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BoJack Horseman: Il motore del cambiamento | Recensione

L’ultima stagione di BoJack Horseman è emozionante. Non solo perché si tratta dell’ultima storia sui personaggi di cui ci siamo innamorati, ma anche perché è BoJack: una serie che prende un caleidoscopio di sentimenti e lo fa balenare nel cervello. I personaggi hanno i pregi e i difetti delle persone vere, hanno obiettivi, passioni e soprattutto cambiano. Il cambiamento è il tema portante di tutto lo show. Come nella vita, c’è chi non riesce a cambiare nonostante i tentativi, chi riesce a rigenerarsi senza sforzo e chi è costretto a farlo dalle circostanze, ma tutti, prima o dopo, cambiamo.

Nonostante la chiusura della serie sia stata accelerata da Netflix l’autore, Raphael Bob-Waksberg, è riuscito a tirare i fili della trama fino a comporre un arazzo che ben la conclude, con rimandi addirittura alle primissime puntate. Il tutto risulta un po’ condensato, un concentrato di BoJack dal sapore forte. Atteso e gradito certo, ma che richiede un secondo assaggio per meglio cogliere tutte le sfumature e le sottotrame che anche questa stagione ha da offrire.

BoJack Horseman: di cosa parla?

Bojack Horseman cast

La serie narra la vita di BoJack Horseman, un attore di Hollywood diventato famoso negli anni ’90 grazie alla serie (fittizia) Horsin’ Around. Il mondo dello show è popolato da umani e animali antropomorfi, cosa che viene sfruttata per qualche gag mai banale. Il protagonista, all’inizio della storia, cerca di risollevare la sua fama con la pubblicazione di una sua biografia. L’intero show riguarda BoJack ovviamente (il suo nome dà il titolo alla serie), ma intorno a lui gravitano altri personaggi che possiamo definire principali: Princess Carolyn, la sua agente; Mr. Peanutbutter, collega e sorta di nemesi (il suo ottimismo si contrappone alla sfiducia di BoJack); Diane Nguyen, scrittrice e amica; lo stravagante Todd Chavez, che si ritrova a vivere sul divano di BoJack.

BoJack Horseman è una rappresentazione disincantata dello show-business hollywoodiano. Un gigantesco affresco che rivela un mondo vuoto e crudele, una volta che ci si è abituati al bagliore delle sue stelle. E in questa serie le stelle abbondano. Durante la visione ci siamo imbattuti in moltissime celebrità: da quelle reali, come Andrew Garfield, Jessica Biel o l’attrice caratterista Margot Martindale, a quelle inventate, come Sarah Lynn o Courtney Portnoy, passando per i giochi di parole, in una fusione di realtà e fantasia (Quentin Tarantolino).

BoJack Horseman però non è una serie (solo) comica. Strappa molte risate sincere, ma le emozioni più forti che fa provare sono quelle che ti lasciano vuoto dentro. Senti solo il cuore che ti rimbomba nel petto mentre aspetti che si risolva quella scena, che i personaggi pronuncino la prossima battuta. Speri che il conflitto si risolva senza che si provochi un disastro, ma puoi solo guardare. Sia che la puntata finisca su un colpo di scena o su una riflessione, assapori quel brivido prima di iniziare la seguente. Nel frattempo inizi a farti domande, a riflettere su un’osservazione che hanno fatto i personaggi sulla vita, su quella frase che ti entra dentro e che fai tua. BoJack Horseman è una serie che va a toccare nel più profondo intimo.

BoJack Horseman: da vedere una volta sola?

Migliore Serie Netflix Bojack Horseman

BoJack Horseman va visto più di una volta. L’ultima stagione in particolare viene apprezzata molto di più se si ha familiarità con gli eventi e le situazioni che affrontano i personaggi. L’ostacolo può essere evitato guardandola tutta d’un fiato, ma per chi, come noi, l’ha seguita fin dalla prima apparizione su Netflix, è difficile ricordare ogni particolare. Moltiplicate il lasso di tempo per sei volte per farvi un’idea. Sei volte perché l’ultima parte è stata studiata per andare in onda in due porzioni separate: la prima, composta da otto episodi, ha debuttato il 25 ottobre (qui la nostra recensione). La seconda il 31 gennaio, per un totale di sedici episodi, quattro in più rispetto ai soliti dodici di cui è composta una stagione di BoJack.

BoJack Horseman è arricchita da un’abbondanza di sottotrame che ne fanno esigere una seconda visione. Catturati dalla storia principale, la prima volta perderete un dettaglio che poi si rivelerà importante, oppure un personaggio a cui avete prestato poca attenzione sarà fondamentale per i risvolti della trama. La narrazione non smette di avere senso se lo spettatore non si ricorda quel particolare, ma l’urgenza di rimettere insieme i pezzi del puzzle vi farà scavare nella memoria. Non vi ricordate bene quella scena e pensate di esservi dimenticati qualcosa? BoJack Horseman vi darà talmente tanti input che farete fatica a riportare alla mente tutto ciò che vi servirà per apprezzarla appieno.

BoJack Horseman: la fine.

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BoJack Horseman ha avuto un successo enorme, tanto che gli autori hanno creato una pagina Twitter del personaggio. Su Rotten Tomatoes ha un indice di gradimento del pubblico del 94% e su Metacritic del 9.1. Raphael Bob-Waksberg ha affermato a Vulture che se avesse presentato la serie in un altro momento o ad un altro network, forse non avrebbe avuto neppure la possibilità di creare la seconda stagione (l’idea iniziale era di farne una serie autoconclusiva). Fra i suoi numerosi premi ha collezionato tre Annie Awards, quattro Critics’ Choice Television Awards e due Writers Guild of America Awards. Princess Carolyn ne sarebbe fiera.

Nonostante la decisione di Netflix di concludere la serie, Raphael Bob-Waksberg ha dichiarato che il finale non sarebbe stato diverso anche con un po’ di episodi in più: “Penso che se avessimo avuto più stagioni avremmo solo preso più deviazioni per arrivare lì, forse avremmo avuto tempo per fare un episodio su Lenny Turtletaub. Penso che abbiamo realizzato un finale solido, del quale sono soddisfatto, una buona chiusura per lo show. Probabilmente saremmo finiti più o meno in un posto simile”.

BoJack Horseman è finito, ma noi lo porteremo sempre nel cuore. Ci vorrebbe un trattato di psichiatria per raccontare tutte le implicazioni sociologiche della serie e i rapporti fra i personaggi. È stato un antieroe in cui ci piaceva identificarci, forse ci faceva sentire superiori metterci a confronto con lui. Ma mostrandoci i suoi difetti ci ha messo davanti ai nostri, costringendoci a specchiarci nella nostra oscurità. Qualcuno forse è riuscito a togliere lo sguardo, nascondendo le domande nella soffitta della mente come un novello Dorian Gray. Ma prima o poi, i dubbi sono tornati a farsi sentire, a bussare alle pareti del cervello come il richiamo di Jumanji. Un richiamo che non si può ignorare. Noi siamo cambiati, e BoJack è finito. Questo è troppo, amico!

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Francesco Briola

Videogiocatore di vecchia data, estimatore di serie d'animazione e film, divoratore di documentari. Parafrasando Sin City, "ha avuto la sfortuna di nascere nel secolo sbagliato": per lui le automobili sono carrozze senza cavalli e sostiene che una spada sia mille volte più affascinante di una qualunque arma da fuoco. Schivo e riservato, è ancora a disagio nel rileggere queste tre righe.

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