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Garfunkel & Oates: da internet allo show televisivo

Secondo voi uno "youtuber" che passa alla tv compie un salto di qualità o in un certo senso "tradisce" il suo pubblico?
A prescindere da questo "loro", alla fine, ce l’hanno fatta, il duo folk comico Garfunkel & Oates ha esordito con uno show tutto suo meno di un mese fa sul canale IFC: “Going solo together: Garfunkel & Oates”
Lo show era in cantiere già da qualche anno e inizialmente HBO si era mostrata interessata a produrlo salvo poi retrocedere e passare la palla all’emittente IFC, così qualche mese fa è spuntato l'annuncio che lo show consisterà in una prima stagione di otto episodi.
Garfunkel & Oates sono un fenomeno piuttosto particolare, un duo folk formato da due ragazze che cantano canzoni comiche parecchio spinte.
Il nome deriva dai cognomi della metà più fuori di testa (e forse più in secondo piano) di due famosi duo (Art Garfunkel di Simon and Garfunkel e John Oates di Hall & Oates), insomma già che ci siamo, perché non prendere in giro la migliore tradizione del doppio cognome?
Musica e commedia vanno decisamente d’accordo e quando un duo folk è lanciato nel creare canzoni sopra le righe è difficile ignorarlo e ci sono tantissimi casi felici, ma questa volta ci concentriamo su due gradevoli donzelle che cantano sconcerie.
Kate Micucci e Riki Lindhorne sono due giovani attrici, vi ricorderete Micucci in Scrubs (Gooch) con il suo ukulele cantare una più dolce versione della canzone Fuck you (Screw you) insieme a Ted e poi in The Big Bang Theory interpretare la socialmente akward Lucy (al limite del patologico) ragazza di Raj.
Sulla serie il duo ha dichiarato di prendere spunto da un altro show targato HBO “Flight of the Conchords” del duo neozelandese Bret McKenzie e Jemaine Clement, anche se sarà sessualmente più spinto e imbarazzante.
Le due ragazze si sono fatte conoscere con una serie di video fatti in casa in cui, accompagnate da ukulele (Micucci) e chitarra (Lindholm) cantavano di temi come il fastidioso autocompiacimento delle donne incinte (Pregnant women are smug) o dello stalking che Google ci permette di fare senza essere beccati (Google) o della famigerata friendzone (I would never have sex with you).
Si sono fatte apprezzare per l’irriverenza e per il fatto di dire in modo divertente cose che in genere non si ha il coraggio di esternare (appunto come i concetti espressi in Google), una formula vincente cui “L’Internet” ha risposto entusiasta.
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I più sensibili arrossiranno sentendo The Loophole, canzone interamente dedicata a una nota pratica sessuale favorita dalle ragazze ferventi cristiane per mantenersi vergini, in quanto (pare) non esplicitamente vietata nella Bibbia. 
La resa musicale è molto semplice e pop, con un tocco di elettronica per dare il giusto ritmo ai versi a tratti rappati.
Ultimamente grazie al successo di pubblico però, si è abbandonato il sapore casalingo da cameretta e i video si sono fatti più curati, lasciando il divano di casa per abbracciare un ironico stile alla MTV: This Party took a turn for the deuce.
Inarrestabili, dal 2009 hanno già all’attivo tre album (Music Songs, Mix Tape #1, All Over Your Face e Slippery When Moist), dove i temi spaziano sempre dall’imbarazzo, al paradossale e all’irriverente, toccando punte parecchio goliardiche.
Riescono a bilanciarsi sul sottile filo che divide il fuori luogo dall’impertinente rimanendo dalla parte giusta della barricata. Certo, tenendo conto che la sensibilità del pubblico può essere diversa da persona a persona, ovvio.
Di certo sono buffe, e per quanto sia strano sentire cantare comicità spinta da due ragazze carine e simpatiche ( classiche nice girls?), va riconosciuta e apprezzata la spavalderia e il talento di paroliere e attrici.
Non per forza devono far ridere tutti, ma apprezziamo la capacità delle ragazze di buttarla in caciara, per di più in musica, e sempre con stile.
Resta da vedere come se la caveranno su una produzione più estesa e ambiziosa ma teniamo le dita incrociate, sperando nell'ulteriore salto di qualità ma sembra proprio che ci riusciranno.

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Francesca Giulia La Rosa

Trekker, whovian. Non amo le etichette (a parte queste?). Traduttrice, editor a caccia di errori come punti neri nel tessuto della realtà. Essere me è un’esperienza profondamente imbarazzante.

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