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Tu Per Me Sei Morto, il funerale più esagerato mai scritto | Recensione

Il romanzo di Luca Vecchi diverte da morire

I funerali non fanno solo piangere. O almeno, non sempre: la comicità sa prendersi spazio anche nei momenti più tristi della nostra vita. Ma nessun funerale può raggiungere il livello di assurdità di quello al centro della trama di Tu Per Me Sei Morto, il libro di Luca Vecchi edito da Rizzoli Lizard che vi raccontiamo in questa recensione.

La nostra recensione di Tu Per Me Sei Morto

Il protagonista di questo libro si chiama Primo Aprile e non trova simpatico il trovarsi in mezzo a una specie di scherzo esistenziale. Sta scrivendo un libro, convinto possa fargli fare il salto da scrittore di fake news online ad autore celebrato e di successo. Ma è bloccato, non riesce a scrivere una riga. E per rimediare, come un fioretto, ha deciso che non leggerà più nemmeno una parola fino a quando non avrà finito il proprio manoscritto. Nemmeno le etichette quando fa la spesa.

Tutto si complica quando il suo amico Dario, morto suicida, gli chiede di organizzare il suo funerale. Qualcosa di grandioso e diverso, tanto che Dario ha scritto un manuale che Primo dovrà seguire aiutato da Marta, lo spirito liberissimo che ha come amica.

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Fra le riflessioni di Dario sulla vita, la morte e come celebrare entrambe, Primo vivrà una serie di incontri che hanno del surreale. Fra sacerdoti influencer e forni crematori, passando per riti funebri ancestrali e persino i Coldplay, Primo e Marta dovranno organizzare il primo funerale davvero social. Con tanto di sponsor e posto in prima fila per Malgioglio.

Fra il sacro e il profano

Sembra che tutte le popolazioni umane, fin dall’alba dei tempi, abbiano creato musica e si siano prese cura dei malati: sono segni che distinguono l’uomo dal resto degli animali (o almeno da quasi tutti). Ma secondo gli antropologi, dal Paleolitico a oggi un’altra cosa che ha accomunato quasi ogni popolazione umana sono i riti funebri.

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La morte ha un ruolo importate anche nella nostra di società, anche se come fa notare Luca Vecchi, “è un problema di chi resta, perché chi muore non deve organizzare nessun funerale“. Dario, prima di uccidersi, ha deciso di comunicare a Primo ciò che vorrebbe si facesse del suo corpo e come organizzare il suo funerale. Ma non si tratta di una lista della spesa.

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Anzi, sembrano quasi più ragionamenti, una lettera all’amico che non sente più da tempo. Ma non per raccontare sé stesso, la sua vita. Quanto piuttosto per scherzare sulla sua morte, lasciando a Primo (e a noi) il compito di interpretare il dolore e il senso di colpa dietro quelle parole.

In tutto il romanzo, il dolore resta freddo e asettico: Vecchi racconta la relazione fra i due amici, anche i momenti più tragici, con distacco. E invece riempie di umanità tutti gli altri sentimenti che affiorano quando si organizza un funerale. L’imbarazzo di scegliere una bara, l’inadeguatezza nello scegliere parole e gesti per riassumere una vita. E poi la rabbia mista all’effetto per la sua amica Marta, personaggio assolutamente libero perché privo delle catene sociali che Primo si sente sempre addosso lei nemmeno le vede.

Con personaggi strani, ma che si limitano a esagerare comportamenti e tratti che conosciamo bene, Vecchi riesce a mischiare il sacro con il profano. A parlare del valore antropologico di un rito funebre ma anche di viaggi psichedelici con il “Dom Pérignon dei cartoni di LSD”. Dimostrando che non ci sono argomenti su cui non valga la pena ridere – almeno quando sono scritti in un romanzo e non vissuti in prima persona.

Un funerale dove non si piange

All’inizio del proprio manuale per il rito funebre perfetto, Dario chiedo a Primo un funerale dove non si piange. Una festa, dove la catarsi non arriva disperandosi sul corpo del defunto ma divertendosi in suo onore. Ma nel resto della sua guida al post-mortem non mantiene affatto questo tono nostalgico e non offre alcuna possibilità per ricordarsi con affetto di lui.

E Luca Vecchi non è da meno: questo non è un libro di auto-aiuto per persone che hanno appena vissuto un lutto, né ha alcuna intenzione di esserlo. Anzi, sembra voler prendere in giro quel sentimento tanto diffuso di vedere nella morte di qualcuno un lieto fine fiabesco, che arriva per rileggere tutta la vita del defunto sotto una nuova luce.

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Pagina dopo pagina, Dario non ci sembra migliore. Anzi, scopriamo alcune storie del suo passato che offrono sì un’altra luce, ma non particolarmente benevola. E anche Primo non impara una lezione profonda con cui onorare il proprio amico. Si riempie di dubbi, si fida sempre meno.

Fino all’ultima riga, Vecchi racconta la sua storia con spirito dissacrante, mettendo i propri personaggi in imbarazzo e facendoci sorridere a disagio per loro. E chiude con un finale che non offre un facile e smielato lieto fine, quanto piuttosto una prospettiva diversa con cui vedere la storia.

Per scrivere questa recensione, abbiamo divorato Tu Per Me Sei Morto: nonostante parli di morte e funerale, sono duecento pagine che si leggono di un fiato. Non con la smania di sapere cosa succederà nel capitolo dopo, ma svelando un po’ alla volta le stranezze dei personaggi e quelle che stanno dietro all’organizzazione di un funerale epocale. Non pensavamo che un manuale per pompe funebri potesse diverteci così.

Vi segnaliamo, inoltre, che per il mese di ottobre, in occasione dei 30 anni di Rizzoli Lizard, potete acquistare con il -20% di sconto tutti i libri in catalogo – compreso Tu Per Me Sei Morto. Qui trovate altre nostre recensioni di libri e fumetti dell’editore.

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Stefano Regazzi

Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, Nerd da prima che andasse di moda.

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