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Shut Up Meg

Due anni fa.  Sono in ritardo, devo prendere un treno per tornare a casa. Questa riunione non finirà mai. Ascolto i parenti che mi parlano ma sento solo un pesante mormorio, riesco solo a pensare che sono in ritardo. Devo correre e tornare a casa, c'è il funerale di mio nonno.
Sto per fare tardi a un funerale, anche per questo il mormorio che mi giunge è triste, lento e triste come un treno in partenza. Sono tutti seri qui.
Poi silenzio, hanno finito di parlare, io non dico niente per non far ricominciare tutto quanto.
Mi alzo e sorrido stringendo la mano a quei parenti che si vedono solo ai funerali, ai matrimoni.
Mentre le mie dita sfiorano quelle di mia zia le labbra invece partono da sole e, non capirò mai perché sono fatto così, dico: “Scusate devo scappare, altrimenti si fredda”. E poi rido.
Accidenti, l'ho fatto di nuovo. Non esistono argomenti sui quali non si può scherzare secondo me. Una buona battuta merita sempre di essere fatta, una battuta che strappa una risata al momento giusto, che ha tempismo nonostante la sua irriverenza, deve assolutamente essere pronunciata.
Non importa se ti trovi in ospedale, davanti a tuo nonno, ed è grave.
Non importa se tutti ti stanno guardando, se tutti si aspettano che tu dica qualcosa di incredibilmente toccante e invece te ne esci con una battuta, una battuta su tuo nonno tra l'altro, e tutti ridono.
Non importa se, alcune settimane dopo, sei in una seria riunione di famiglia e sei in ritardo per il funerale di tuo nonno, se hai una battuta cattiva in testa, cattiva ma sai che farà ridere, hai il dovere di dirla. Allora ti alzi, e con te lo fanno anche i tuoi genitori, guardi chi ti sta salutando e fai: “devo andare, altrimenti si fredda.
I parenti davanti a te sanno che non dovrebbero farlo, non sanno bene il perché, ma dentro di loro qualcosa gli dice che non dovrebbero ridere.
Sono confusi, reprimono un sorriso ma alla fine, stremati, ridono, ridono insieme a te. Le risate sovrastano il grigiore della tua meta, di quello che sta accadendo.
Voglio scherzare quando sono triste, voglio sfottere le schifezze del mondo, non voglio deridere chi le ha vissute, voglio trovare il lato comico di una tragedia, perfino se sono io a viverla.

2csge9t

Quando una battuta è giusta punge, può far male o semplicemente attirare la tua attenzione ma punge sempre.
Meg Griffin: quanto è divertente sfotterla, deridere il fatto che è patetica. Le risate quando ci accorgiamo che tutti la odiano sono impareggiabili. Ma tutto ciò ci diverte solo perché è un personaggio di fantasia?
Eppure è colpita dalle paure e dalle fisime che anche noi potremmo provare, anzi che sicuramente abbiamo provato almeno una volta.
Ma quanti hanno mai pensato che gli sceneggiatori di Family Guy ce l'avessero direttamente con chi soffre di depressione, solitudine o con chi è insicuro?
Vorrei che la risposta a questa domanda fosse “nessuno” ma i “ (finti?) moralisti” sono ovunque.
Persone che credono che solo perché qualcosa ha fatto soffrire sia intoccabile, che quel qualcosa faccia sempre soffrire, scherzarci sopra ti rende esattamente come chi ha commesso il fatto.
Moralisti che si riempiono la bocca con parole come “rispetto” e non comprendono che compatire non significa rispettare, che ignorare un argomento non è sinonimo di “rispetto”, che fare “sshh, abbassa la voce, sta arrivando” non aiuta nessuno.
Come dice Gervais, io non voglio scherzare sulle cose divertenti e felici,  per quale motivo dovrei farlo? Io voglio ridere delle tragedie, voglio provare a far ridere con me chi è triste per quei fatti, voglio sentire ridere a un funerale, non importa da chi arriva la battuta.
Quella forza che avete dentro che vi dice “su questo niente battute, chi scherza su questo è un mostro” è paura, paura e superstizione.
Il terrore che parlando di qualcosa di orribile, quel qualcosa possa accadere anche a voi.
Ma se sentite bruciare la battuta dentro di voi, ed è una buona battuta, dovete trovare la forza dentro di voi e farla.  E una volta che avrete trovato quella forza tenetela stretta, non lasciatela scappare, fatela vostra, usatela. Un po' come i preti fanno con i bambini.

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