiparazione di “voto no” e “non voto”. Avranno, storicamente hanno avuto, lo stesso risultato finale, ma l’equivalenza finisce lì. Il senso politico di andare e votare no, ma anche di andare e votare scheda bianca, e di non andare, è completamente differente. Se vai a votare e voti no, scegli di esercitare il tuo ruolo di cittadino e partecipi al processo democratico, fai sapere la tua opinione. Anche se vai a votare scheda bianca partecipi al processo democratico e fai sapere la tua opinione. Se non alzi il culo e non vai a votare, scegli di non partecipare per nulla, scegli di abdicare la tua autorità di sovrano, scegli di lasciar decidere gli altri. Non importa nulla se all’atto pratico il non raggiungimento del quorum e la vittoria del no hanno lo stesso risultato contingente, sono comunque due risultati enormemente, clamorosamente diversi. E’ grave essere convinti che le due cose siano equivalenti, ed è gravissimo per i nostri politici propagandare questa falsa equivalenza.
    Daccò ed io abbiamo da sempre la stessa opinione su questo, in larga parte grazie alla nostra professoressa di storia e italiano delle scuole medie, che insisteva sempre sulla parte del “dovere” di “diritto/dovere”, che chissà come mai viene sempre dimenticata. Ma è importante: essere cittadini di una democrazia comporta dei diritti, ma anche dei doveri. E’ troppo comodo godersi i primi senza osservare i secondi. Come di diceva sempre la nostra professoressa, molta gente è morta perchè noi oggi potessimo andare a votare; stare a casa, per pigrizia o per calcolo, è grave. Bearsi del non raggiungimento del quorum, come s’è visto fare, è disgustoso.

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