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Ultras: tifosi oltre il campo di calcio | Recensione

Il film d'esordio di Francesco Lettieri racconta il mondo dei tifosi di calcio senza... il calcio!

Napoli, città in cui il calcio più che passione è vita. È questa l’ambientazione di Ultras, nuovo originale Netflix prodotto da Indigo Film e Mediaset. Un film che necessita sin da subito di una premessa: non si parla di calcio. O, almeno, non propriamente.

Attenzione! Nella recensione ci saranno SPOILER . Se ancora non avete visto il film e se non volete anticipazioni, interrompete subito la lettura!

La pellicola che segna il debutto alla regia di un lungometraggio per Francesco Lettieri, regista napoletano classe 1985, ci trasporta nel mondo degli Apache, gruppo di ultras napoletano. Lettieri ne esplora i codici, le evoluzioni, la lotta tra ‘il vecchio’ e ‘il nuovo’. Lo fa attraverso Sandro (Aniello Arena), soprannominato Mohicano,  a capo del gruppo di tifosi. Con loro Sandro ha trascorso gran parte della sua vita, fatta di amore per la maglia e scontri con le tifoserie avversarie, quando le trasferte erano tutte consentite.

Ultras, Sandro e Angelo: due vite (e generazioni) che si incrociano

UltrasQuando incontra Terry (Antonia Truppo), le sue priorità sembrano cambiare. Sandro vuole una vita normale e cerca di ottenerla provando ad allontanarsi da un mondo che arriva a considerare il passato. Anche i ragazzi più giovani del gruppo lo considerano ormai il passato:  vogliono camminare da soli e portare avanti la loro mentalità buttando fuori definitivamente il nucleo degli anziani.

Tra questi c’è Angelo (Ciro Nacca), che ha solo sedici anni e considera il gruppo degli Apache a tutti gli effetti la sua famiglia. La sua vita incrocia e si intreccia proprio a quella di Sandro. Il Mohicano diventa infatti una vera e propria guida per il ragazzo che ha perso suo fratello Salvatore in seguito a scontri avvenuti durante una trasferta. È proprio per questa vicenda che Sandro ed il suo gruppo storico sono daspati, non possono dunque entrare negli stadi. Le vite di Sandro e Angelo si intrecciano così tanto che, quando il gruppo delle nuove leve decide di partire per Roma nonostante il divieto, le conseguenze saranno inevitabili e tragiche.

Ultras: generazioni a confronto tra violenza e senso di appartenenza

UltrasUltras è chiaramente uno spaccato su gruppi di tifosi pronti a seguire la loro squadra ovunque. Tuttavia, in questo caso, si porta alla luce il lato violento delle frange estreme del tifo. Un mondo fatto di scontri e di fratellanza con un obiettivo comune: sostenere ed essere più forti delle tifoserie avversarie. Nel racconto di Lettieri e Fiore le questioni puramente calcistiche e di campo sono lontane. La narrazione punta a farci entrare nelle realtà di vari personaggi con i fari puntati su Sandro e Angelo.

Lettieri ha voluto mettere in scena non un film sul tifo o propriamente sul calcio, ma analizzare ciò che c’è sullo sfondo: le vite – così diverse ma accomunate da una forte passione – di alcuni esseri umani. Pur non avendo, dunque, uno scopo sociologico, Ultras punta a mettere inoltre a confronto tre generazioni diverse, che partono da Sandro e chiudono con Angelo. Ma il filo rosso che, nonostante le differenze d’età, lega l’intero gruppo, resta il bisogno di appartenenza.

Il desiderio di sentirsi riconosciuto e accettato, di esistere anche attraverso atti di violenza, purché insieme al gruppo, diventa tema predominante. Ma è proprio ciò che inizia a mancare a Sandro. La passione è passione solo quando ci porta soddisfazione? Solo quando porta alla costruzione di qualcosa di concreto? Per il Mohicano sì, da qui la sua crisi.

Francesco Lettieri, Ultras e il ruolo del calcio nel film

Il regista riesce a tenere sempre alta l’attenzione sulle storie dei protagonisti, mettendo in luce alcune realtà che sono, in certi casi, davvero forti. Manca tuttavia uno sguardo maggiormente approfondito su altri personaggi, elemento che sarebbe servito per meglio comprendere la presenza di una rabbia repressa che viene buttata fuori negli scontri feroci con tifoserie avversarie.

Manca, inoltre, una visione chiara sulla funzione prettamente calcistica del gruppo: non c’è uno sguardo diretto a ciò che accade in curva, le tifoserie avversarie sono poco nitide e senza netti riferimenti. Elemento che, se da una parte rende tutto a tratti astratto, dall’altra rappresenta la volontà – che sicuramente potrà scatenare polemiche – di descrivere questo mondo quasi con un occhio esterno e puntando sulle storie dei personaggi piuttosto che sul vero mondo Ultras.

D’altronde lo stesso Lettieri ha ammesso: “Siamo partiti per raccontare un mondo in cui il calcio era lo sfondo, mentre il cuore era la tribù, la fede, il senso di gruppo. Il tifo è cambiato molto dagli anni Ottanta, quando veniva chiamato “movimento ultrà”, era più folkloritstico e colorato, ora è più cupo e violento. Il movimento ultras è stato combattuto e represso, oggi vive un momento di grande crisi, gli scontri sono più rari, quest’anno è stato un anno scioperi“.

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Anna Montesano

Scrittrice da quando ne ho memoria, dai diari al web. Viaggiatrice incallita e malata di serie tv, appassionata di tv e cinema. Nella vita un solo motto: "Perché rimandare a domani quando puoi vederlo oggi?"

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