Cultura e Società

Ti racconto una canzone

Sono certo che tutti i miei lettori sono voraci consumatori di narrativa. Sono anche certo che tutti i miei lettori hanno consumato narrativa in vesti diverse: dalla letteratura tradizionale a quella sperimentale, dalle mille sfaccettature dei fumetti serializzati alle graphic novel, dalla narrativa cinematografica a quella televisiva, e non ultime le forme di narrazione interattiva, dai videogiochi al meraviglioso universo dei giochi di ruolo, cartacei e dal vivo.
Ma oggi vorrei parlare di una forma di narrativa che solitamente passa un po' in sordina -con un certo soddisfacente livello di ironia. Sto parlando della narrativa in forma di musica, e in particolare dei concept album narrativi.
Quest'ultima è una precisazione importante: non aspettatevi cioè che io vi venga a raccontare qualcosa di Madama Butterfly o dei Pagliacci. Non lo farò non perchè non siano importanti o perchè non c'entrano con quello di cui invece parlerò. Anzi, tutto il contrario! Non ne parlerò per la semplice ragione che non ne so praticamente nulla. Potrei provare a sfangarla sbirciando su wikipedia, ma preferisco immaginare che i miei lettori siano abbastanza svegli da sgamarmi. Chissà se mi illudo!
Torniamo a bomba all'argomento in questione, i concept album narrativi. Ce ne sono letteralmente per tutti i gusti a livello di generi musicali, ma la stragrande maggioranza appartengono al mondo del rock, nelle sue mille declinazioni. A partire da Tommy, degli Who, che è la storia del percorso di illuminazione di un ragazzino disturbato che assurge a pastore di genti, fino alle meravigliose opere con cui il tastierista degli Yes, Rick Wakeman, ha inaugurato la sua carriera da solista, in particolare Journey to the Centre of the Earth (ispirata, ovviamente, al romanzo di Verne) e The Myths and Legends of King Arthur and the Knights of the Round Table (ispirata, altrettanto ovviamente, alle leggende arturiane), passando per Ziggy Stardust di Bowie, una vicenda terribilmente più complicata di quel che sembra dopo il primo ascolto, e naturalmente The Wall dei Pink Floyd. Insomma, il mondo del rock non solo ha dato il via, fra gli anni Sessanta e Settanta, alla lunga e florida tradizione dei concept album narrativi, ma continua a rappresentarne la parte più corposa e importante. Non a caso quello a cui mi sto riferendo con “concept album narrativo” è normalmente chiamato semplicemente “rock opera”.
Ad aver portato però il concetto di rock opera nella sua evoluzione successiva sono state le band metal: in particolare gruppi come i Rhapsody of Fire (occhio: of Fire! Rhapsody non basta più!) non solo hanno creato numerosi album ciascuno dei quali è una rock opera, ma li hanno uniti in un epico e glorioso arco narrativo che cuce insieme le vicende e mette insieme una vera e propria saga fantasy dall'ampio respiro, con tanto di eroi, principi demoni ed artefatti magici feticci (sì, sto parlando della mitica Emerald Sword) in grado di rimanere nella memoria di chi li ascolta non meno di quanto si trova nelle saghe letterarie.
Un passo ancora successivo è forse possibile identificare nel particolare stile narrativo con cui le rock operas vengono approcciate dai cosiddetti “supergruppi”, ovvero da quelle band in cui confluiscono, magari solo per un album o due, decine di artisti di altri gruppi, fino a creare una vasta compagine di cantanti e musicisti con cui è possibile mettere insieme qualcosa di veramente corale. Per rimanere nell'ambito fantasy l'esempio più riuscito e (giustamente) famoso non può che essere costituito dagli Avantasia, supergruppo nato dalla mente vulcanica di Tobias Sammet degli Edguy: gli artisti coinvolti sono talmente tanti che è stato possibile assegnare singoli personaggi a cantanti diversi, aggiungendo un livello di interpretazione e di realismo alla storia che aggiunge davvero qualcosa in più. In entrambe le narrazioni del gruppo Sammet può concentrarsi ad interpretare il solo protagonista delle storie: Gabriel Laymann, un frate domenicano in crisi di fede, in The Metal Opera, e il novello Faust senza nome nella Scarecrow Trilogy, e lasciare che gli altri cantanti interpretino tutte le altre parti. Il risultato è qualcosa di veramente speciale.
Non ho ancora citato però, quella che in assoluto è la mia band preferita fra quelle specializzate in opere narrative in musica. Si tratta di un altro supergruppo, con all'attivo una decina di album, tutti di concetto, che costituiscono una grandiosa epopea fantascientifica: sto parlando degli Ayreon, inventati dal polistrumentista olandese Arjen Anthony Lucassen. La grande storia dei loro album inizia con The Final Experiment, che narra di un futuro distopico in cui il mondo sta per finire, e gli scienziati decidono allora di inviare nel passato un disperato SOS. Il messaggio viene recepito da Ayreon, un bardo dell'Inghilterra dell'alto medioevo, che non riesce a convincere nessuno di ciò che ha scoperto, se non l'incantatore Merlino, che si fa carico di trasmettere a sua volta il messaggio… e lo fa attraverso proprio l'album che si sta ascoltando. Gli album successivi esplorano tematiche diverse ma sono sempre “in continuity”: apprendiamo degli esperimenti di una razza di alieni incapace di provare emozioni che decide quindi di sottoporre degli umani a prove bizzarre (Into the Electric Castle), o di osservare da vicino drammi umani (The Human Equation), fino a scoprire che la creazione stessa dell'umanità è stata architettata da loro (01011001) ed è anche causa loro se il mondo è destinato a una prematura fine… e gli scienziati devono ricorrere alla trasmissione del messaggio nel passato. Quello degli Ayreon è un progetto ambizioso, senz'altro quanto di più sperimentale e coraggioso sia stato tentato in questo ambito, e val la pena darci un'occhiata, o meglio, un'orecchiata. 
Prima di indicarvi la Colonna Sonora Consigliata per questa puntata dell'Università Invisibile è d'uopo esortarvi a commentare. C'è qualcuno che non ho citato? Ci sono delle lacune gravi? Avete semplicemente dei consigli per integrare quanto ho consigliato io? Scatenatevi.
E ora, la CSC di oggi: sarebbe facile scegliere uno qualunque dei concept album citati nell'articolo, ma per rendermi le cose difficili ho deciso di limitarmi ad una sola traccia, e questa non può che essere 2112, dell'album 2112 dei miei amatissimi Rush. E' una canzone di venti minuti in diversi movimenti, davvero un'intera rock opera in una sola traccia. Buon ascolto!

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Gabriele Bianchi

Lettore, giocatore, conoscitore di cose. Storico di formazione, insegnante di professione, divulgatore per indole. Cercatelo in fiera: è quello con la cravatta.

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Commenti

  1. La CSC mi ha fatto pensare ai CSI, che in campo italiano hanno avuto – per esempio – un particolare rapporto con l’opera di Fenoglio e hanno sonorizzato alcuni suoi racconti; il concept album comunque oramai è un formato che ha contaminato molto, lo si può trovare anche in certo hip-hop (che anzi ci si è affezionato), in elettronica e così via.
    Per esempio, l’ultima rock opera di una certa fama che io conosca è curiosamente legata allo hardcore punk (‘David Comes to Life’ dei Fucked Up), molto sentita, con un lavoro di chitarre splendido e in generale un po’ sfiancante ma ottimo album. Comunque è il racconto molto meta-narrativo di un personaggio di finzione che si ribella al destino tragico che l’autore ha imposto al suo breve amore, se ricordo bene.

  2. complimenti, confermi la tua originalità con un tema davvero intrigante che ognuno può approfondire come meglio crede… comunque colgo l’occasione per consigliare a tutti (anche se probabilmente qualche brano l’avete già sentito) “Le dimensioni del mio Caos” del mitico Caparezza, un fonoromanzo sulle avventure di un ragazzo perso nella monotonia della nostra epoca che si trova ad affrontare gli argomenti più distanti tra loro 🙂

  3. Mi hai illuminata! Amo gli Avantasia, ho acquistato the metal opera proprio questo natale :)… ma i Rhapsody of fire… li avevo sentiti nominare, ma mai ascoltati per bene… beh, ora ho una nuova band da ascoltare (e finalmente posso affermare di amare anche una band italiana! ahahah)

  4. Sono un amante del Progressive degli anni ’70 e uno dei gruppi Prog-rock italiani che maggiormente adoro sono Le Orme. Nel 1973 incisero FELONA E SORONA,uno tra i più belli (secondo il mio modesto parere) concept album della storia del progressive . Mi sembra doveroso citare anche DARWIN,un concept del Banco del Mutuo Soccorso (altro gruppo che adoro), interemanete dedicato all’evoluzione,con brani sofisticati: melodie evocative,sonorità jazz-rock e una elegante ricchezza dei testi,il tutto incorniciato dalla grande professionalità alle tastiere di VITTORIO NOCENZI e la splendida voce lirica di FRANCESCO DI GIACOMO. Potrei citarne altri ma finisco con il grande CAPAREZZA. Le dimensione del mio caos è album che amo anche io. Viva CAPA!!!

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