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RED 2: una pensione che non arriva mai

Solleone il giorno della proiezione, ma noi di ON non ci fermiamo davanti a nulla e anche con 50 gradi all'ombra siamo andati a vedere in anteprima per voi RED 2 (dove RED sta per Retired, Extremely Dangerous; più o meno pensionati pericolosissimi), sequel del primo film del 2010 e tratto dall'omonima miniserie a fumetti di Ellis/Hamner.

Prima di tutto un piccolo disclaimer: Se aveste voglia di vedere il film per operare una minuziosa opera di paragone con il fumetto da cui è tratto, per favore, non solo astenetevi dal vedere il film, ma anche dal leggere questo articolo.
Non tanto perché i due prodotti siano così diversi (argomento su cui evitiamo di pronunciarci), quanto perché, trattandosi di una trasposizione cinematografica, i due saranno necessariamente dissimili. Vale per ogni cinecomic.

Cominciamo.
Il film ha come protagonista Frank Moses (Willis), un ex Black-Ops che dopo gli eventi del primo episodio ha iniziato una vita tranquilla insieme a Sarah Ross (Parker). Un misterioso personaggio però, fa filtrare su WikiLeaks i documenti riguardanti una certa operazione Nightshade in cui (ma va?) sia Moses sia Marvin Boggs (Malkovich) paiono essere stati coinvolti. Moses, Boggs e Sarah saranno quindi inseguiti dai governi di mezzo mondo per via della suddetta operazione, avente come centro un super avanzato ordigno nucleare.
Questa sarà un'occasione per fare re-group con la vecchia banda di RED e venire a conoscenza di altri pittoreschi, quanto caricaturali, personaggi provenienti dal passato di Moses. Ah, e salvare il mondo, ovviamente.

Complessivamente il film è carino, è divertente e ha un cast di tutto rispetto che può vantare gente come John Malkovich, Anthony Hopkins, Catherine Zeta-Jones, David Thewlis (il professor Lupin di Harry Potter) e un'Helen Mirren che sinceramente vale da sola un buon terzo della pellicola (nonostante il ruolo di supporto), ma è un sequel.
E i sequel hanno sempre dei piccoli problemi.
Per dirne uno: il titolo non ha più così tanto senso, in quanto tutti i RED del primo lungometraggio, sono tornati in azione come professionisti indipendenti (per lo più assassini) e quell'ideale di pensione mancata che uno si aspetterebbe va un po' a perdersi.

Un'altra macchia del film sono i protagonisti. La pellicola ha come particolarità di non approcciare il genere spy-action in maniera classica, ma si focalizza sull'umanità dei personaggi, sui loro problemi domestici, piuttosto che sulla missione di salvataggio del mondo che passa in secondo piano rispetto ai problemi di coppia di Moses e Sarah.
I protagonisti infatti sono in crisi, generata prima dall'inattività di Moses che cerca di appigliarsi quanto più possibile a una vita normale, mentre Sarah lo ama anche e principalmente per l'emozione che lui le porta nella vita. In seguito, tornati in azione, Sarah sentirà la competizione con una vecchia fiamma di Moses (Catherine Zeta-Jones).
Il focus della storia è quindi su Moses e Sarah.
Invece no.
Sorvolando sul fatto che Willis fa lo stesso ruolo dal malaugurato giorno in cui ha filmato il primo Die Hard, e che il personaggio di Sarah Ross più stupido e stereotipato non potevano farlo, loro non brillano nella storia.
Sono i protagonisti ma solo sulla carta, perché a fare da vere star sono tutti i personaggi di supporto, da Malkovich che interpreta Boggs, un ex-agente paranoico e schizoide che si mette a dare consigli di coppia a Willis (e che per l'intera pellicola cambia vestito, insieme a Sarah, al ritmo di una puntata di Sex and the City), oppure Helen Mirren che interpreta Victoria, un'ex-spia britannica dell'MI6 (James Bond, anyone?) e femme fatale nonostante l'età, o Hopkins nel suo ruolo che rimanda a gran voce a una sorta di Dr. Strangelove.

Un plauso invece, va al fatto che la pellicola (ovviamente coi distinguo del caso) non si profonde in troppe scene iper-spettacolari come in altri film d'azione, ma trova la sua forza nei dialoghi, nello strano senso etico che le spie di questo film manifestano e soprattutto nel totale ed esilarante dissociamento dei protagonisti che in mezzo a situazioni di vita o di morte si danno a siparietti più che godibili.
I rimandi a questo tipo di fiction sono innumerevoli, con ogni personaggio supportato dall'eco del modello che rappresenta (e che lasciamo a voi individuare). Inoltre l'eredità dell'origine fumettistica viene sottolineata dai titoli d'apertura e le transizioni del lungometraggio riprodotte con piccoli splashscreen che riproducono artwork dell'originale.

Questo per i pro, ma ovviamente RED 2 ha anche un grosso contro: è un film d'azione e come tale soffre delle pecche che (salvo rare eccezioni) affliggono il genere.
Per fare un esempio: ci troviamo nel mondo del controspionaggio, le vette dell'intelligence mondiale, ciò nonostante i personaggi alternano momenti di assoluta professionalità a errori mostruosamente idioti per pure esigenze di trama.
Oppure potremmo parlare dell'insopportabile manicheismo, questa religione del bianco/nero, dove l'eroe americano è sempre solo e sempre buono e i Russi sono sempre dei robot senza sentimenti e gli agenti donna sempre affascinanti e raffinate; oppure gli orientali, senza riserve sottoposti a un ridicolo concetto dell'onore o ancora il governo americano (come un po' tutti in realtà) che è sempre visto come una sorta di mostro cattivo senza cuore, disposto a tutto pur di tenere insabbiato il carnet di crimini internazionali che ha collezionato nei decenni.
E' banale, è comune. Non se ne può più.

Detto ciò concludiamo che RED 2, per quanto non sia assolutamente un picco della produzione cinematografica internazionale, è comunque un film che sa intrattenere. E' divertente e riesce a uscire dalle usuali dinamiche del cinema d'azione potendo essere apprezzato anche dai non-interessati al genere.

Però scongiuriamo Bruce Willis: basta con John McClane.

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