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Unbowed, unbent, unbroken: blasoni, stemmi e araldica fra storia e Game of Thrones

Combattere nel medioevo era un brutto affare. Mischie disordinate, elmi chiusi, scudi pesanti e spade fatte più per mazzuolare che per tagliare, ordini confusi, sangue, fango e sudore. Tutte queste condizioni facevano sì che identificare chi si aveva di fronte sul campo di battaglia era una questione tutt'altro che banale. C’è una bellissima scena nella nona puntata della sesta stagione del Trono di Spade, dove [spoiler!] Jon Snow, impegnato nella battaglia finale contro Ramsay Bolton, si ritrova coinvolto in una mischia convulsa, in cui il fango e il sangue hanno reso totalmente indistinguibili i combattenti dei due schieramenti. Il nostro interviene in un duello fra due soldati, uccidendone uno…ma poi, non sicuro di chi ha di fronte, affetta immediatamente anche l’altro.
Nel medioevo è stato sviluppato un intelligente sistema per identificare non solo lo schieramento a cui appartengono i soldati, ma anche, nel caso dei cavalieri titolati, per identificare precisamente l’individuo che si ha di fronte. Sto parlando dell’araldica, una delle cosiddette discipline accessorie della storia medievale, che io adoro profondamente.
Se avete visto il Trono di Spade, o letto i romanzi, sapete che in quel mondo l’araldica ha un ruolo di prim'ordine: il leone dei Lannister, il lupo degli Stark, il drago dei Targaryen e così via. Le famiglie, e i personaggi, si identificano fortemente con il proprio stemma (al punto di modificarlo e cambiarlo a seconda delle necessità simboliche del momento: è il caso di Stannis Baratheon, che aggiunge il cuore e la fiamma, simbolo della sua fede, al cervo di famiglia, e di Raymun Fossoway, che cambia in verde la mela rossa della sua casata per simboleggiare il suo essere “acerbo” come cavaliere).
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Da appassionato di araldica storica guardo con molta simpatia ed interesse alla versione fantastica utilizzata da Martin: si tratta di un curioso misto di aspetti corretti (come tutti gli esempi di “araldica parlante”, come la casata Webber, che ha come stemma una ragnatela e un ragno, o il più famoso esempio dei Blackfyre e il loro drago nero; si tratta di qualcosa di storicamente esistente, ad esempio la famiglia Colonna ha come stemma una colonna, e la città di Canegrate ha come stemma un cane…dietro una grata) e di aspetti totalmente scorretti, come la facilità con cui i personaggi cambiano la propria araldica personale (cosa frequente nel primo medioevo, ma assai rara più tardi), la scelta dei colori e soprattutto la composizione degli stemmi.
Già, perché sebbene la scelta del proprio stemma è sempre una faccenda personale, o al massimo famigliare, l’araldica ha delle regole piuttosto ferree per quanto riguarda la disposizione delle figure e la scelta delle tinte. Queste regole derivano originariamente proprio dalla funzione molto pratica di questa disciplina: identificare il cavaliere che si fronteggiava sul campo, discernere fra amico e nemico e possibilmente capire se il potenziale riscatto da conquistare valeva il rischio. Ecco quindi la regola principale, la più importante: lo stemma dev'essere leggibile chiaramente da lontano, quindi la figura dev'essere il più semplice possibile, e le tinte devono garantire un contrasto accettabile.
In araldica si distinguono i colori, ovvero nero, rosso, azzurro, e i metalli, ovvero argento (cioè bianco) e oro (giallo), e la regola impone che si possa soltanto avere una figura di un colore sopra uno sfondo di metallo o viceversa, ma mai colore su colore e metallo su metallo. Ci sono delle eccezioni illustri: nell'araldica balcanica si trova spesso il nero sopra il rosso, come nello stemma dell’Albania, e in quella che sicuramente è la trasgressione più famosa, Goffredo di Buglione sceglie come stemma del Regno di Gerusalemme una croce d’oro su sfondo d’argento. Ovviamente non è perché non avesse mai sentito nominare la regola del contrasto, ma anzi, proprio infrangendola voleva dimostrare di sentirsi ben al di sopra di chiunque altro. 
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Avrete anche notato che la scelta di colori è assai limitata: dov'è il verde? Il marrone? Il viola? Il rosa seminato di gocce di sangue rosse della casata Bolton? Beh, questi colori semplicemente non venivano utilizzati. Hanno iniziato a essere introdotti molto più tardi, e soprattutto nell'araldica civica, ma se ci fate caso negli stemmi famosi non ce n’è traccia. E non esistono nemmeno le sfumature: in araldica, azzurro indica tutta la gamma di sfumature dall'azzurro chiaro al blu, così come rosso può indicare il bordeaux come il rosso brillante (con buona pace del creativissimo stemma di Sir Duncan l’Alto). 
Il motivo è ancora una volta pratico: nel medioevo i colori venivano realizzati con tinture naturali, e non era pensabile cercare di ricreare con precisione una specifica sfumatura di colore. Gli artigiani ricreavano uno stemma a partire dal suo blasone, ovvero una descrizione a parole, codificata ed univoca; quindi “d’azzurro a tre gigli d’oro”, il blasone del regno di Francia dell’età dei Borbone, può venire interpretato con un tessuto azzurro e tre gigli gialli intessuti sopra se a realizzarlo è un sarto, ma anche uno scudo dipinto di blu scuro con tre gigli dorati in rilievo se l’artigiano è un fabbro, ed entrambe le versioni sarebbero corrette.
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Ora: avrete sicuramente tutti in mente immagini di stemmi di famiglie reali assolutamente complicatissimi. Questo avviene perché con il passare dei secoli alla funzione pratica di cui abbiamo parlato se ne sono aggiunge altre, di carattere più dinastico, e quindi lo stemma di personaggi particolarmente importanti ha anche la funzione di “carta d’identità” famigliare, che permette agli araldi e agli altri nobili di risalire ad antenati ed eredità della persona che hanno di fronte. Ecco quindi che gli stemmi iniziano a “sommarsi”, a comporsi, fino a raggiungere dei livelli estremi che di identificabile non hanno proprio nulla, complicando anche il lavoro degli araldi. Tanto per fare un esempio, questo è lo stemma di Carlo V d’Asburgo
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…e questo è il blasone: 
Inquartato: I e IV gran quartato 1° e 4° gran gran quartato 1 e 4 d'oro a tre castelli turriti d'oro murati di nero e portati d'azzurro, 2 e 3 d'argento al leone rampante porpora coronato d'oro linguato e armato di rosso, 2° in palo, destro troncato, in capo d'oro ai quattro pali rossi, alla base rosso alla croce in salterio, e orlo di catene unite assieme d'oro e al centro un punto verde, sinistro d'argento alla croce patente e quattro crocette d'oro impalante un barrato di otto di rosso e d'argento, 3° in palo, destro troncato, in capo d'oro quattro paletti rossi, a base rossa alla croce, in salterio, e orlo di catene unite assieme d'oro e con in centro un punto verde, sinistra in alterio, 1 e 4 d'oro a quattro paletti rossi, 2 e 3 d'argento all'aquila spiegata di nero; II e III gran quartato, di rosso troncato d'argento, 2° d'azzurro seminato di gigli d'oro a bordura composta d'argento e d'oro, 3° bandato di sei d'oro e d'azzurro a bordature rosse, 4° nero al leone rampante d'oro linguato e armato di rosso, sopra tutto al punto di troncatura dei quarti uno scudo patente d'oro al leone rampante nero armato e linguato di rosso impalante d'argento all'aquila spiegata di rosso, armate, beccata e linguata d'oro; su tutto nel punto alla base d'argento un melograno porpora seminato di rosso, supportato, fogliato e aperto.

Notevole, vero? Oggi non c’è più un vero motivo per usare uno stemma, saper decifrare un blasone o per riconoscere i significati simbolici nascosti (ad esempio: un leone che guarda a destra simboleggia il coraggio, uno che guarda a sinistra la codardia!), soprattutto in Italia, dove l’araldica sopravvive soltanto negli stemmi di città e istituzioni, ma io lo trovo un campo di studi affascinante, e mi piace condividere con voi gli argomenti che mi affascinano. Un giorno creeremo lo stemma araldico dell’Università Invisibile, quindi se avete idee…tiratele fuori!
La colonna sonora consigliata di oggi prende spunto dall'incipit dell’articolo: ascoltate War of the Thrones, dell’album At the Edge of Time dei Blind Guardian, traccia ispirata alle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco!

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Gabriele Bianchi

Lettore, giocatore, conoscitore di cose. Storico di formazione, insegnante di professione, divulgatore per indole. Cercatelo in fiera: è quello con la cravatta.

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Commenti

  1. A me basterebbe un sistema operativo Android per pc, user-friendly e compatibile per il gaming.
    Così sfanculerei Microsoft una volta per tutte.

  2. “Un giorno creeremo lo stemma araldico dell’Università Invisibile” come se non ti fossi già preparato decine di bozzetti…

  3. @Andrea: è vero, però è bruttino! In più c’è un’altra regola nell’araldica che dice che non dovrebbero esserci scritte all’interno dello stemma (anche se è il motto più bello di sempre). Possiamo fare di meglio!

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