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Scream VI: la maledizione del passato glorioso | Recensione

Il nuovo capitolo della celebre saga horror soffre nel confronto con gli altri

Rispetto ad altre saghe horror, quella di Scream si è subito distinta. Il primo capitolo metteva bene in chiaro che non eravamo davanti a uno slasher come gli altri. Non c’erano veri e propri elementi soprannaturali, l’atmosfera si avvicinava a quella di un giallo con l’assassino da scoprire e c’era tutto un livello metanarrativo che giocava apertamente con gli stereotipi del genere. Tutto questo ha elevato la serie a un livello superiore rispetto agli altri prodotti e ha sempre mantenuto questo standard alto, pur con qualche calo. Arrivati al sesto capitolo, questo passato ingombrante si fa sentire. Vediamolo meglio nella nostra recensione di Scream VI.

Scream VI recensione: Ghostface takes Manhattan

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È passato poco più di un anno dal ritorno del serial killer di Woodsboro. Ritroviamo Samantha e Tara Carpenter, che hanno deciso di trasferirsi a New York per sfuggire ai fantasmi del passato. Ma non ci si può davvero liberare di Ghostface, come hanno spesso dovuto imparare i vari personaggi di questa saga. E così anche nella Grande Mela c’è qualcuno che vuole raccogliere l’eredità del killer.

Questa volta però il legame con il passato sembra andare oltre la classica combinazione di coltello, costume e modulatore vocale. C’è qualcosa di più profondo, che emerge dalle nuove scene del crimine, che mette tutti in allerta ulteriore. E così il sospetto serpeggia tra i nostri eroi e non c’è davvero nessuno al sicuro: tutti possono essere colpiti dal killer, ma soprattutto tutti potrebbero nascondersi dietro la sua maschera.

Oltre agli elementi che citavamo in apertura, c’è un ulteriore fattore identificativo per la saga di Scream: la qualità della scrittura. Pur avendo sempre presentato scene indimenticabilmente raccapriccianti, non è questo che ha reso la serie così amata, quanto l’attenzione per lo sviluppo della storia. Un thriller appassionante, decisamente su un piano diverso rispetto ai classici inseguimenti del mostro fino alla final girl.

Nell’approcciarci alla recensione di Scream VI, non possiamo non evidenziare una debolezza da questo punto di vista. Che vada imputata alla rapidità con cui è nato questo nuovo capitolo (che esce a poco più di un anno dal predecessore) o alla finora inedita assenza di Neve Campbell, che ha sicuramente scombinato i piani originali, è difficile da non notare. C’è almeno un passaggio – che non sveliamo per ovvi motivi – che risulta inequivocabilmente pigro nel suo set-up. Resta senza dubbio superiore alla media del genere, soprattutto nella fascia più commerciale, ma fatica nel confronto con il passato glorioso. Ed è un po’ questo il punto.

L’eredità di Ghostface

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Paramount Pictures/Spyglass Media Group

Scream è una saga che si è costantemente innovata, puntando sempre a stupire il pubblico. Ogni capitolo aveva una sua chiara definizione, perfettamente esemplificata nell’esposizione delle iconiche regole per la sopravvivenza al film. Ma dopo l’horror generico, il sequel, la chiusura della trilogia, il remake e il requel, inizia a essere difficile trovare una categoria identificativa per le nuove avventure.

Il quarto capitolo ci ha insegnato che “l’inaspettato è il nuovo cliché” e quindi ora l’asticella è sempre più difficile da raggiungere. La delizia di questa saga è proprio la sua capacità di sorprendere, ma arrivati a Scream VI, protagonista di questa recensione, è diventata anche la sua croce. Perché dopo aver battuto tante strade inaspettate, diventa impegnativo trovarne altre.

Nessuno sta accusando il nuovo film di essere prevedibile. Anzi, come dimostra fin dall’inizio è ancora capace di regalare delle belle inversioni delle nostre aspettative. Riesce a ricollegarsi al passato e a farci dubitare fino all’ultimo secondo delle nostre certezze, arrivando a farci accarezzare anche quelle apparentemente più improbabili. Tuttavia, rispetto ad altri film, qui si sente la difficoltà di rilanciare.

E proprio nel confronto con quello che abbiamo visto nel glorioso passato della saga, Scream VI soffre. Pur portando a casa un buon risultato, sotto tanti elementi non riesce a difendersi dal paragone dei capitoli precedenti. Servirebbe un buon rewatch, senza il filtro della nostalgia, per esserne sicuri, ma la sensazione è che siamo davanti a un’opera che sta nella parte bassa della classifica della saga.

Scream VI recensione: l’ambizione è una data di scadenza

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Paramount Pictures/Spyglass Media Group

La serie di Scream è una delle più ambiziose nel suo genere: analizza e smonta i meccanismi dell’horror (o meglio ancora dello slasher) riproducendoli in una continua ripiegatura su sé stessa. È quello che – almeno per chi vi scrive – la rende così speciale e unica, molto più dei classici che continua a omaggiare.

Ma questo le affibbia una data di scadenza difficile da ignorare. La possibilità marginale di crescita si fa sempre più ridotta per ogni nuovo film e di conseguenza aumenta lo sforzo per raggiungerla. Il format del mostro che uccide nuovi gruppi di adolescenti è virtualmente replicabile all’infinito, al massimo richiede qualche passaggio di testimone. La formula della serie dedicata a Ghostface è destinata prima o poi a esaurirsi.

Giungiamo alla fine di questa recensione di Scream VI con degli interrogativi aperti su quando questo avverrà. Ci sono ancora strade non battute che la saga può prendere (senza snaturarsi chiaramente)? Questa flessione è destinata a essere un caso singolo o è il primo step di un trend discendente? Quanto ancora potrà andare avanti a innovarsi e stupirci la storia di Ghostface? La risposta l’avremo solo nel – plausibile, anche se ancora non annunciato – settimo capitolo.

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Autore

  • Mattia Chiappani

    Ama il cinema in ogni sua forma e cova in segreto il sogno di vincere un Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura. Nel frattempo assaggia ogni pietanza disponibile sulla grande tavolata dell'intrattenimento dalle serie TV ai fumetti, passando per musica e libri. Un riflesso condizionato lo porta a scattare un selfie ogni volta che ha una fotocamera per le mani. Gli scienziati stanno ancora cercando una spiegazione a questo fenomeno.

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