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5 novembre: la lettera di Valerie

È davvero necessario arrivare a un passo dalla morte per sentirsi completamente liberi dalle catene, dalle regole, dai limiti che ci auto imponiamo?
Come la signorina Hammond che solo dopo la prigionia, la tortura e la perdita di ogni speranza si è spogliata del suo vecchio essere che era stato etichettato, conformato e ripulito.
È giunto il 5 novembre e come ogni anno, e come spesso cerchiamo di fare, siamo qui per offrirvi uno spunto di riflessione.
Passiamo la maggior parte del tempo a sbandierare il fatto che facciamo da soli le nostre scelte, che abbiamo una mente indipendente, fieri della nostra libertà.
Poi succede qualcosa, anche qualcosa di piccolo, e le sicurezze che avevamo vacillano. Pensiamo che avremmo voluto agire diversamente, che avremmo voluto dire questo o quello, ma l'educazione che ci è stata impartita, la nostra coscienza e tante altri piccoli (o grandi) fattori concorrono nel modificare il primo pensiero che ci è venuto.
“Lo farò domani” “Non posso, mi vergogno” “Ma mi stavano fissando tutti non potevo mica parlare!” sono veramente tante le occasioni in cui abbiamo pronunciato queste frasi. Di conseguenza abbiamo bruciato ponti, occasioni. Il problema è che ce ne accorgiamo sempre e solo dopo.
Altre volte ci accorgiamo che le nostre giornate stanno andando in una direzione diversa, una che non ci piace, ma non facciamo niente per modificare il senso di marcia.
Allora ci vuole un terremoto, uno bello scossone che ci faccia venire i capelli dritti (o che ce li faccia perdere).
Entrare in un negozio di scarpe e sparpagliare tutte le scatole, ribaltare la scrivania e far cadere a terra fogli e foglietti facendo rotolare le penne sotto il letto, fin dove non riusciamo più a raggiungerle allungando la mano.
Trovandosi ad urlare su una terrazza sotto la pioggia.
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E poi prendere i pezzi del nostro vecchio essere, controllarli, alcuni buttarli e altri tenerli. Ricominciare a costruire, forzando gli angoli, incastrandoli come un mosaico astratto che porti all'esterno il caos che è nato dentro.
Molto probabilmente chi abbiamo attorno non ci riconoscerà, chiedendosi che fine ha fatto la persona che conoscevano, spaventati dalla baraonda che fa rumore dove prima era la quiete, indipendentemente da come si fosse. 
Sempre meglio così che guardarsi indietro e scoprire di non essere ciò che ci aspettavamo di essere, o almeno chi speravamo di essere una volta cresciuti.
Tutti abbiamo o avremo la nostra Valerie, o almeno speriamo che così sia.
Che ci raggiunge nel fondo di quelle prigioni fredde, che ci scuote, che ci sussurra le parole che abbiamo bisogno di sentire senza saperlo.
Ci racconta una storia, che è la sua, che è la nostra, che non è di nessuno ma appartiene a tutti.
Così il grilletto scatta, che sia giusto o sbagliato, una parole in più.. è questo il loro potere.
Il caos è bene o male?
A voi la risposta.
 

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Un commento

  1. Bene e Male? Uno strumento non è buono o cattivo. Ditemi, è forse la pistola malvagia perché compie un assassinio quando può essere usata per la difesa dei deboli? Stando ai Greci, il Chaos è il principio di tutte le cose, quindi sia buone che cattive: non c’è nulla senza Chaos.

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