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Psicosi da Detective Televisivo

Con l’inverno inoltrato e le vacanze natalizie in rapido avvicinamento è tempo di rimettersi in pari con le serie tv; molte si sono appena concluse (come Homeland), mentre per altre dovremo aspettare ancora qualche mese (la seconda stagione di Hannibal è prevista per aprile) per cui tanto vale approfittarne e recuperare tutti gli episodi che ci siamo persi fino ad ora per un motivo o per l’altro.
Nel corso di questa operazione di recupero, mi sono resa conto della forte ripresa di popolarità di serie poliziesche (o thriller se preferite) con protagonisti detective geniali ma affetti da patologie comportamentali, se non addirittura mentali.
Pensate a The Bridge, Homeland, Hannibal e volendo anche Sherlock…
In tutti questi casi i protagonisti sono detective al limite, chi più chi meno, del disturbo psichiatrico.
Sembra proprio che il pubblico stia vivendo una fascinazione (o forse sono gli sceneggiatori che stanno diventando sempre più morbosi) totale per le figure di detective brillanti e infallibili, ma allo stesso tempo pesantemente disturbati.
C’è da chiedersi in che senso la patologia mentale possa essere una marcia in più per un investigatore e come mai questi personaggi ci appassionino così tanto.
Vediamo un po’ qualche caso a titolo di esempio.
In The Bridge Diane Kruger interpreta la poliziotta Sonya Cross, affetta da sindrome di Asperger.
Sonya è incapace di provare empatia e le sue risposte emotive sono inadeguate, cosa che ovviamente crea grossi problemi di interazione sociale, e trovandosi a dover fare domande ai famigliari di una donna uccisa e tagliata in due è prevedibile come la mancanza di tatto in un detective possa avere conseguenze pessime.
Problema diametralmente opposto affligge Will Graham, detective che in Hannibal è sulle tracce del cannibale più famoso della storia del cinema.
Graham, nella serie televisiva, appare più vicino allo spettro autistico rispetto alla versione romanzesca, anche se il produttore Bryan Fuller ha respinto l’idea che si tratti di Asperger, considerando che sia addirittura l’opposto: Graham possiede una pura empatia e una immaginazione iperattiva, caratteristiche che gli permettono di ricostruire con assoluta precisione gli omicidi che investiga. Per di più soffre di blackout e intense allucinazioni provocate da una avanzata forma di cefalite. 
Ma quindi, è forse possibile che un cervello ad altissimo (e abnormale) “funzionamento” debba subire ripercussioni a danno della propria salute? Meh.
Più probabile che l’audience si senta rassicurata da un meccanismo per cui intelletti innegabilmente superiori paghino uno scotto e siano carenti sotto altri aspetti.
Sono personaggi brillanti e catturano così la nostra attenzione, li ammiriamo ma non ci sentiamo minacciati perché suscitano la nostra simpatia con i loro drammi.
Carrie Mathison in Homeland ne è un fulgido esempio.
Irritante e brillante agente della CIA che non sbaglia mai, si prende però abbastanza mazzate da risultare simpatica.
Soffre di un disordine bipolare che se non trattato farmacologicamente esplode in tratti di ipomania e maniacalità depressiva.
Problemi patologici che non le impediscono di avvicinarsi alla verità ma che anzi sembrano favorirla; verità che non può essere accolta dalle istituzioni e dai suoi superiori in quanto, Cassandra dei tempi moderni, la Mathison è ritenuta clinicamente pazza.
Arrivando a un nostro personale beniamino, il dibattito sulla sua presunta malattia mentale è molto acceso.
Spesso ci si è lanciati nel sostenere che lo Sherlock della fortunata serie targata BBC sia affetto da sindrome di Asperger.
Ma in realtà non sarebbe davvero diagnosticabile con Asperger, anzi Sherlock sarebbe “semplicemente” un genio con pessime capacità di interazione sociale, al massimo si tratterebbe di un disordine schizoide di personalità.
In una puntata l’investigatore si autodefinisce come “high functioning sociopath” ma il suo comportamento in realtà lo smentisce perché un vero sociopatico ha comportamenti volutamente distruttivi e criminali, mentre è chiaro che Sherlock ha sviluppato una morale, ed è in fondo in grado di provare empatia e di aiutare i suoi amici. Il sociopatico in questo caso al massimo potrebbe essere Moriarty.
La polemica ha inoltre rivelato un’ulteriore problematica, infatti la presunta diagnosi di Asperger per Sherlock è secondo alcuni medici fuorviante; è infatti capitato che persone richiedessero un consulto riconoscendo certi caratteri del personaggio in se stessi, convincendosi così di avere questa malattia.
Ma a parte queste conseguenze un po' estreme, il meccanismo generale che banalmente sembra essere qui sollecitato è un “ah è molto più intelligente di me ma per compensazione è incapace di tenere relazioni interpersonali, almeno da quel punto di vista me la cavo meglio.”
In realtà il passo successivo sembra essere “anche io mi riconosco in questi atteggiamenti un po’ malati, ma non avrò anche io qualche disturbo bipolare?”.
Di sicuro il fascino dei cervelli fuori dal comune continua a colpire, d'altra parte si sa che smart is the new sexy. Ma forse la vera novità è che anche crazy is the new sexy.
Le caratteristiche di queste, molto reali, patologie sono consultabili su diversi dizionari medico-psichiatrici. Gran parte del dibattito sulla diagnosi psicologica del personaggio di Sherlock da cui abbiamo attinto è reperibile online.
Questo articolo è stato scritto nel rispetto e nell’amore verso i personaggi (fittizzi ma anche reali), ben voluti, apprezzati a e volte quasi idolatrati da noi e dalla nostra utenza. Ma le recenti confusioni mediatiche ci fanno temere che la nostra serena leggerezza possa essere fraintesa come superficialità, per questo vogliamo integrare l'articolo invitando tutti a informarsi e ad approfondire queste sindromi, e suggeriamo come punto di partenza questo sito http://autism.org/ per trovare attraverso parole di autorevoli esperti i dettagli delle suddette problematiche.
Un ringraziamento va a chi ci ha portato le segnalazioni che ci hanno consigliato di compensare l'equivocità dell'articolo.

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Francesca Giulia La Rosa

Trekker, whovian. Non amo le etichette (a parte queste?). Traduttrice, editor a caccia di errori come punti neri nel tessuto della realtà. Essere me è un’esperienza profondamente imbarazzante.

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Un commento

  1. Sono d’accordo, ed è una cosa un po’ triste. Tutti fissati di avere qualche problema mentale, quando in realtà sono solo stupidi o incapaci di gestire le più elementari emozioni umane.

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