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Le Mantidi, il potente fumetto di Sara Dealbera sulla violenza di genere | Intervista

Margaret Atwood, una delle più note scrittrici femministe, con uno dei suoi romanzi più importanti, Il Racconto dell’Ancella, ipotizzava una società ferocemente patriarcale dove lo scopo della maggior parte delle donne era solo quello di procreare per le famiglie più ricche. Sotto gli occhi delle mogli, i mariti stupravano le “ancelle” fino ad avere un concepimento. Successivamente alla nascita, l’ancella veniva assegnata ad una nuova famiglia. Le Mantidi di Sara Dealbera, edito da Tunué, non va molto lontano da questo concetto, sebbene in una chiave meno distopica.

Se Atwood ipotizzava un’intera società basata su movimento ideologico estremista, la giovanissima fumettista inquadra il tutto all’interno di una cascina del Nord Italia, ubicata all’interno di un’atmosfera quasi neorealista, in bilico tra gli anni ’40 e gli anni ’50. La differenza sostanziale, però, è una: nel mondo di Sara, sono le donne a riprendersi il proprio spazio, ad usare gli uomini come mero seme per generare altre donne e, successivamente, sbarazzarsi di lui.

Le Mantidi, tra provocazione e riflessione

Le Mantidi Fumetto Intervista Sara Dealbera Tavola

Tetti Lupa, la comune in cui si ambienta gran parte di Le Mantidi di Sara Dealbera, non nasce come mondo ideale o idealistico; è, appunto, una comune dove le donne vittime di abusi e violenze di ogni tipo, hanno costruito attorno a loro delle mura sicure per crescere delle nuove generazioni che possano non temere di essere picchiate, violentate, uccise solo perché donne.

Le più anziane crescono le più giovani nel sacramento di tenere molto lontani gli uomini da quel luogo. Non esiste via di redenzione. Non è contemplata l’educazione. Perfino i futuri figli maschi a Tetti Lupa hanno vita breve. Nessuno deve sapere che loro sono lì. Non esiste una vita fuori dalla cascina se non, unicamente, per rifornirsi quella volta tanto al mercato o partire per un breve periodo solo per fare rientro una volta gravide

Ovviamente la preparazione alla partenza è estrema. Devono essere pronte a tutto. Non devono fidarsi di nessuno. La vita, fuori i recinti sicuri di Tetti Lupa, è meschina, feroce e blasfema. In risposta al male ci può solo essere altro male.

E tutte vengono cresciute in questo credo. Tutte seguono ciecamente gli avvertimenti e i consigli delle anziane che, la notte, attorno al fuoco, raccontano indicibili storie del terrore che vedono sempre protagonisti uomini che uccidono altre donne. Anche la giovane protagonista, Caterina, cresce in questo stesso ambiente sicuro ma restio a qualsiasi altro tipo di contatto sociale.

Caterina, però, a differenza delle sue compagne e della stessa sorella Anna, non riesce a non filtrare quelle parole, a non mettere in discussione le ideologie, a non voler sperimentare lei stessa in prima persona, fare esperienza del mondo, qualunque esso sia, provare sulla sua stessa pelle e capire quali possano realmente essere le possibilità al di fuori di Tetti Lupa.

Ed è proprio attraverso il personaggio di Caterina che Sara Dealbera porta avanti la sua riflessione sulla società in cui viviamo oggi. Le Mantidi è sì un fumetto provocatorio, fin dal suo titolo, ma anche una storia simbolica tra ieri e oggi che conduce il lettore a ragionare sugli estremismi, sulle scelte che sembrano quasi volerci condurre verso un mondo sempre più diviso anziché ricercare una società perfetta, rispettosa e paritaria. Lì dove le donne di Tetti Lupa potrebbero scegliere di educare una nuova generazione di uomini e donne, si chiudono nel loro trauma, nella loro feroce rabbia e fanno terra bruciata.

Gli uomini agiscono in preda ai soli istinti primordiali, definendo pericoli, limiti che costringono le donne a limitarsi in uno spazio sicuro, nascoste, poste ai confini del mondo senza possibilità di poterlo realmente esplorare. Le scelte di Caterina, invece, diventano simbolo di coraggio, di determinazione, di chi un cambiamento, un compromesso, lo cerca, lo sceglie. Di chi vuole indossare un vestito più corto perché la fa stare bene, tornare a casa più tardi, viaggiare da sola, senza sentirsi costantemente con un bersaglio sulla fronte. Una preda da cacciare.

La nostra intervista a Sara Dealbera, autrice de Le Mantidi

Le Mantidi Fumetto Intervista Sara Dealbera

In occasione di BookCity abbiamo incontrato Sara, abbiamo parlato a lungo de Le Mantidi e, assieme a lei, abbiamo cercato di approfondire di più i temi, la nascita di questa storia e lo stile particolarissimo della stessa Sara.

Ciao Sara e grazie mille per questa opera così potente, evocativa fin dal titolo. Prima di tutto ti chiedo come nasce la storia de Le Mantidi?

Le Mantidi, così come lo conosciamo oggi, è il frutto di un lavoro lungo durato anni e di una serie di stratificazioni successive a quella che era la base iniziale, ovvero il mio progetto finale in Accademia di Belle Arti. In realtà, prima ancora era nato come un racconto scritto in quel periodo dove il tema era il conflitto. Letteralmente IL conflitto: quello tra maschile e femminile.

Poi volevo lanciare la provocazione della società ribaltata, luogo dove da vittime arrabbiate e traumatizzate da un certo tipo di esseri umani, le donne che creano la comunità di Tetti Lupa si trasformano in altro. E da qui arriva l’idea del titolo. Concettualmente mi piaceva molto l’idea della Mantide, questo insetto che prima procrea con il compagno maschio e per poi divorarlo subito dopo. Mi sembrava molto simbolico ed evocativo soprattutto rispetto alla società “distopica” ricreata.

La parola “distopia” associata a Le Mantidi la trovo molto interessante ma in contrasto con quella che è un’ambientazione quasi neorealista. Come mai hai scelto questo tipo di collocamento temporale?

In effetti, questa cosa mi è stata già fatta notare. Evidentemente è una cosa che colpisce! Non l’ho fatto con l’intenzione di andare in quella direzione. Ero partita un po’ dall’idea dell’ambientazione di campagna, un po’ isolata, indietro nel tempo perché mi sono lasciata ispirare dalla storia di mia nonna che è nata e cresciuta proprio in quel tipo di ambiente, all’interno di una cascina. Poi mi sono resa conto che con la storia l’atmosfera si sposava bene e così è rimasto. Inoltre, in un certo senso, a livello di scrittura mi dava anche la possibilità di parlare di certi argomenti in modo più libero, meno soffocante.

L’estremismo, tanto da una parte quanto dall’altra, non fa bene a nessuno; anzi, impoverisce quello che poi potrebbe essere il dibattito e la conversazione. Lo stesso femminismo non è qualcosa che riguarda solo le donne, bensì qualcosa che dovrebbe riguardare tutti quanti ed è interessante come, in realtà, questo venga racchiuso benissimo nella tua protagonista, Caterina. Pur essendo nata e cresciuta all’interno di questa comunità matriarcale, Caterina mette in discussione i metodi e le ideologie di Tetti Lupa. Sicuramente consapevole dei pericoli del mondo al di là della cascina, di cosa potrebbe accadere ad una donna se superati i confini di una “safe zone”, al tempo stesso non può accettare una limitazione così grande del vissuto. Sarebbe un po’ come fare lo stesso gioco del patriarcato che ci vorrebbe chiuse in casa “a fare la calzetta”.

La caratteristica fondamentale di Caterina, quella che volevo portare avanti durante un po’ tutto il percorso della storia, è sempre stata la sua curiosità ed apertura nei confronti di quello che è altro da sè, a differenza delle altre ragazze.

Compresa sua sorella.

Si si, assolutamente. Un po’ come è nella realtà. Ci tenevo che Anna facesse un po’ il contraltare di Caterina. Vivono insieme, crescono insieme, sono molto legate l’una all’altra, però c’è questa differenza fondamentale tra di loro: Anna ha una fedeltà incondizionata verso la cascina, perché anche plasmata dai racconti delle donne più anziane o mature che hanno subito e vivono ancora il trauma a tal punto da non poter concepire una vita fuori dalla cascina; mentre Caterina ha una voglia incondizionata di esplorare, curiosare, fare esperienza del mondo in prima persona.

Si tratta anche di fare delle scelte coraggiose che, nel suo caso, è vivere la sua vita al di là della cascina; nel nostro caso, magari, è essere libere di tornare a casa da sole dopo le 23 senza aver paura che ci possa accadere qualcosa. Non rinunciare a quelle piccole esperienze quotidiane.

Le Mantidi Fumetto Intervista Sara Dealbera Tavola 2

C’è un altro aspetto che differenzia Caterina dalle altre: il colore. Il modo in cui usi il colore nelle tavole per Caterina sembra quasi più brillante, più acceso. Mia impressione?

Secondo me è un personaggio che deve distaccarsi anche a livello grafico dagli altri e dal contesto in cui cresce. Quando è piccola lo si nota forse un po’ meno, ma nel momento in cui lei cresce ed inizia ad uscire dalla cascina, è più forte. Lo si vede già dai vestiti che indossa per andare al mercato, per esempio. Per me quello è proprio un momento di rottura, non solo da ciò che la circonda ma anche da ciò che ci si aspetta da lei.

In questo credo che sia molto interessante il tuo stile di disegno, di base molto spigoloso, più grezzo magari in alcuni dettagli, quasi rude. Non edulcori mai ma, anzi, dai un senso di realismo maggiore ai volti, ai corpi.

Questo perché mi piace disegnare i personaggetti! Mi piace disegnare volti diversi, andare un po’ verso la caricatura ma senza arrivarci del tutto. Per esempio, negli uomini c’è il filtro dell’esperienza della comunità della cascina, quindi i tratti sono più esasperati, esagerati, proprio per dare l’idea di come loro vengano percepiti.

In quello che scrivi, però, non c’è mai superficialità. Non c’è un pensiero estremo. Una divisione tra uomini e donne; anzi, è proprio Caterina a creare il compromesso scoprendo “il mondo”, le persone che lo popolano, al di là delle questioni di genere.

Questo per me era il punto fondamentale a cui arrivare. In realtà non solo nel fumetto. Non deve essere un tutto “noi contro voi”. Dal mio punto di vista è tutto più mescolato, i confini non sono così netti, altrimenti si finisce per cadere nello stesso estremismo dove o tutto è bianco o tutto è nero. O si è buoni o si è cattivi. No, alla fine noi siamo più nel mezzo, siamo tutti grigi. Alla fine anche il rapporto che Caterina ha con le figure maschili all’interno della storia, non è un rapporto violento, brutale o traumatico. Anzi, le due figure maschili principali con le quali lei interagisce sono figure positive.

Anche perché la comunità ha il pregiudizio a prescindere. I nascituri maschi sono destinati a morire. L’estremismo non ammette poter essere riabilitati. Un’educazione in funzione di una comunità, una civiltà più rispettosa per tutti. Si ritorna un po’ al solito discorso: non sono le donne a doversi nascondere per non essere uccise o violentate, andrebbero educati i figli maschi a non compiere un tale orrore.

Il focus è proprio quello che hai detto tu adesso: nel momento in cui c’è una chiusura di questo tipo, senza alcun tentativo di avere a che fare con l’altro, si finisce per forza di cose in un loop. Ed è sempre peggio! La comunità descritta ne Le Mantidi, come dici tu, è molto estrema in questo. Non c’è nessun tentativo di crescita o di apertura. Avrebbero potuto fare una comunità a parte, educare i bambini, mettere le basi per creare il mondo ideale; ed invece, hanno scelto di andare in un’altra direzione.

Le Mantidi Fumetto Intervista Sara Dealbera Tavola 3

Questi sono temi tanto fondamentali quanto complessi, nel senso che non sempre si riesce a trovare la quadra per poterlo fare nel modo giusto. In questo senso, come è stato proporre la storia?

Terrificante! Un conto è quando il tutto è nella tua testa e nei tuoi file, mentre lo scrivi, ti rigiri le idee e sai esattamente cosa stai cercando di dire, cosa vuoi raccontare. E funziona! Nella tua testa, funziona. Nel momento in cui, però, esce, diventa di “dominio pubblico”, non sai come gli altri si potrebbero approcciare, come potrebbero accoglierlo, se capiscono cosa stai cercando di dire.

Da un lato avevo paura che mi si accusassero di odiare gli uomini o, dall’altro lato, di non dare abbastanza peso al fatto che viviamo in una società violenta e patriarcale, perché nel fumetto è esattamente l’opposto. Per cui, nel momento in cui Le Mantidi è uscito fuori dal mio controllo, ho avuto dei momenti di paura. Il mio obiettivo era quello di creare un dialogo, dare un’alternativa non violenta a questo mondo; ma capisco che nel momento in cui ti trovi tra le mani un libro così, con questo titolo, è facile essere fraintesi. O comunque sia, avere una sensazione respingente nei confronti del fumetto.

Quanto ci si è aperti nel mondo del fumetto nei confronti di questi temi?

Secondo me, il solo fatto di vedere sempre più storie e fumetti pubblicati da autrici, dimostra che questo mondo si è molto più aperto all’idea stereotipata che il “mondo fumetto” nasca come qualcosa di prettamente maschile. E molte di queste autrici parlano di temi difficili, per esempio Cheese di ZUZU che affronta il problema dei disturbi alimentari in modo anche ironico, raccontato con uno stile molto naturale, qualcosa che aveva fatto parte della sua vita.

Sono quei temi che in un attimo puoi passare dall’usare un tono troppo patetico ad uno troppo leggero. Lei ha saputo trovare l’equilibrio perfetto. Secondo me è pieno di questi esempi qui, ed è bellissimo da vedere.

E mi pare che tu abbia fatto la stessa cosa.

Forse perché partivo dal presupposto di voler fare qualcosa che avrei voluto leggere io. Non volevo la violenza che ti viene sbattuta in faccia, quella da telegiornale o social che già assorbiamo costantemente. Diventa più difficile poi ragionare, riflettere, farsi una propria idea diversa o anche solo farsi un’idea. Non volevo che fosse l’ennesima tragedia buttata in faccia a chi legge ma, piuttosto, un’occasione per riflettere. Poi è normale sentirsi toccati dai temi, ma il mio intento era dare più un pizzicotto che un ceffone e sono contenta che si capisca.

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  • Dealbera, Sara (Autore)

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Gabriella Giliberti

Gabriella Giliberti, nata a Martina Franca nel maggio del 1991, è una critica cinematografica televisiva, scrittrice e content creator. Dopo essere cresciuta a cinema horror, vampiri e operetta, si è formata a Roma, specializzandosi in storia del cinema, sceneggiatura e critica. Dal 2015 al 2022, è stata penna e volto del sito Lega Nerd, ricoprendo il ruolo di capo redattrice nella sezione Entertainment dal 2019 al 2022. Collabora regolarmente sia su riviste online che cartacee, ed è presente come inviata, moderatrice e speaker presso i principali Festival e Fiere. Attraverso il suo profilo @GabrielleCroix su Twitch, TikTok ed Instagram condivide e divulga l’amore per la pop culture con la sua community e pubblico di appassionati. Ha partecipato all’antologia “Emozioni da giocare” (Poliani, 2021) e “Moondance – Tim Burton, un alieno ad Hollywood” (Bakemono Lab, 2023). Da sempre appassionata di mostri, attualmente è a lavoro su diversi progetti che riguardano la rappresentazione del mostruoso nella società. “Love Song for a Vampire – Etologia del Vampiro da F.W. Murnau a Taika Waititi” (Bakemono Lab, 2023) è il suo primo libro, e non ha intenzione di smettere.

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