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Schindler’s List, il potere del cinema per non dimenticare

30 anni fa Steven Spielberg girò un film per far sì che nessuno potesse dimenticare l'orrore della Shoah

Trent’anni fa usciva nelle sale cinematografiche Schindler’s List, diretto da Steven Spielberg. In realtà, la monumentale pellicola in bianco e nero non arrivò al cinema nel Giorno della Memoria: mancano ancora diversi mesi all’anniversario vero e proprio. Ma vogliamo ricordarlo in questo giorno proprio perché questo Schindler’s List sottolinea il potere del cinema per ricordare il passato e imprimerlo nella memoria collettiva. Rendendolo ancora vivo, anche quando è doloroso: perché sarebbe troppo pericoloso dimenticare.

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Schindler’s List, i 30 anni di un film fatto per non dimenticare

La Giornata della Memoria rischia spesso di arrivare senza che nel calendario si trovi il tempo per fare questo gesto semplice ma potente: ricordare. Una cosa che forse molti di noi ricordano è la poesia che Primo Levi ha pubblicato all’inizio di Se questo è un uomo. In mezzo al dolore di quelle parole c’era un monito: “Meditate che questo è stato: vi comando questo parole. Scolpitele nel vostro cuore stando in casa andando per via, coricandovi, alzandovi”.

Dimenticarsi l’atrocità enorme della Shoah, scordare che sia avvenuta in Europa e in Italia, che non sia passato nemmeno un secolo da quando è iniziata, sarebbe un crimine terribile.

Noi essere umani, però, non ricordiamo bene la Storia. Ce la caviamo molto meglio con le storie, specie quando sono raccontate bene. Per questo motivo quando Steven Spielberg, a fine degli anni ’80, lesse del crescente sentimento neo-nazista nella Germania appena riunificata, non pensò di girare un nuovo documentario. Scelse invece di raccontare una storia, quella di Oskar Schindler.

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Da Sinistra: Steven Spielberg, Ben Kinsley e Liam Neeson (Credit Universal Pictures)

Per usare le parole del regista: “Le storie vere, della dimensione e della tragedia dell’Olocausto, sono quelle che non devono mai essere dimenticate e le lezioni del film sull’importanza fondamentale di contrastare l’odio continuano a riverberare anche oggi”.

Un film “troppo serio” (ma necessario)

Eppure Spielberg non girò Schindler’s List appena ne ebbe l’occasione. La storia di Oskar Schindler, membro del Partito Nazista che salvò la vita di 1.200 persone di discendenza ebraica durante la Shoah, venne dapprima raccontata ne “L’Arca di Schindler“, un romanzo biografico di Thomas Keneally.

Spielberg, fresco del successo assoluto di ET – L’Extra-Terrestre, apprezzò il libro e chiese a Universal di acquisirne i diritti. Ma non si sentiva abbastanza maturo per raccontarne la storia. Famoso per Lo Squalo e Indiana Jones, non si sentiva pronto per raccontare la storia vera delle vittime della Shoah.

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Fu solo il risorgere del sentimento nazista in Europa che lo convinse che questo film poteva essere difficile, ma restava necessario. Il mio scopo principale nella creazione di Schindler’s List era l’istruzione. L’Olocausto era stato trattato solo come una nota a piè di pagina in così tanti libri di testo o non era stato menzionato affatto. Milioni di persone ne sapevano poco o niente. Altri hanno cercato di negare del tutto che fosse accaduto” disse in un’intervista.

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Ralph Fiennes e Liam Neeson (Credit Universal Pictures)

Universal accetto di girare il film e diede a Spielberg 22 milioni di dollari per farlo. Meno di quanto fosse abituato per i film d’azione, ma per questo tipo di pellicola più che sufficiente – anche perché il regista non volle essere pagato. Ma c’era una condizione: prima doveva girare Jurassic Park. Quindi Spielberg, mentre girava in Polonia le scene dei campi di concentramento, doveva tornare a casa per collegarsi via satellite con Hollywood per “approvare le inquadrature sui T-Rex”.

Una situazione complessa e un carico di lavoro enorme. Ma capiva l’importanza di non dimenticare. Diceva: “Ogni giorno mi rendevo conto che se fossi stato in quelle stesse strade in quei tempi, sarei stato ucciso solo per essere un ebreo”.

I “trucchi” di Spielberg per non farci dimenticare Schindler’s List

Quindi Spielberg continua a girare, con l’aiuto del direttore alla fotografia Janusz Kaminski, che collaborava con il regista per la prima di molte volte. Insieme, girarono il film in bianco e nero (nonostante le pressioni di Universal) perché era “il colore dei documentari” che erano il modo in cui lui ricordava la storia della Shoah.

Spielberg utilizzò tutte le tecniche che avevano reso i suoi film un successo. Emblematica la scena in cui entriamo in una camera a gas con un gruppo di donne di origine ebrea, temendo il peggio, per poi vedere uscire solo l’acqua dalle docce comuni. Un “finto spavento” che sembrerebbe più appropriato per Lo Squalo che per un film su una delle più grandi tragedie di tutti i tempi (e non mancano i critici di questo approccio).

Spielberg non rinunciò allo spettacolo, il vero potere del cinema: perché voleva rendere queste vicende davvero memorabili. Impossibile non ricordare la scena della bambina con il cappotto rosso. Nel libro, Schindler non riesce a sopportare che questa bambina stia camminando in mezzo alla devastazione del ghetto, assistendo a questo crimine terribile. Colorando il suo cappotto, Spielberg sottolinea come tutto il mondo restò a guardare mentre queste tragedie si consumavano ogni giorno.

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Steven Spielberg e Oliwia Dabrowska (Credit Universal Pictures)

Spiegò: “Era ovvio come una bambina che indossa un cappotto rosso che cammina per strada, eppure non è stato fatto nulla per bombardare le linee ferroviarie tedesche. Non è stato fatto nulla per rallentare … l’annientamento degli ebrei europei. Questo è stato il mio messaggio nel lasciare che quella scena fosse a colori”.

L’impatto emotivo di quella scena resta nella memoria di chiunque abbia visto Schindler’s List. E senza dubbio verrà insegnato in tutte le scuole di cinema per almeno altri trent’anni.

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Il primo film di successo sulla Shoah

Schindler’s List debuttò negli Stati Uniti il 15 dicembre 1993. I critici l’amarono subito (ha 94 punti su 100 su Metacritic), ma soprattutto il pubblico corse in sala a vederlo. Erano passati appena sei mesi dall’uscita in sala di Jurassic Park, allora il film di maggior successo della storia del cinema: il nome di Spielberg bastava da solo a vendere i biglietti. Incassò 96,1 milioni di dollari negli Stati Uniti e soprattutto segno 321,2 milioni di dollari a livello internazionale.

Parlare di incassi in questo caso può sembrare cinico, ma questi numeri sottolineano il grande risultato ottenuto da Spielberg. La Shoah tornò a essere un argomento di discussione, la memoria di quell’orrore attraverso il cinema diventa un antidoto al veleno dell’odio nazista.

Il vero Oskar Schindler morì nel ’74 e fu seppelito a Gerusalemme, sul monte Sion, unico ex-membro del Partito Nazista a ricevere questo onore. Ma solo trent’anni fa, in contemporanea all’uscita del film nel 1993, lui e la moglie Emilie ricevettero il riconoscimento di Giusti tra le nazioni da parte del governo israeliano.

Spielberg vinse i suoi primi due Oscar con questo film (se escludiamo il premio speciale alla memoria Irving G. Thalberg nel 1987), cui seguì quello nel ’99 per Salvate il soldato Ryan. E forse potrebbe arrivarne un altro per The Fabelmans. Che sono solo alcuni dei riconoscimenti per il regista di maggior successo, critico e di pubblico, di sempre. Ma lo stesso Spielberg riconosce in questo film fatto per non dimenticare il suo più alto risultato. Non credo che farò mai qualcosa di così importante”, ha detto. “Quindi questo, per me, è qualcosa di cui sarò sempre più orgoglioso.”

Un film che vale ancora la pena di vedere, dopo trent’anni, in occasione della Giornata della Memoria. Usando il potere del cinema per non dimenticare.

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Source
WikipediaNo Film School

Stefano Regazzi

Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, Nerd da prima che andasse di moda.

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