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Giochi Incrementali: chi può resistere?

Gironzolando tra i vari giochi offerti da piattaforme come Steam, Origin e altre,  ci si può rendere conto di un costante ed esponenziale aumento dei clicker games, detti anche giochi incrementali, cioè quei giochi in cui bisogna cliccare ripetutamente su determinati oggetti per poter andare avanti, tendenzialmente per guadagnare monete che permettono di compiere altre azioni.
Pensando in particolare al caso di Steam (vi ricordate il Monster Game dei saldi estivi?), il fatto che si siano così capillarmente diffusi in quella particolare piattaforma può suscitare un certo stupore; infatti questa è la base dei giocatori più hardcore, dei veri e propri smanettoni, insomma non esattamente i tipici app addicted.
Anche vero che l’utenza di Steam è sempre più variegata: dai dipendenti da Dota2 agli assidui giocatori di Grand Theft Auto (due tra i titoli più gettonati). Utenti dalle preferenze così differenti sembrano molto spesso ritrovare gusti in comune riguardo i popolari giochi “SpaccaMaus”. Come mai?
Sono diversi gli elementi che fanno funzionare i clicker games, vediamo più nel dettaglio con cosa abbiamo a che fare.
Innanzitutto non sono richiesti particolari abilità, è sufficiente far partire il gioco ed aspettare, accumulando punti, e poi cliccare a più non posso sugli obbiettivi una volta che si è ben pompati a dovere.
Abbandonati a se stessi si giocano praticamente da soli, lasciati in background magari mentre si sta facendo tutt’altro: giocando a qualcosa di più impegnativo, navigando o cercando di completare quella pesantissima ricerca per domani.
Al di fuori di Steam si possono scovare almeno un paio di esempi di giochi incrementali alquanto interessanti.
Il primo è Candy Box (di cui è uscita anche una più recente versione Candy Box2). Il funzionamento è di una semplicità disarmante; mentre si aspetta, il quantitativo di caramelle (la currency) a disposizione continua ad aumentare. Una volta accumulate a sufficienza si possono compiere diverse azioni che scatenano altre reazioni a catena e così via. Potenzialmente lo si potrebbe lasciare lì per giorni per ritrovarsi con chili e chili di caramelle per poter sbloccare in un baleno tutti i vari passaggi che attendono il curioso giocatore.
L’equilibrio geniale e malefico è perfettamente calibrato in modo tale che in seguito ad azioni monotone e ripetitive, arrivati a un attimo prima di stancarsi e chiudere, ecco che succede qualcosa e si entra quindi in un meccanismo di insistenza per avere una ricompensa sì certa, ma con quel pizzico di imprevedibilità che consiste nel non saper quando la otterremo.
Nei giochi incrementali il progresso è sicuro, non si corre il rischio di rimanere bloccati in qualche punto, con qualche boss finale che non si riesce a sconfiggere o una combinazione che proprio non si sblocca.
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Possono nascere anche spin off di questi giochi: nel primo Candy Box c’è una dark room ed ecco che nasce A Dark Room altro esempio di browser clicker game dalla semplicità irresistibile. 
L’interesse di questi giochi consiste nel fatto che non si tratta solo di un vuoto cliccare senza meta, molto spesso si intravede una storia alle spalle che li rende un po’ meno puri svuota-cervello.
In A Dark Room esiste anche una certa indipendenza per il giocatore che consiste ad esempio nel poter esplorare la mappa di un mondo che pian piano si svela essere post apocalittico in cui l’umanità è tornata in una condizione pre-tecnologica di caccia e sopravvivenza.
A partire da una stanza oscura dove un piccolo fuoco sfavilla bisogna cercare della legna nella foresta buia al di fuori del sicuro della propria capanna, dove si sentono strani rumori e presenze ignote. È necessario muoversi con cautela e memorizzare dove si è stati, abbiamo una mappa rudimentale che si rivela man mano che si esplorano luoghi più  lontani. Stando attenti a non  esaurire il rifornimento d’acqua per non morire di sete nel nulla.
Infatti la memoria è uno dei fondamentali e primi elementi di sopravvivenza, per un uomo primitivo essere in grado di memorizzare una preda anche quando questa ormai è uscita dal proprio campo visivo ha dato l’inizio allo sviluppo dell’uomo come tale.
Forse qualcosa nel nostro istinto è rimasto.
La soddisfazione di una preda sicura "ma non troppo" suscita su di noi un fascino troppo accattivante, nella giusta misura in cui non sappiamo quando aspettarci la ricompensa.

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Francesca Giulia La Rosa

Trekker, whovian. Non amo le etichette (a parte queste?). Traduttrice, editor a caccia di errori come punti neri nel tessuto della realtà. Essere me è un’esperienza profondamente imbarazzante.

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