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Hit-Monkey, un macaco che vuole vendetta | Recensione

Il nuovo show animato Marvel mostra una scimmia 'killer di killer', con tanto sangue e molti villain minori

Una scimmia indossa un vestito elegante e degli occhiali da sole, impugna una katana e una pistola, per cercare una sanguinosa vendetta eliminando diversi boss della Yakuza. Anche senza bisogno di leggere questa recensione, capite subito che Hit-Monkey ha la premessa per essere uno show da guardare in streaming su Disney+ tutto d’un fiato. Ma nonostante la premessa esplosiva e la comicità di Jason Sudeikis nei panni dell’assassino-fantasma che le fa da mentore, non tutto fila liscio nella serie. Vi raccontiamo quello che ne pensiamo, senza spoiler (oltre alla premessa mostrata nel trailer).

La nostra recensione di Hit-Monkey

Un assassino vola dagli Stati Uniti in Giappone. Ha un bersaglio importante, un politico progressista che vuole diventare Primo Ministro. Ma lui non sbaglia. Ucciso il suo obiettivo però, il suo cliente lo tradisce, lo ferisce e lo costringe a fuggire in mezzo alle montagne fuori Tokyo. Sta per morire in mezzo alla neve.

Lo salva un branco di macachi giapponese, che lo rimette in sesto e lo cura con le acque termali e rimedi naturali. Ma una delle scimmie non si fida di lui. Quando lo vede allenarsi, colpendo diversi pupazzi di neve con una precisione micidiale, avverte il branco della sua pericolosità. Ma non lo ascoltano. Lui reagisce con violenza e viene cacciato via dal gruppo. Ma gli uomini che stavano cercando l’assassino sono ancora sulle sue tracce. Lo trovano e lo uccidono. E con lui le scimmie che provavano a difenderlo.

La scimmia non può salvarli, non arriva in tempo. Ma prese in mano del armi dell’assassino, può vendicarsi. Li uccide tutti. E poi indossa gli occhiali da sole del killer che ha portato tutta quella morte e violenza sulle sue montagne, Bruce Fowler. Ora anche lei ha ucciso. È diventata Hit-Monkey.

Una saga di vendetta, con qualche problema di ritmo

Hit-Monkey ha deciso di vendicare i suoi fratelli, andando a trovare i mandanti della strage. Ad aiutarlo c’è il fantasma dell’assassino, Bryce (Jason Sudeikis). Che guida e aiuta il macaco a farsi strada fra i boss della Yakuza, cercando il mandante ultimo dell’attacco. Qualcosa di difficile, visto che Hit-Monkey parla solo la lingua degli animali (che sembra essere unica, visto che parla anche con gatti e gufi).

La trama ricorda quella di un milione di film: un killer senza scrupoli, di solito americano e uomo (anche se ci sono eccezioni, come nel recente Kate di Netflix con Mary Elizabeth Winstead) deve uccidere mezzo Giappone in cerca di vendetta. Solo che questa volta è una scimmia.

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Per la prima metà della serie, questa premessa continua su due estremi. Da un lato, il fatto che Hit-Monkey si comporti come una scimmia in situazioni possibilmente letali crea una tensione divertente. Sia lui che Bryce cercano di interrogare i sospetti, ma non riescono: uno non parla, l’altro è un fantasma. Ma dall’altro ogni episodio sembra un livello di un vecchio videogame. Scoprono chi è il prossimo cattivo, eliminano qualche scagnozzo poco interessante e infine affrontano il cattivo finale. E ancora, e ancora. Interessante il fatto che Hit-Monkey, che uccide solo assassini, finisca per farsi amico qualche villain minore dell’universo Marvel (che non citiamo per evitare spoiler). Ma tutto sommato, niente che incolli davvero allo schermo.

La situazione invece cambia nelle ultime puntate. Dapprima, inseguimenti alla John Wick, poi un villain che arriva e quasi ruba lo show. Ma soprattutto, nella puntata prima del doppio finale, troviamo qualcosa di più. Finalmente, la serie ha qualcosa da dire e si prende il tempo per dirlo.

Recensione Hit-Monkey: una serie con qualcosa da dire, ma che non sempre riesce a dirlo

Una delle poche cose che Bryce dice alla futura Hit-Monkey quando il killer è ancora in vita è: “fai attenzione ad alzare una pistola con rabbia, potresti non lasciarla più andare”. E al centro di questa serie c’è effettivamente quel tema. La violenza è vista come un ciclo, che perpetua se stessa. Il messaggio che tutte le storie di vendetta a suon di katana che la serie cita conoscono, ma di solito nascondono.

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Sebbene Hit-Monkey sia una serie violenta come nessun altro prodotto Marvel (anche contando Deadpool), riesce a trovare l’umanità nel macaco e nel fantasma. Senza trovare una soluzione, ma riuscendo a farci capire che dietro gli occhiali da sole e i versi scimmieschi c’è un personaggio con una morale.

Il problema è che la serie per la maggior parte degli episodi non sfrutta questo tema appieno. Hit-Monkey prova a combattere la sua rabbia, ma il tema è preso sul serio solo a sprazzi. Forse qualche puntata in meno e un focus più deciso sull’evoluzioni del personaggio avrebbero potuto aiutare.

Un stile a volte troppo generico e personaggi non all’altezza del protagonista

I disegni e l’animazione in questa serie, ambientata a Tokyo e nelle montagne adiacenti, vogliono richiamare gli anime thriller e polizieschi. Ma il team americano che ci ha lavorato non sembra avere un’idea organica del Giappone che vuole animare. Il risultato è che i riferimenti sono tutti alla letteratura pulp. O almeno, noi che non siamo né americani né giapponesi possiamo capire dove è stata prodotta la serie dopo aver visto giusto un paio di scene.

hit-monkey marvel recensione

Sembra in qualche modo che, più che incanalare il Giappone stiano facendo una traduzione animata di un film di Quentin Tarantino, basato su un anime giapponese. Una copia di una copia, che risulta un po’ troppo piena di cliché. Non vogliamo farne una critica ‘politica’: il problema è che i dettagli del mondo sono vaghi. Il “sistema è corrotto” e “la Yakuza è cattiva” non aiutano a entrare nel mondo di Hit-Monkey, perché sono troppo generici.

Purtroppo vale lo stesso anche i personaggi secondari. Bryce entro la fine della stagione diventa un personaggio con un passato toccante e con un cuore. Ma troppo spesso gli sceneggiatori gli mettono in bocca battute un po’ forzate e riferimenti pop che non ci sembrano troppo originali. Forse perché la voce di Sudeikis ci ricorda il suo Ted Lasso, con la stessa propensione per i racconti lunghi e un po’ sconclusionati. Con una parlantina rapida per sdrammatizzare i momenti cupi che richiama Archer o Deadpool, cosa che non lo aiuta a distinguersi. Ma è un peccato: perché quando brilla lo fa davvero.

Gli altri personaggi invece sono piuttosto monodimensionali, ruoli funzionali ma che risultano poco originali, nonostante in alcuni casi il loro design sia interessante (specie per i villain). Olivia Munn come Akiko e George Takei come Shinji sono ottimi quando c’è da recitare. Ma non c’è troppo da recitare.

Recensione Hit-Monkey: tanti problemi, eppure siamo pronti per la seconda stagione

L’unico personaggio che svetta sopra gli altri è Hit-Monkey, il che è ottimo visto che è il protagonista. Ma un’ambientazione più dettagliata e personaggi di supporto più completi avrebbero potuto sfruttarne appieno il potenziale. Questo personaggio vuole vendetta: con qualche attenzione in più avrebbe potuto stravolgere il mondo Marvel.

Hit Monkey Uscita Italia

Potenziale che senza dubbio c’è. Abbiamo finito di guardare per questa recensione la serie pensando che, nonostante i tanti problemi a livello di sceneggiatura, Hit-Monkey è una ventata fresca nel mondo Marvel. Durante la serie spesso compaiono dei sottotitoli per tradurre quello che vuole dire. Ma quando c’è anche Bryce, la dinamica è quella di Han Solo e Chewie, in cui capiamo quello che dice solo dalle risposte di chi parla la nostra lingua. Un eroe Marvel che non parla, che uccide ma non a cuor leggero, e che inoltre è un macaco giapponese è una premessa che continua a interessarci, anche dopo la prima stagione. Anzi, vorremmo meno richiami a film e serie TV e più di questo personaggio, che ha ancora molto da dire.

La serie nel suo complesso è godibilissima, anche se soffre di un problema di ritmo iniziale e avrebbe forse beneficiato di qualche ritocco in più nella writer’s room. Magari per la seconda stagione si potrebbe spostare Hit-Monkey in America, dove potrebbe affrontare altri killer (Deadpool come nei fumetti magari, oppure Punisher) e boss della malavita (Kingpin sopra tutti).

Questa scimmia ha stile. E, forse, un futuro nel mondo Marvel.

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Stefano Regazzi

Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, Nerd da prima che andasse di moda.

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