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Mia sorella è pazza, un viaggio fra amore e psiche | Recensione

Due sorelle che non si capiscano ma si vogliono bene, a confronto con la gabbia di una malattia mentale

Due sorelle diverse fra loro, in tutto – ma che non si abbandonerebbero mai. Nonostante una di loro sia catatonica. Ma un cambio d’espressione improvviso quando Francesca si taglia, mostra che la speranza per Rita non è spenta. Mia sorella è pazza, il nuovo graphic novel di Iris Biasio edito da Rizzoli Lizard, racconta una storia complessa ma piena di emozioni, che vi raccontiamo in questa nostra recensione.

La nostra recensione di Mia sorella è pazza

Da dopo l’incidente, Rita sorride sempre. Catatonica, sembra in un mondo che nessuno può raggiungere. Sua sorella Francesca ci prova, visitandola alla clinica e leggendole il romanzo che il marito di Rita le leggeva sempre, quando era ancora in vita. Ma lei resta immobile e sorridente. Fino a quando Francesca si taglia leggermente la mano: qualche goccia di sangue le fa cambiare l’espressione a Rita, che diventa cupa e furente.

Se il titolo “Mia sorella è pazza” riduce la malattia mentale a una sola parola, il romanzo grafico di Iris Biasio vive invece di sfumature. Mostrando soprattutto come i drammi più indicibili si mescolino in continuazione con la nostra vita quotidiana.

Il romanzo grafico comincia con un flashback che vede Rita e suo marito in una assolata giornata a Venezia, con lui che dipinge nel patio mentre lei prende il sole. Edoardo crea quadri di opere sacre, disegnando Madonne e Cristi per le chiese – l’unico modo per guadagnare con l’arte figurativa, ci fa sapere. Ma sul piede delle figure sacre dipinge sempre una mosca: ci devi sempre mettere il diavolo dentro”.

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Un simbolismo che troveremo ancora nei flashback di Rita, ma che soprattutto ci dice come questo graphic novel dalle emozioni furenti non ricorrerà ad assoluti troppo semplici: vedremo personaggi che vogliono il meglio, ma che hanno sempre un po’ di diavolo in sé.

Due sorelle litigano, ma non si abbandonano

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Francesca entra nella clinica in cui è ricoverata Rita come se fosse ormai una parte della sua routine. Conosce tanto gli infermieri quanto i pazienti: capiamo al volo che questa è anche la sua vita. Ma quando deve raggiungere Rita, deve farsi strada fra la vegetazione del parco della clinica – una selva da superare per arrivare a sua sorella.

Nei flashback prima dell’incidente di Rita, scopriamo che la dinamica era praticamente la stessa. La sorella era parte della vita di Francesca, anche se non la capiva e se spesso si spazientiva per le sue peculiarità. Dai tratteggi di Biasio vediamo Rita quasi su un altro pianeta, con lo sguardo che sembra sempre guardare oltre gli altri. O forse dentro di loro.

Ma Francesca e Rita sono sorelle. Non importa quanto siano distanti, quanta vegetazione bisogna superare per incontrarsi: si vogliono bene in maniera assoluta. Cosa che non vuol dire ignorare le difficoltà, ma invece affrontarle insieme. Anche se con una sorella catatonica, sembra che anche Francesca abbia lasciato molto della sua vita in sospeso.

Scrivere di malattia mentale è complicato

Non vogliamo svelare nulla oltre al necessario in questa nostra recensione di Mia sorella è pazza. Nemmeno della ricerca clinica che Biasio ha fatto per scrivere questo romanzo, che ha rare sindromi psichiatriche al centro della vicenda. Una scelta complicata: perché quelle che nel romanzo grafico sono utilizzate come espedienti di trama, sono problematiche che alcune persone affrontano nella vita quotidiana.

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Parlare della vita degli altri risulta sempre complesso, specie quando si va a scavare nel dramma. Nel film Barton Fink, i fratelli Coen sintetizzano alla perfezione questa situazione facendo dire a John Goodman: “Sei solo un turista con una macchina da scrivere”.

La malattia mentale è un argomento delicato. Ma crediamo che con questo romanzo Biasio cerchi di andare all’umanità oltre la sindrome. Se il titolo utilizza il termine “pazza” in modo sprezzante, la storia ci mostra le sfumature e ci fa capire che, sebbene i problemi psichiatrici siano il motore della trama, servono per raccontare che dietro ci sono persone vere. Insomma: ci sembra uno stimolo all’empatia, che ci ha fatto valutare questo mondo in maniera più consapevole – pur non cercando di essere un trattato psichiatrico.

Questo tipo di scelte potrebbe sempre faticare ad affrontare il giudizio del tempo: un domani potrebbero cambiare le diagnosi e la sensibilità sull’argomento. Ma è evidente che Biasio parte con le intenzioni giuste: raccontare l’umanità e le relazioni, quelle reti invisibili che ci uniscono tutti.

Recensione di Mia sorella è pazza: un’opera matura di un’artista esordiente

Leggere i dialoghi di questo graphic novel, guardare le linee semplici ma terribilmente emotive che Biasio traccia per rendere le espressioni dei protagonisti – specie nei paesaggi che prendono vita, da Venezia alla clinica – ci sembra di leggere una storia in qualche modo senza tempo. In prosa, sarebbe potuto essere un romanzo di un altro secolo, pur risultando attuale e moderno (specie nell’aspetto psichiatrico della vicenda).

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Biasio ha scritto una storia potente e ben congegnata, specie nella gestione dei flashback. Il finale del libro ci ha sorpreso e forse avremmo voluto una punta d’incertezza in più nella risoluzione – anche se abbiamo semplicemente adorato l’epilogo. Ma quello che ci entusiasma è quello che verrà dopo.

Con uno stile delicato senza dimenticare di regalarci emozioni forti sulla pagina, la narrazione e la gestione registica di questa giovane autrice ci hanno stregato. Tanto che vorremmo continuare a leggere storie come queste, raccontate da una penna sensibile come quella di Biasio.

Potete trovare Mia sorella è pazza sul sito di Rizzoli Lizard. Una lettura consigliatissima e davvero emozionante. Perché piena di personaggi che, come tutti noi, hanno bisogno di affetti e di essere compresi – anche se hanno “un po’ di diavolo dentro”.

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Mia sorella è pazza
  • Biasio, Iris (Autore)

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Stefano Regazzi

Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, Nerd da prima che andasse di moda.

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